APT: la
Basilicata a Pisa si veste di sacro e profano
Donne
in bianco e senza volto. Cala la maschera ed ecco l'immagine della Basilicata:
danzatrice d'amore ossessivo e orante verso un doloroso Dio a piedi scalzi e
senza troppi orpelli. E' l'incipit della serata di ieri in Piazza Garibaldi di
Pisa del teatro-canzone di "Sacre Terre, riti miti e culti in terra di Lucania" dei Tarantolati di Tricarico, uno
spettacolo organizzato dall'APT Basilicata in collaborazione con l'associazione
dei lucani di Pisa (Lu.Pi) e Basilicata in Tir.
Per il Direttore Generale dell'APT Gianpiero
Perri l'evento proposto a Pisa è un nobile esempio di
collaborazione tra istituzioni pubbliche regionali e associazionismo teso a
promuovere l'immagine della Basilicata con i linguaggi dello spettacolo e
dell'arte.
Sotto
lo sguardo ammiccante di un Garibaldi impietrito scorrono immagini della
Passione di Cristo e della tradizionale processione pasquale della Madonna di
Fondi. La musica sale lenta e cadenzata a cantare il canto della Vergine mentre
vede il martirio del proprio figlio. Poi, quando il lamento incalza e il pathos
chiede più ritmo, ecco sopraggiungere, col tipico passo zoppo delle tarantate,
quattro donne in bianco che circondano e consolano la Madre in nero. E' il
sacro della tradizione lucana che sgrana il proprio rosario cantato nella
piazza attonita di Pisa.
All'improvviso
si cambia registro. Partono i tamburelli col loro ritmo tellurico e li insegue
il cupa-cupa, strisciando verso una danza che, ormai, è diventata il sinonimo
dell'amore. Dopo la sacralità del sentimento mistico, ecco il profano
dell'amore carnale. I piedi cominciano a saltare all'impazzata e in piazza la
temperatura sale fino a diventare rovente, proprio come il morso del famoso
ragno che conduce alla follia amorosa. La piazza è colta da un vortice
irrefrenabile di salti, canti e rincorse verso l'amata o l'amato. E' stracolma
e le gomitate non mancano, ma nulla può frenare l'esorcismo in atto. Nastri
colorati restituiscono la direzione che, inevitabilmente, si riperde dietro
l'incalzare delle note. Si passa dal corteggiamento dei corpi ai canti della
trebbiatura, andando verso un canto di lavoro che, lentamente, si trasforma in
amore, in lode alla fertilità della terra. Qui le immagini proiettate si
spostano ad Accettura, dove l'agrifoglio svetta in tutta la sua feconda
femminilità nell'attesa di essere dato in sposa al re del bosco, il virile
Maggio.
E, se
ancora non dovesse bastare a rappresentare tutto il sacro e il profano
racchiuso nella terra di Basilicata, ecco scendere dal palco le mucche e i
tori, con l'unico scopo di raggiungere "il mare". La transumanza del Carnevale
di Tricarico invade la folla e celebra il proprio baccanale sotto un Garibaldi
che prende il posto di un albero della cuccagna. La mandria si dimena, si
contorce, ruota su stessa e poi grida "Viva la Lucania!".
Il rito d'amore si conclude e, a malincuore, la folla lascia andare i
"musicanti" con un applauso fortissimo e un "grazie" di cuore.
Questo
e molto altro hanno suscitato canzoni come "ravatan", "u sol", "sciuk e sciuk",
"abballam", "transumanza" o classici come "Gerusalemm", "Hartta mammona" e
"Cara Ninella" dei Tarantolati di Tricarico nel foltissimo pubblico pisano.
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