Due articoli
di Francesco VESPE, Concilio Vaticano II ed Elezioni
IL CONCILIO
VATICANO II ANCORA NON TOTALMENTE ATTUATO
Al tempo
del Concilio Vaticano II (CVII) ero un
bambino ancora in età pre-scolare che
stava trascorrendo un lunghissimo
periodo in "colonia" dalle suore nella città di Gianburrasca-Rita Pavone. Il primo impatto visibile e concreto del CVII fu il passaggio
dalla messa in latino a quella in Italiano. Bambino, forse vivace ben oltre misura, imparai a dire tutta
la messa in Italiano che infliggevo ai miei compagni di "colonia" ed ad animare
in modo forse pirotecnico e creativo la celebrazione eucaristica tanto da far
apparire Giamburrasca un diligente ed obbediente scolaretto.
Un II impatto
con il CVII lo ebbi quando a 16-17 anni iniziai a fare l'educatore dell'Azione
Cattolica Ragazzi (ACR). Avevo lasciato a 11 anni l'AC quando ero
fascia rossa ed il catechismo consisteva nell'ingoiare nozionisticamente
ed a memoria quello di Pio XI. In pochi anni si era passati da quel catechismo
"scolasticamente" impartito ad una ACR che aveva adottato il brillante e ricco metodo esperienziale. Se prima del Concilio
il bambino era ritenuto un otre da
riempire nozionisticamente con i contenuti della dottrina cristiana, con l'ACR
nata dopo il CV II si partiva dalla ricchezza che il ragazzo esprimeva nella
sua esperienza quotidiana per far comprendere come, in questo suo vissuto,
potesse incontrare e conoscere Dio
facendo passare così i contenuti del catechismo scritto dai vescovi italiani che intanto aveva soppiantato quello di Pio
XI.
Un terzo
momento nel quale ho avuto modo di capire la portata del CV II è stato durante gli studi
universitari quando aderii alla FUCI. Era a quei tempi molto sentito lo
"scontro" fra due diverse modalità di rapportarsi al mondo quali quella della "Mediazione Culturale"
assunta dalla FUCI, ispirata proprio da quella scelta religiosa sancita nel
CVII, e quella della "Presenza" cara a Comunione e Liberazione. Sono anni in
cui ebbi modo di approfondire il senso vero della Scelta Religiosa fatta dalla
Chiesa e la conseguente riscoperta e valorizzazione della "Laicità". La Chiesa
in tutto il periodo della storia moderna aveva subito l'offensiva della
secolarizzazione e della laicizzazione che smontò poco alla volta quell'
"ermeneutica tomistica" che concepiva le varie discipline umane come "Ancilla
Theologiae".
Machiavelli così riscattò la Politica dalla Teologia, Galileo la
Scienza, l'Illuminismo e Kant la Morale, Il Positivismo l'Economia e la
Sociologia. Questo processo di secolarizzazione, rivendicando l'autonomia di
vari ambiti dell'agire umano, aveva visto la Chiesa arroccata sulla difensiva
rispetto alla modernità. Con la Scelta Religiosa fatta dal CVII la Chiesa rompe
l'accerchiamento. In virtù del suo mandato spirituale e meta-temporale di
lavorare per il "Regno" che si compirà "oltre" la storia del mondo, esige che
la sua missione non sia mescolata e non si esaurisca in obiettivi e progetti
che si spendono dentro il perimetro della storia umana. Così con il Concilio è
la Chiesa che esige la piena autonomia (non separazione!) della sfera religiosa rispetto ai vari ambiti
dell'agire laicale.
Oggi a
distanza di 50 anni il CVII ancora non è stato completamente attuato. Molto per esempio c'è ancora da fare perché i Laici comprendano appieno la portata
della loro ministerialità che viene loro
affidata con il battesimo. Con il battesimo i laici diventano partecipi delle funzioni Regali, Sacerdotali
e Profetiche affidate al popolo di Dio. Se sono chiari gli ambiti e le modalità
con i quali può essere esercitata la regalità e la profezia, non è altrettanto
chiaro quali quote delle funzioni
sacerdotali possano essere estese ai laici. Viene per esempio mal tollerata
l'idea che ci possa essere una elaborazione teologica dei Laici che invece la
Chiesa istituzionale confina quasi esclusivamente nella produzione magisteriale od in scuole gestite
gelosamente dall'ordine presbiteriale.
POLITICA E
RINNOVAMENTO
Per le
prossime elezioni nazionali si prevedono grandi stravolgimenti tanto che, più
di un autorevole analista, ha parlato
della fondazione di una III repubblica. Solitamente i passaggi da una
"repubblica" all'altra sono sempre dovuti a traumi di portata storica e/o a fragorosi fallimenti. Due i fallimenti
che in questi ultimi due anni si sono registrati. Il tradimento evidente e
farsesco -tanto da far rivoltare nella tomba come una trottola il povero
Gobetti- di quella Rivoluzione Liberale che ci si era illusi di poter realizzare con Berlusconi. Il secondo, forse ancora più
grave, è quella di aver urtato con un'architettura Europea e dell'EURO che
invece di essere fondata su sussidiarietà e solidarietà, si è avvitata nel
cercare difficili equilibri fra i diversi egoismi nazionali.
Questi due
fallimenti hanno tuttavia prodotto due interessanti risposte: il grillismo ed un ulteriore tentativo di
riorganizzazione di un'area
moderata nel nostro paese ancorata al popolarismo europeo. Il grillismo sta
avendo la grande funzione di "parlamentarizzare" e temperare la protesta ormai
diffusa e veemente nel nostro paese. Per quanto riguarda il popolarismo europeo
(PPE. non diciamo sturziano altrimenti mi tacciano di essere un patetico nostalgico!) nel nostro
paese esso fu spazzato via in gran parte dalla discesa in campo di Berlusconi (tutt'altro che un
Popolare!). Il resto lo fece la poca credibilità dei suoi rappresentanti. Monti
o non Monti occorre oggi seriamente interrogarsi su quali possono essere oggi i
motivi perché ci possa essere una rifondazione di un nuovo PPE oggi in Italia ?
Un primo punto riguarda il rilancio delle politiche di riequilibrio
territoriale (mai sia nominare il Mezzogiorno!). Si parla tanto di crescita, ma
una crescita robusta la si può avere nel
nostro paese solo e soltanto se si porta sviluppo nelle aree più arretrate
(checché ne dicano quei testoni dei leghisti !).
Non deve essere questo un vago
impegno "collaterale" ma un imperativo etico scritto nel DNA degli italiani,
una "Terra Promessa" da raggiungere con priorità massima così come è stata per la Germania la sua
riunificazione. Per capire l'importanza anche economica di questa "meta biblica" basti pensare che se
il Sud fosse sviluppato come il Nord, l'Italia avrebbe un PIL paragonabile a
quello della Germania che conta 20 milioni di abitanti in più! Un secondo
obiettivo riguarda una ridefinizione del ruolo
dell'Italia nel contesto europeo. E' vero che gli ultimi eventi politico-economici europei
stanno facendo balenare nella testa degli italiani che sarebbe forse più opportuno
recidere i legami con l'EURO e l'Europa.
Una reazione più che giustificata alla luce della triste constatazione
che la crisi europea gran parte è dovuta
ad egoismi nazionali. La riprova di ciò non è stata tanto la telenovela dello
"spread" quanto il rifiuto gravissimo di alcuni paesi del nord Europa, con in
prima fila la Germania,
di liberare i fondi per riparare i danni del terremoto dell'Emilia.
L'Italia
invece, piuttosto che "ritirarsi", dovrebbe fare propria la missione di
affermare quei principi di sussidiarietà e di solidarietà sul quale si dovrebbe
fondare la convivenza europea e combattere ferocemente quei grotteschi,
farseschi mini-imperialismi franco-tedeschi che bloccano di fatto la Comunità Europea
(CE). Però è anche vero che se l'EURO si
è ritorto contro l'Italia, ciò è dovuto
al fatto che il nostro paese ha lasciato spazi in Europa che altri hanno
occupato. Basti solo fare alcuni esempi. Nel VII programma quadro Ricerca e
Sviluppo della CE, a fronte di una contribuzione dell'Italia del 14 % circa,
solo il 9,2 % è ritornato al nostro paese! Altro esempio sono le (in)capacità
del nostro paese di intercettare e spendere con efficacia i fondi strutturali
che la CE mette a
disposizione. Molte delle nostre regioni (soprattutto quelle del Sud) non
riescono ad intercettare nemmeno il 40% di questi fondi!
Occorre da questi
pochi dati capire che, invece di piagnucolare e ripiegarsi ad ammirare il
proprio ombelico gossipparo, il nostro paese si debba attrezzare al meglio per
poter essere più presente con la testa e con i piedi in Europa. Questa è una
sfida che si deve ricongiungere intimamente
con la prima. Chi scrive sogna una nuova classe dirigente per il Sud
(anche giovane ma soprattutto nuova!) che prenda a calci quella attuale che
fonda meschinamente le sue fortune sulla
sola capacità di fare patronato per i propri "clientes" e che chieda, invece di
"royalties", infrastrutture e centri di eccellenza per trattenere o importare
giovani cervelli capaci poi di ideare e realizzare progetti innovativi e
vincenti, magari capaci di intercettare finanziamenti in Europa. Chi scrive ha fondati motivi per credere che
Monti, insieme alla nuova classe dirigente che saprà trascinarsi dietro (Casini
& C. sono anche loro da rottamare!), possano avere quella credibilità e
quelle giuste competenze per mettere nelle condizioni il nostro paese ed il Sud
di cogliere queste grandi sfide con margini di successo non trascurabili.
Francesco Vespe
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