Napoli - Centro d'Arte e
Cultura "Gamen"
Mercoledì 3 dicembre 2008, alle ore 17.30, a Napoli, presso il Centro d'Arte e
Cultura "Gamen" in Via Pontenuovo 26, si inaugura la seconda mostra collettiva di pittura
"Esasperatismo al Gamen. Il Riscatto del Bidone", organizzata da
Adolfo Giuliani, fondatore del Movimento dell'Esasperatismo e direttore del
Centro d'Arte e Cultura "Il Bidone" di Napoli (Via Salvator Rosa 159;
cell. 338 5628365). Espongono gli artisti: Mario
Barrotta, Stella D'Amico, Antonio De Chiara, Giuseppe Di Franco, Maria
Rosaria Di Marco, Stefania Frigenti, Stelvio Gambardella, Rita Lepore, Michele
Marciello, Carmine Meraviglia, Simona Mostrato, Susy Provenzale, Antonio
Pugliese, Sandra Ravallese, Alfredo Sansone, Franco Santamaria, Anna
Scopetta, Imma Sicurezza, Tavani, Florinda Laura Uttaro.
Inaugurazione:
Mercoledì 3 dicembre, alle ore 17.30. La mostra resterà aperta fino al 19
dicembre 2008.
Info:
Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo
, oppure cell.347 8172426
Il Centro d'Arte e Cultura "Gamen" ospita dal 3 al 19 dicembre 2008
presso la sede di via Pontenuovo, 26, a Napoli, la seconda mostra
collettiva di pittura "Esasperatismo al Gamen". Espongono gli artisti:
Mario Barrotta, Stella D'Amico, Antonio De Chiara, Giuseppe Di Franco, Maria
Rosaria Di Marco, Stefania Frigenti, Stelvio Gambardella, Rita Lepore, Michele
Marciello,Carmine Meraviglia, Simona Mostrato, Susy Provenzale, Antonio
Pugliese, Sandra Ravallese, Alfredo Sansone, Franco Santamaria, Anna Scopetta,
Imma Sicurezza, Tavani, Florinda Laura Uttaro.
Nelle
personali interpretazioni simbolistiche dell'icona del Bidone, gli artisti
aderenti al Movimento dell'Esasperatismo hanno saputo cogliere di frequente
quell'analogia con l'essere umano, che il fondatore Adolfo Giuliani aveva
individuato osservando le vicende del contenitore originario, abbandonato in
Via Salvator Rosa, quando iniziarono i lavori di costruzione della locale
stazione della metropolitana di Napoli. La similitudine era nelle continue
prove, sofferenze, negli strascinamenti ai quali era sottoposto e nelle
ammaccature che gli erano inferte quotidianamente dagli esercenti e dagli
automobilisti della zona, ciascuno dei quali se ne serviva quale dissuasore o
come segnaposto, mortificando la sua naturale funzione di contenitore. Ad oltre
un decennio di distanza da quell'intuizione, tanto acuta quanto singolare, quel
Bidone si conferma la migliore metafora dell'uomo contemporaneo. Negli ultimi periodi
l'uomo è stato profondamente mortificato nella sua mansione morale di
depositario di valori e di esperienze da diffondere tra i suoi simili, e
soprattutto tra le nuove generazioni, per essere continuamente sballottato in
dei ruoli e in degli spazi nei quali non ha avuto il tempo di radicarsi e
quindi anche di colmarsi di quella saggezza legata alla propria funzione, alla
cultura che ne deriva e al territorio nel quale si opera, come invece era
avvenuto con una certa regolarità per le altre generazioni del secondo
novecento. Oggi l'essere umano, proprio come quel vecchio Bidone ispiratore del
simbolo dell'Esasperatismo, è scosso dall'una all'altra posizione
professionale, dall'una all'altra area geografica, in molti casi addirittura
dall'uno all'altro nucleo familiare, con la grave conseguenza di acuire
nell'uomo quel senso d'incertezza della vita e di alimentare una continua
angoscia del futuro. Se quegli
impropri utilizzi del contenitore lasciavano il segno nella sua struttura sotto
forma di schiacciamenti, fenditure, striature, ossidazioni, l'utilizzo
improprio di un'umana esistenza lascia segni indelebili nel nostro spirito.
L'animo umano, alla stregua del metallo in cui è realizzato il Bidone, conserva
i segni di tutti i colpi che la vita gli infligge. Delusioni, perdite,
tradimenti, possono incidere fino a distorcerne la forma, come molti artisti
aderenti all'Esasperatismo negli anni passati hanno saputo rappresentare, sul
piano simbolico, nella rielaborazione dell'icona del movimento. Ma come è stato
sempre precisato, sin dalla sua fondazione, il Movimento dell'Esasperatismo non
può prescindere dalla speranza di recuperare quella dimensione umana che la
civiltà del progresso ha finito per smarrire. Anche sotto il profilo fonetico,
la denominazione Esasperatismo in qualche modo è assonante con la parola
speranza. E la speranza è che proprio da quei torti subiti individualmente, si
possa trarre la forza per rimuovere i colpi che sono stati inferti al genere
umano, da atteggiamenti dissennati dei singoli come della stessa collegialità.
L'impegno è che attraverso l'attività artistica del Movimento si possa
contribuire alla costruzione di una rinnovata coscienza che recuperi la
centralità dell'uomo rispetto alle stesse attività umane. Come già affermato in
una precedente mostra collettiva dell'Esasperatismo, la decadenza che
attualmente la civiltà moderna sta conoscendo a livello planetario, e nella
quale la recessione economica è soltanto l'effetto di una ben più grave e
profonda crisi dei valori che ha caratterizzato la società del progresso
sfrenato, rappresenta per gli artisti aderenti un'opportunità irripetibile per
storicizzare il Movimento. Il particolare momento storico che stiamo vivendo e
che conferma tutte le intuizioni espresse nel Manifesto del 2000, induce con
ogni probabilità a superare la prima fase dell'Esasperatismo, che è stata
quella della denuncia, per aprire un nuovo periodo che sul piano dei contenuti
potrà già rappresentare la speranza. La speranza di una nuova stagione per
l'umanità, a cominciare dal nostro microcosmo, fatta di solidarietà, di lealtà,
di rispetto verso il prossimo e per le regole di convivenza che ci siamo
imposti. Al Bidone sia offerta un'occasione di riscatto, possa nuovamente
assolvere alla sua originaria funzione di contenitore, contenitore di vita, di
esperienze, di saggezza.
Foto: Franco Santamaria, Sole rosso
sul deserto
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