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International invita a leggere
l'articolo che si riporta : La Francia radioattiva
Se le notizie sono confermate, immaginate cosa ancora potrebbe accadere in
Italia - dopo tutto quello che è già accaduto (scuole, palazzi, campi
coltivati, falde, fiumi, mari, ecc. inquinati da rifiuti tossici e
radioattivi), senza aver eseguito "ufficialmente" nessuna attività
nucleare da moltissimi anni - con l'aiuto dei francesi nella costruzioni delle
nuove centrali! Temo che gli italiani, a loro insaputa, abbiano aiutato non
poco i paesi europei "nuclearisti" a disfarsi dei rifiuti più
pericolosi ...
Dobbiamo iniziare a cercarci un altro pianeta ... o reagiamo subito! Però
attenzione! Della reazione francese al nucleare non ne parla nessuno! Eppure
leggiamo di grandi manifestazioni, anche con scontri, come cidicono gli amici della rete francese antinucleare "Sortir du
nucléaire" ...
La Francia radioattiva da: Altre Notizie ttp://www.altrenotizie.org/ambiente/2751-la-francia-radioattiva.html
A partire dal 1999, ma qualcuno ipotizza anche prima, è stata tralasciata
ogni forma di controllo sulle scorie radioattive prodotte nella filiera
nucleare, ... di Alessandro Iacuelli
Il documentario mandato in onda dall'emittente televisiva d'oltralpe France 3
ha scosso un po' tutto il Paese transalpino. Anche perché i francesi stessi non
se l'aspettavano: i rifiuti speciali pericolosi sono stati usati per realizzare
stadi, strade e parcheggi. Ma il documentario televisivo è andato anche oltre,
misurando e mostrando al pubblico un elevato livello di radioattività sia in
molte zone rurali sia nelle aree urbane del Paese. L'inchiesta, firmata dai
giornalisti Emmanuel Amara e Romain Icard, denuncia per la prima volta pubblicamente
come le scorie pericolose siano state utilizzate per realizzare opere
infrastrutturali, delle quali tra l'altro la Francia va fiera. Nel documentario
vengono riprese alcune passate inchieste giornalistiche, vengono messi assieme
i dati di circa 80 siti, soprattutto per quanto riguarda il massiccio utilizzo
di materiali di scarto delle miniere di uranio per realizzare terrapieni,
strade eparcheggi e quant'altro.
Praticamente, un vero e proprio smaltimento a costo zero di materiali e
detriti, definiti "sterili" sulla relativa documentazione, ma ovviamente
niente affatto innocui.
I detriti cosiddetti "sterili" sono quelli a
basso contenuto di uranio, scartati perché non utili all'industria nucleare, ma
con l'accumulo in anni e anni dicostruzioni, stanno procurando un danno sanitario che inizia ad assumere una
notevole gravità.
In Francia esiste un unico laboratorio indipendente che si occupa di ricerca e
informazione sulla radioattività, il CRIIRAD, che ha denunciato già da un paio
di anni alle autorità e all'opinione pubblica l'esistenza di aree con una
radioattività anche 60-100 volte superiore a quella naturale. Nel marzo del
2007, il CRIIRAD ha pubblicato un primo rapporto, nel quale si stimava un
totale di circa 225.000 tonnellate di materiali di scarto dell'industria
statale Cogema (Compagnia Generale delle materie radioattive), sotterratinell'area dello stadio nella cittadina di Gueugnon, in Borgogna.
La denuncia
suscitò una grande sorpresa ed un altrettanto grande allarme tra gli abitanti.
L'inchiesta televisiva di Amara e Icard dimostra che di casi come questo ne
esistono quasi un centinaio in tutta la Francia, con i cittadini rigorosamente
all'oscuro. Ed è andata così per trent'anni. Trent'anni in cui un vero e
proprio segreto di Stato ha coperto i gravi danni all'ambiente ed alla salute
dei francesi. Gli unici asapere, oltre i dirigenti statali, erano i lavoratori. Ha destato impressione,
nel documentario, l'intervista a Jules Rameau, impiegato nell'officina di
trattamento dell'uranio dal 1955 al 1980: "L'uranio", racconta
l'uomo", arrivava in forma di pietre dalla cava e qui veniva frantumato.
Successivamente, una macchina lo filtrava. Tutto ciò che era acqua e sabbia è
stato portato qui. Vedete lo stadio? Il terrapieno è stato costruito con lo
sterile".
A fare tutto questo sono stati in due: la CEA (Commissariato dell'energia
atomica) e la Cogema, cioè due aziende statali. La Cogema da tre anni è
diventata Areva, il principale operatore nucleare francese. I numeri sono
preoccupanti: dal 1946 in poi, sul territorio francese sono state sfruttate
circa 210 miniere di uranio per fornire materia prima alle centrali nucleari
nazionali, ma anche alla fabbricazione di armi nucleari. Ancora una volta, il
costo ambientale e sanitario viene pagato dagli abitanti dei 25 dipartimenti
coinvolti.A partire dal 1999, ma qualcuno ipotizza anche prima, è stata tralasciata ogni
forma di controllo sulle scorie radioattive prodotte nella filiera nucleare,
per non parlare dei controlli sanitari sui minatori, gran parte dei quali sono
già deceduti precocemente per malattie collegate all'estrazione e
all'esposizione alla radioattività.
La denuncia che emerge dall'inchiesta di France 3 è che chi effettua i controlli
dovrebbe essere invece il controllato. Ad oggi, le aziende statali francesi,
prima di tutto l'Areva, non sembrano volersi assumere le responsabilità della
situazione. Mentre alcune aree vengono misteriosamente recintate e ne viene
proibito l'accesso, altre vengono lasciate disponibili alle popolazioni.
Inoltre, non si parla di bonificare, ovviamente dove possibile, cioè solo in
casi abbastanza rari, i siti più inquinati. La cosa che fa riflettere è che addirittura
Areva nega la pericolosità di queste aree: o prende tempo, oppure scarica le
responsabilità sull'amministrazione pubblica in merito alle decisioni di
recintare le zone a rischio o informare i cittadini. Così come non prende atto,
e questo è chiaramente dimostrato dalle domande dell'intervistatrice ad un
portavoce della compagnia, di uno studio dell'Istituto di Radioprotezione e
sicurezza nucleare (IRSN) che afferma come prolungate esposizioni a basse dosi di
radioattività, possano creare nella popolazione problemi ai reni, di
respirazione, di comportamento, di alimentazione e di riproduzione. Areva non
intende rispondere né di questo né di altro.
Ad essere particolarmente in imbarazzo è certamente l'ASN, cioè l'Agenzia
Nucleare di Stato, che è incaricata di fare i controlli su tutti gli aspetti
del nucleare, compresi la protezione della popolazione e la loro informazione.
Per il suo presidente, in carica da oltre 15 anni, non c'è alcun motivo di
timore. E si tratta di un'Agenzia di Stato. Quel che emerge dal documentario
shock mandato in onda, è che in tema di nucleare i pericoli nascono
dall'assenza di trasparenza. E quando si tocca questo tema, il pensiero va
all'Italia, dove ci si sta imbarcando in un'avventura nucleare con un atteggiamento
da sprovveduti da parte dello Stato, e dove prima ancora della costruzione
della filiera già è stato imposto il segreto di Stato sui siti.
Ancora sulla trasparenza, gli autori dell'inchiesta indagano su un altro tema
importantissimo: in tutti questi anni, di questo modo di smaltire le sostanze
radioattive, la politica francese sapeva? La
conclusione può solo essere affermativa, visto che ben diciotto anni fa
era stato realizzato un rapporto a cura del direttore del Consiglio per la
Sicurezza delle Informazioni Nucleari, dove veniva evidenziato che il problema
scorie era stato ampiamente sottovalutato, in particolare la nocività dei
cosiddetti "discendenti dell'uranio". Si parla quindi dei prodotti del
decadimento dell'uranio, come torio e radio 226. Questo rapporto, e tutti
quelli successivi, sono sempre stati accantonati e nascosti dai ministri di turno,
indipendentemente dalla loro provenienza politica. Il nucleare in Francia è
stato trattato come una questione riservata alle alte sfere dello Stato, ma in
cima non troviamo l'Eliseo o il Parlamento, ma sempre l'Areva. Cioè,
l'industria nucleare è stata trattata politicamente come qualcosa che non può
avere alcun ostacolo, un terreno sostanzialmente coperto dal segreto e dagli
interessi statali e delle grandi aziende energetiche. In pratica, ad essere assente,
è stata la responsabilità sociale di questo settore. Questo dovrebbe far
riflettere non solo i francesi, ma anche noi italiani. Magari adesso, e non tra
15 o 20 anni, quando le centrali nucleari saranno già in produzione.
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