"PER NON DIMENTICARE NASSIRIYA" dell'artista Salvatore Sebaste
Appuntamento
per mercoledì 2 giugno 2010 alle ore 10,30, via Martin Luter King Metaponto
Borgo (MT)
Interverrnno:
Leo Chiruzzi, sindaco di Bernalda e Metaponto,Raffaello De Ruggieri, presidente
Fondazione Zetema di Matera, Maria
Torelli, storico dell'arte, e autorità militari. Coordinerà Nicola Rizzi, presidente del circolo culturale
"La Scaletta" di Matera.
Era il 12 novembre
del 2003, quando a Nassiriya (IRAQ) una tremenda ed immane tragedia colpì gli
uomini di pace delle Forze Armate Italiane. In quel giorno altissimo fu il
tributo italiano per la pace: morirono, infatti, 12 militari dell'Arma dei
Carabinieri e 5 Militari dell'Esercito. Per quella sciagura, che vide coinvolti
anche due civili italiani ed un imprecisato numero di innocenti iracheni, l'intera
nazione rimase attonita e sconvolta.Toccati così da vicino, provammo allora sentimenti
di sgomento, di dolore e di solidarietà per i familiari dei caduti per la Pace, ma anche di
indignazione e rabbia dì fronte ad un atto così vigliacco ed inutile. Tutti gli
italiani si sentirono vicini ai caduti e a tutti coloro che ogni giorno
continuano con onore, impegno, abnegazione ed alto senso del dovere ad adempiere
quanto la Nazione,
attraverso il suo Parlamento, chiede.
Proprio per non
dimenticare ciò che accadde quel giorno e per tenere sempre vivo il ricordo, il
noto artista contemporaneo Salvatore SEBASTE, bernaldese di adozione, in
sinergia con il Comandante della Stazione Carabinieri di Metaponto M.A.S.UPS
MOSCOGIURI Giovanni, ha pensato di realizzare una scultura che ricordi efficacemente,
ai cittadini di Metaponto e di tutti coloro che frequentano questo centro, il
sacrificio dei caduti per la pace. Realizzata presso la bottega artigianale di
Franco D'Auria di Bernalda, l'opera scultorea di metri 3,60x1,80, dal titolo "Per
Non Dimenticare Nassiriya", è in ferro zincato su un basamento in cemento
rivestito di carparo ed è installata nei pressi del cancello della Stazione
Carabinieri di Metaponto, fuori dal giardino perchè tutti possano ammirarla e
ricordare.
La "Spiga d'Oro" Associazione Culturale di Metaponto
Lettura critica dell'opera ‘Per non dimenticare Nassiriya' di
Salvatore Sebaste
Da
qualche anno Salvatore Sebaste lavora realizzando un tipo di scultura che costruisce
per aggregazioni, per sottrazioni, per schemi, per concetti, mirando a
ricomporre in un linguaggio modernissimo l'immagine di uno spazio dove
penetrano forme e dimensioni della condizione umana.
E'
stato soprattutto il suo rapporto quotidiano con la mediterraneità dei luoghi a
coinvolgerlo nella ricerca di costruzioni plastiche quasi per tradurre i
modelli statuari della classicità greca nella monumentalità di strutture
espresse con moderni materiali. Tale ricerca ha inaugurato nuove possibilità formali
e ha espresso aggiornati messaggi.
In
questa recente pulsione creativa l'artista, oramai lucano di adozione, non ha
potuto tradire la sua origine salentina dove vive con forza il riconoscimento
popolare del salvifico ruolo dell'Arma dei Carabinieri. Una simile coscienza
popolare, nel tempo, si è tradotta nella scelta di vita di molti giovani di
quel territorio che, arruolandosi, hanno sposato la missione civile e militare
dell'Arma dei Carabinieri.
Questi
valori territoriali hanno tonificato il progetto affidato a Salvatore Sebaste
di ricordare nel tempo i militari caduti a Nassiriya mentre attendevano alla
loro missione di pace, garantititi dal convinto impegno italiano per il
rafforzamento civile, culturale ed economico della gracile democrazia irachena.
E' a
tutti noto il contributo assicurato dall'Italia all'Iraq, dalla caduta del
regime di Saddam Hussein nel 2003 ad oggi. L'impegno del nostro Paese a favore
della libertà del popolo iracheno e della conseguente stabilizzazione
democratica è stato infatti importante e significativo, sia in termini umani,
per il sacrificio di nostri militari e civili, sia in termini di risorse
economiche.
Con
questo spirito e con questi valori è stata realizzata la grande scultura in
ferro il cui espresso proposito è stato appunto quello di elevare a
monumentalità la memoria dei caduti di Nassiriya. E il luogo prescelto non
poteva non essere Metaponto, pervaso dall'eroismo del mito e dalle
testimonianze di una storia mai sconfitta.
Sebaste
ha trovato naturalmente lo spazio ispiratore, forte di per sé degli impulsi e
dei sensi segnati, dove inglobare la propria creatività plastica.
Attraverso
un ricercato mimetismo visivo l'artista ha divaricato la costruzione ferrosa in
due braccia osannanti, quasi a ricordare la violenza lacerante di una
esplosione e la ricomposizione simbolica di un abbraccio solidale per i
militari caduti.
Nel
rendere visibile il pensato, Sebaste ha scelto una scultura liberata dalle
tradizionali cadenze di materiali, condizionata dalla immagine umana; è una
scultura nuova, empirica, immediata, corsiva, demistificata rispetto ai modelli
della mitografia statuaria. Una scultura fondata, appunto, strumentalmente
sulla corsività gestuale dell'intervento diretto, fiamma ossidrica e saldatura
alla mano, e quindi basata sulla dialettica con una materia altrettanto
immediata e concreta, una materia come il ferro, universale sotto il profilo
della tecnologia contemporanea.
Sono
frammenti di forme antropomorfiche ricavate in trasparenza dall'iniziale
omogeneo supporto metallico, sono figure dai contorni marcati che si formano
non per lenti depositi di materia ma per brusche rotture, sprigionando tutta la
energia e la immediatezza del gesto creativo che le ha strutturate.
E' una
scultura che parla allo spettatore tanto più direttamente e perentoriamente
quanto più la quasi virtuosistica certezza di mano del forgiatore e la sua
inesauribile vena nel reperire strumenti inediti al suo linguaggio si
trasformano in forme in cui la figura dell'uomo si ripropone in diversa essenzialità.
In
questa visione, con Sebaste, l'elemento primario e materico ritorna ad una
esaltazione totale. Il problema da affrontare è la ricerca di un rinnovato
rapporto tra tecnica e uomo, tra tecnologia e umanità e la relativa misura è
espressa dall'uomo con la sua capacità critica.
Nel
nuovo sentiero artistico, rappresentato dalla creatività plastica, Sebaste
manifesta appunto il desiderio di sperimentare nuove tecniche di lavorazione
della materia che siano più immediate rispetto al tradizionale metodo di
comunicazione.
Egli
allora affianca all'espressionismo mediterraneo delle sue tele il modellato
traspirante delle sue sculture fatte da diversi materiali (acrilico, legno,
ecc.), ma fermandosi verso la sperimentazione del segno tranciato dalla fiamma
ossidrica su una informe lamiera; si apre, così, una nuova stagione per
l'artista "lucano", nella quale egli si allontana definitivamente dagli ultimi
retaggi della sintassi espressionistica per intraprendere un nuovo percorso che
lo porterà a divenire uno scultore dalla forte concettualità del messaggio.
Il suo
è una specie di inedito totemismo, sottratto all'arte astratta, perché munito
di visibili e forti messaggi sui valori assoluti espressi nel tempo dalla
vicenda storica della umanità. Sono oggetti tattili, investiti di grande
significato per lo spettatore, chiamato a viverne i contenuti tragici ed
evocativi.
Con
questa opera Sebaste traccia un itinerario dove la manualità e la concettualità
sono in continuo dialogo, passando coerentemente dal progetto all'opera, dalla
materia alla sua rigorosa elaborazione formale, dal segno immediato all'impegno
nella traduzione di un valore simbolico.
Egli
sostanzia la sua proposta di scultura come progettualità, in un rigoroso
racconto emblematico che ricompone le tracce del passato (gli eroi classici
della terra jonica: come il Metabos
installato all'esterno del Museo Nazionale Archeologico di Metaponto) e le
storie drammatiche del nostro tempo (gli eroi di Nassiriya) in scritture dove
prevale la scansione del ritmo evocante antichi procedimenti creativi e la
contemporaneità delle produzioni seriali.
Come
già si è accennato per Sebaste la scultura è prima di tutto un messaggio
traslato in forme e contenuti, una dimensione della scultura che si misura,
sfidandoli, con la tecnologia e con i linguaggi del mondo contemporaneo.
Forte
di questa temperie ispiratrice e dell'esperimentato moderno metodo di lavoro,
Salvatore Sebaste ha sublimato, così, nell'opera lo spirito di sacrificio degli
eroi di Nassirya e la costanza della missione di pace attuata in territori
lontani dai militari dell'Arma dei Carabinieri.
Raffaello de
Ruggieri, Presidente della Fondazione
Zétema - Matera
Per non dimenticare Nassiriya:
forme della memoria
La
promessa dell'arte, quando si ispira a fatti eroici, è quella dell'immortalità
nella memoria. In una società in cui il compimento del proprio dovere
quotidiano è spesso epica impresa contro l'indifferenza e il lassismo, l'arte
celebra coloro che combattono per la pace, coloro che costruiscono anziché
distruggere.
Il
primo impatto visivo con la scultura del maestro Sebaste sembra dirci appunto
questo, presentandoci al centro ideale dell'opera il simbolo dell'arma dei
Carabinieri, che però si regge e fonda la sua vitalità sugli atti e potremmo
dire sulle esistenze stesse di coloro che lo compongono, cosicché l'istituzione
non si dia senza gli uomini, e questi ultimi affidino il senso della propria
realizzazione ad essa. Per questo il simbolo, chiaro, è al centro di una massa
scura di uomini, che lo proteggono e da esso sembrano trarre l'energia del
movimento. La scultura appare quasi come il tronco di un enorme albero spezzato
in due da una folgore: dal cuore della pianta, però, emerge la caparbia bellezza
di un nuovo germoglio.
Inevitabili
le stratigrafie emozionali di un segno tanto potente e evocativo. Per il
naturale contrasto che le figure monocrome creano con l'ambiente in cui si
trovano, dobbiamo tornare con la mente ai segnacoli delle antiche tombe ateniesi
del Dipylon: grandi vasi di ceramica brulicanti di figure nere, cavalli e
uomini che sfilano in cortei funebri destinati a non spezzarsi mai. Il colore
scuro impone all'immagine di non sbiadire, al ricordo di non affievolirsi.
L'effetto raggiunto dal maestro Sebaste è simile a quello voluto dall'anonimo
ceramografo ed altrettanto produttivo.
Ma non
è solo la ceramica greca ad essere rievocata. Hieronymus Bosch, con le sue
angosciose assemblee di uomini che svelano molto meno di quello che mostrano, è
ad un capo di questa immaginari linea: il polo del dolore, dell'arte
ammonitrice contro i delitti dell'umanità; gli articolati intrecci decorativi
dello stile pop di Keith Haring vengono invece alla mente per la liberatoria (e
positiva) composizione delle forme. Salvatore Sebaste ha saputo fondere in un
unico complesso disegno entrambe queste istanze, realizzando un pezzo che si
bilancia perfettamente tra la denuncia dei pericoli del mondo e la celebrazione
della sacralità della vita, scevro da ogni retorica e capace di arrivare al
cuore dell'osservatore per mezzo di un tratto che è avanguardistico e insieme
senza tempo.
Non a
caso i riferimenti per questa opera sono pittorici, perché la scultura
"dipinge" un soggetto che nel mondo circostante ha il proprio rilievo, che
chiede di essere visto prima che guardato. Lo sfondo dell'opera di Sebaste è la
terra, il cielo, il paesaggio che traspare dai vuoti lasciati nella materia,
attraverso gli occhi cavi delle figurine, intorno alle loro membra geometrizzanti
e al medesimo tempo espressive. Ciò che colpisce è proprio la chiarezza
narrativa, intensa e commovente senza essere artificiosa: è la luce che
definisce lo spazio creando peculiari giochi di ombre e definendo volumi che
solo grazie ad essa appaiono; sono il togliere, il tagliare, il travagliare la
materia che danno senso a quello che poi emerge.
In
questo monumento per gli eroi di Nassiriya si avverte sì il grido della
sofferenza, però forgiato in un serrato e tuttavia elegante incontro di corpi:
come un ossimoro artistico che dettaglia il caos in precisi modelli, trovando
un'euritmia incalzante laddove sembrava
impossibile che ve ne fosse. E cos'è il caos, infatti, se non l'abisso
spalancato sul dolore, ma anche la gioia creativa, il valore che sempre si
rinnova nella risposta del cuore alla violenza? Come a volerlo dimostrare, il
metallo si fa fragile quanto la vita dell'uomo, e inattaccabile quanto la sua
anima. La forma cede il passo al gesto e alla sua forza interiore, l'oratoria
non ha posto dove l'emozione dell'artista si comunica in modo istantaneo allo
spettatore.
Per
una volta assistiamo non al dialogo dell'umanità con le voci della Storia, di
Dio, dell'Etica, ma ad un sommesso messaggio dell'uomo per l'uomo: perché i
sacrifici non siano vani, occorre celebrare la vita, ricordare il bene.
Maria Torelli
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