Tursi - La triste notizia da Genova è arrivata
telefonicamente quasi in ogni famiglia tramite un loro congiunto o parente,
verso le ore undici, prima ancora della conferma ufficiale. Era di Tursi,
infatti, il trentaseienne Adolfo Ferrara, maresciallo maggiore della
Sicurpol, morto in servizio, durante una fallita rapina in piazza Sant' Agnese,
nel centro storico del capoluogo ligure. Prelevato il contenitore di denaro da
un supermercato e accortosi del tentativo criminoso, si è precipitato nel
furgone portavalori, ma è stato ucciso dal delinquente che gli ha sparato un
colpo al torace ed è poi fuggito, coperto dal casco. Le indagini sono affidate
al pm genovese Sabrina Monteverdi. "Affidabile", un "amante del proprio
lavoro", che "ci insegnava a lavorare a tutti", così ne hanno parlato i
colleghi di lavoro. La dinamica della tragedia e problemi contrattuali hanno
spinto il sindacato di categoria a proclamare uno sciopero per venerdì prossimo
a Genova e provincia. "Era una brava e bella persona", ha aggiunto Marco
Carmassi, collega della Filcams-Cgil, che ha ricordato il loro stipendio
base di circa mille euro e i quattro euro di indennità per quel tipo di
trasporto valori.
Quello fatale, era l'ultimo incarico di Adolfo
Ferrara prima delle ferie e tra un paio di giorni avrebbe fatto ritorno nel
paese natale con la giovane moglie compaesana. Emigrato da oltre un decennio,
abitava a Sestri Ponente, quartiere popoloso del capoluogo ligure, dove si era
ben inserito, come gli altri emigranti tursitani che vivono a Genova dal
lontano 1952 (oggi sono oltre seimila nelle ramificazioni di discendenza, cioè
più degli attuali residenti effettivi che, a Tursi, non raggiungono i 5.500
abitanti). Non a caso il sindaco genovese on. Giuseppe Pericu ha
dichiarato di essere "profondamente rattristato per l'accaduto", volendo essere
"vicino alla famiglia, alla comunità dei tursitani a Genova e a quella del
Paese d'origine, colpite dalla tragedia ed uniti dal comune dolore e da
sentimenti di fraterna solidarietà, rinnovando i vincoli di amicizia che si
concretizzeranno nel gemellaggio istituzionale ormai prossimo".
Giovane di temperamento socievole, intelligente e
gran lavoratore (prestava servizio di sicurezza anche in una nota discoteca),
aveva lavorato in proprio come camionista prima di entrare nel settore, dove
aveva raggiunto in sei anni il massimo grado della gerarchia previsto per le
guardie giurate. Troppo forte il legame con la famiglia e il paese, lo
testimoniano i suoi ritorni, l'ultimo di poche settimane addietro. Il padre Benito,
69 anni, vedovo dal 1988, che si è fatto carico dei quattro figli maschi, pur
nel dolore ne ha ricordato "la voglia di ritornare presto a vivere a Tursi,
dopo un periodo di sacrifici", sfogando la rabbia sulla "modalità della
pattuglia in un servizio oltremodo rischioso", mentre i fratelli sono partiti
subito per la Città della Lanterna. Solo
domani, espletate le formalità burocratiche di rito, si deciderà per le
esequie. "Tursi si prepara a vivere un altro rito di dolore", ha commentato il
sindaco Salvatore Caputo "dopo la morte di un ragazzo non ancora
quattordicenne, in un incidente con la moto. Due eventi così traumatici e
ravvicinati segnano in profondità la nostra anima collettiva".
Salvatore Verde
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