Tursi - Strano destino quello del giovane tursitano
Adolfo Ferrara, 37 anni, maresciallo maggiore della società di vigilanza
privata Sicurpol Nk di Genova, dove viveva da un decennio con la giovane
moglie, ucciso dello scorso 3 agosto nel capoluogo ligure, durante un tentativo
fallito di rapina. Proprio mentre il Consiglio comunale, su proposta dello
stesso sindaco salvatore Caputo, decideva il 30 gennaio di dedicargli la nuova
importante via d'accesso a Tursi (tra ponte di Santiquaranta e Ponte di San
Sebastiano), al contempo si diffondevano alcune voci, a conferma di analoghe
dicerie autunnali, sull'andamento delle indagini, con sviluppi investigativi
davvero clamorosi, ancorché da sempre rivolte in tutte le direzioni e senza
escludere alcuna ipotesi. Dalla "Superba" Città della Lanterna, infatti, sono
giunti precisi riferimenti di interrogatori a sorpresa di tutti i colleghi di
lavoro, incluso il personale amministrativo e i rappresentanti commerciali (ma
non i vertici aziendali), e di ex dipendenti, "come persone informate sui
fatti". Da indiscrezioni, si è appreso che sarebbero state chieste notizie
sulla vita privata e le ultime frequentazioni dello sfortunato Ferrara, poiché
è convincimento degli investigatori che a commettere l'omicidio sia stato
qualcuno "vicino" alla stessa società di sorveglianza e sicurezza, che poteva
avere avuto accesso ad informazioni riservate (sulle tecniche e modalità
lavorative della pattuglia, tragitto, tempi, orari, e altro ancora).
Si ricorderà che la tragedia si è consumata la
mattina verso le ore 8,30 nel centro storico di piazza Sant'Agnese, nella zona
del Carmine, mentre il capo-scorta era già proiettato all'interno del furgone
blindato con l'incasso di 10.000 euro appena ritirato dal supermercato "Dì per
Dì". Quando si è sentito strattonare dall'esterno, egli ha reagito sferrando un
calcio al rapinatore, che ha avuto una rabbiosa reazione e ha esploso un solo
colpo, quello mortale. Adesso si sa che il rapinatore era un individuo alto, col
pizzetto e con un casco semi integrale, che ha sparato con una pistola "calibro
38" e dopo è fuggito su un
motorino "Piaggio Liberty", ritrovato la notte successiva carbonizzato in passo
Costanzi, ad Oregina. In particolare, sul furgone c'erano oltre 250.000 euro in
contanti, prelevati dai due vigilantes nel giro di raccolta del denaro presso
supermercati e banche della città. Era questo il vero bottino da rubare? Come
faceva a saperlo il malvivente? Ha sparato perché era stato riconosciuto?
Interrogativi logici ed inquietanti, che hanno fatto concentrare l'attenzione
degli inquirenti in particolare su un ex collega di Ferrara, che è stato
torchiato con domande incalzanti per sei ore negli uffici del Nucleo operativo
del Comando provinciale dei carabinieri, del tenente colonnello Salvatore
Graci. E' un quarantenne, già sentito a lungo alla fine di novembre, su precisi
aspetti della sua vita privata, per via di abitudini improvvisamente cambiate
(un lungo viaggio, auto nuova, abiti costosi). Il vigilante si è difeso,
allontanando sospetti e ripetendo la sua totale estraneità. Tuttavia, si ha
l'impressione che si sia vicini ad una svolta delle indagini, ma non trova
ancora conferma l'avvenuta iscrizione di qualcuno nel registro degli indagati
della Procura. I fratelli di Adolfo Ferrara, Antonio, Luigi e Graziano, con il
padre Benito, seguono comprensibilmente da vicino gli sviluppi, ma è palpabile
il loro sconcerto, poiché "si rinnova il dolore, aggravato dalla sensazione di
dover attendere ancora prima di vedere punito l'assassino".
Salvatore Verde
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