Il sogno spezzato a
Roma del ventinovenne Vito Gravino (23/11/1981 - 21/02/2011)
Profondo dolore e
sconcerto nella comunità tursitana per la morte del ventinovenne Vito Gravino.
È deceduto lunedì 21 febbraio a Roma in un incidente stradale verificatosi alle 12,45 nella trafficata via del Foro Italico, all'altezza del n. 633. Dopo i primi rilievi, fonti della Polizia
municipale (del Gruppo Due) della capitale hanno spiegato che lo sfortunato
giovane, che aveva regolarmente il casco protettivo, era da solo alla guida del suo motorino e ha urtato la parte posteriore di
una Mercedes (classe A180 DI) che lo precedeva. L'anziano guidatore dell'auto (M.F., cittadino romano di 72 anni) avrebbe frenato all'improvviso,
rallentando la corsa e calamitando a quel punto l'impatto.
Tuttavia, gli accertamenti proseguono
per meglio determinare cause e dinamica del sinistro, anche perché Vito
era notoriamente esperto e prudente. Prontamente soccorso da un automobilista medico
e poi dai sanitari del 118, le sue condizioni sono apparse subito critiche e a
nulla purtroppo è servito il tentativo di rianimazione anche con il defibrillatore.
Il
fatale arresto cardiaco è stato forse determinato dalla compressione toracica a
seguito del violento impatto. Il corpo privo di vita, e di ferite esteriori, è stato poi trasportato all'obitorio
della Sapienza di Piazzale del Verano, dove è accorso il fratello più giovane Pietro
(anch'egli a Roma, da poco laureatosi in Fisica). Nel paese, la terribile
notizia è stata data nel pomeriggio ai genitori da Giovanni Sanchirico, comandante
della locale polizia municipale. In serata, verso le 18,30, i familiari (con Elena, la minore dei tre figli) sono partiti per riportare a casa l'amatissimo
figlio per i funerali. Assieme a loro, tra gli altri, lo zio Antonio Gravino e
Peppino Lippolis, amico di sempre.
Nato a Policoro, Vito Gravino aveva
compiuto ventinove anni lo scorso 23 novembre e si era laureato in Scienze
motorie a Potenza, prima di trasferirsi a Roma. Proprio lontano dalla sua terra
egli pensava di costruirsi un futuro, come capita da decenni a tanti giovani
lucani che decidono di andare via o di non fare ritorno dopo aver studiato
altrove. Appassionato di musica e provetto chitarrista, lavorava in una palestra come serio e dotato personal trainer. Non
sembri ordinario o retorico, lui era quello che si dice un "ragazzo d'oro",
dalla proverbiale bonomia, intelligenza e giovialità, da tutti benvoluto e
conosciuto, come la sua stimata e irreprensibile famiglia. La madre Carmela Lauria,
negli anni Settanta è stata la prima e unica donna sindaco di Tursi, e il
padre, prof. Salvatore Gravino, è un noto docente di Lettere della scuola Media
dell'Istituto comprensivo "A. Pierro", in passato anche consigliere comunale,
assessore e vice sindaco.
Il passaparola
immediato ha fatto sprofondare non soltanto i tanti coetanei, ma l'intera
comunità, attonita e incredula, in uno stato di smarrimento interiore e di
irreale silenzio, con una palpabile ansia di capire, di darsi una spiegazione e
di riflettere. In quei momenti di grande angoscia e sofferenza, gruppi di
compaesani si sono ritrovati spontaneamente in via E. Berlinguer e via
Matteotti, dove risiede la famiglia Gravino, per manifestare sincera vicinanza
e affetto ai genitori così duramente provati da una immane tragedia, affrontata
tra le lacrime con sopportazione estrema e grandissima dignità. Una ferita del
loro animo destinata veramente a non rimarginarsi mai, un lutto che segna indelebilmente
l'intera collettività.
Salvatore Verde
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