La commozione dell'addio a Vito Gravino. Per il giovane il paese si è fermato. L'abbraccio dei tanti amici
Con la
più imponente cerimonia funebre che si ricordi nel paese, in termini di
partecipazione popolare, e si calcola molto attendibilmente in oltre tremila le
presenze, l'intera comunità tursitana ha dato sabato pomeriggio l'ultimo avvolgente
saluto al giovane Vito Gravino. Il
ventinovenne era deceduto a Roma lunedì 21 febbraio, nel fatale incidente
stradale verificatosi prima delle ore tredici in via del Foro Italico.
A bordo
del suo motorino è finito contro l'auto che lo precedeva, guidata da un
settantaduenne romano che ha operato una brusca frenata o manovra. Il rito
religioso e il corteo di commiato sono stati caratterizzati da grande dignità,
compostezza e sobrietà, così esprimendo una intensità palpabile nella sincera e vasta commozione fino alle insistite
lacrime, nei volti smarriti e negli sguardi persi degli astanti, dei tanti familiari e soprattutto dei genitori, Salvatore e Carmela, del fratello Pietro e della sorella Elena, forse alla
ricerca del senso del vivere e della morte.
Di forte impatto la dominanza del
bianco delle corone e dei cuscini di fiori, davvero tantissimi, unica eccezione
quello giallo della fidanzata, come la prevalenza del colore nero proiettato
dalla esteriorità fisica della folla; e in
particolare, il dominio del silenzio assoluto, rotto solo dagli applausi
fragorosi quando la bara, accompagnata dal giovane don Giovanni Lo Pinto, è uscita dall'abitazione in via Berlinguer e
poi dal luogo di culto, e quando il carro funebre ha lasciato il centro urbano
per dirigersi al camposanto. Proprio sul senso immane della tragedia ha
incentrato la sua omelia don Battista Di
Santo, parroco della cattedrale dell'Annunziata: "È un lutto che ci
colpisce tutti. In meno di un anno Tursi ha perso cinque giovani intorno ai
trent'anni: i fratelli Padula,
Giannandrea (32) e Carmela (28),
Michele Liguori (32), Fiore Russo (21). Ma non tutto può
finire con il solo ricordo. Occorre accettare la volontà del Padre".
La
funzione religiosa, con la liturgia animata dal coro Regina Anglonensis del M° Francesco Muscolino, è stata
concelebrata assieme ai sacerdoti don Giuseppe
Gaetano Labanca, ex parroco a Tursi e oggi a Valsinni, i tursitani don Giovanni Lippolis, a Colobraro, e don Nicola Modarelli, a San Severino
Lucano, e don Giuseppe Cozzi,
cancelliere diocesano, tutti immediatamente consapevoli della singolarità
dell'evento. Per una volta anche la grande chiesa non ha potuto contenere la
marea umana. Nella centrale piazza, tra la folla, erano allineati tutti i carabinieri della locale stazione, con il comandante mar. Giampiero Ricciardi. Al termine, sul sagrato, un breve ricordo di Luigi Caldararo, che fu maestro elementare dello scomparso. Se mai
antropologi e sociologi della periferica provincia italiana volessero
analizzare il fenomeno, la risposta dovrà necessariamente ricercarsi nel
ritrovato valore straordinario della normalità di un giovane dotato e di talento
per la musica e lo sport (si era laureato in Scienze motorie a Potenza e da un
triennio viveva a Roma, dove era un apprezzato personal trainer).
Perché Vito
era questo: un bel giovane, serio e intelligente, semplice e allegro, perciò
assai benvoluto. Primo di tre figli di una stimata famiglia: il fratello Pietro, anche lui a Roma, appena
laureato in Fisica alla Sapienza, e la sorella Elena, è al quinto anno del Liceo scientifico di Policoro. La madre
Carmela Lauria, oggi artigiana, è
stata la prima (e unica) donna sindaco (1978-79, all'epoca ne riferì il
Corriere della Sera), mentre il padre Salvatore
Gravino, già consigliere e assessore comunale per anni, è un apprezzato docente di Lettere dell'Istituto comprensivo
statale "A. Pierro". Accanto alla dirigente scolastica Carmela Liuzzi, numerosi colleghi insegnanti e professori, pure dei
comuni viciniori. Con sensibilità, il sindaco Giuseppe Labriola, in prima fila e con numerosi amministratori
locali, aveva dichiarato il lutto cittadino. Listati a nero, perciò, il
gonfalone comunale e quello della scuola.
Salvatore
Verde
Le
esequie di Vito Gravino si sono
trasformate subito in un fatto imprevisto e memorabile, per una serie di motivi.
Uno in particolare: mai era accaduto che tanti giovani coetanei e studenti
universitari, fossero ritornati nell'amato paese per circostanze simili. Altri
amici hanno scoperto Tursi per la prima volta. Sono venuti non soltanto da
diverse città e regioni italiane, qualcuno era all'estero e ha voluto esserci.
I comuni interessi, il loro legame, la solidarietà e il vincolo dell'amicizia
sincera, sono qualcosa che ha emozionato e commosso, e che deve far riflettere.
È una umanità migliore di come sovente si descrive, con luoghi comuni come generazione
di sbandati o superficiali.
Hanno dimostrato una pulizia interiore e morale e
una energia positiva che fa ben sperare. E questo nonostante siano espropriati
della possibilità di progettare il futuro a causa della crisi dei nostri tempi bui.
La ventiquattrenne fidanzata di Vito, Federica
Rotondi, della provincia di Frosinone, piange l'amato: "Ho perso l'armonia.
Non c'è più musica nella mia vita". E Marco
Farina, anch'egli di Campoli Appennino, parla della perdita dell'amico, "una
traccia indelebile e sorridente per la musica e lo sport, perciò siamo qui". Alla
fine, l'analogo protagonismo degli alunni della II B della scuola Media. Alcuni
hanno dedicato pensieri genuini e teneri al padre Salvatore, sapendo bene che per il loro stimato professore e per tutti i congiunti d'ora in poi nulla più
sarà come prima, proprio per la presenza indimenticabile di una incancellabile assenza,
quella dell'amato figlio.
s.v.
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