Tursi - Sarà la magistratura di Genova a stabilire
la verità giudiziaria dell'uccisione di Adolfo Ferrara, il tursitano
trentaseienne, maresciallo maggiore della Sicurpol, accertandone dinamica e
responsabilità eventuali, inclusi i carichi di lavoro e il rispetto delle
procedure di sicurezza. Per il forte impatto emotivo collettivo, abbiamo
ascoltato il racconto della tragedia dal punto di vista di Dino Frisone, 41
anni, autista del furgone blindato nel fatale mercoledì 3 agosto, da tre anni
guardia giurata e in varie circostanze collega dello sfortunato Adolfo. Era a
Tursi per i funerali. Per lui la consegna di non abbandonare mai l'automezzo.
"Al mattino, siamo entrati nel vicolo, ad un metro
dal muro stradale, con la parte anteriore del furgone verso l'ingresso del
supermercato. E' un ‘obiettivo' servito da oltre un anno. Ho guardato Adolfo
all'uscita sorridere e intrattenersi con l'agente dell'esercizio commerciale.
Poi è ritornato tranquillamente per circa otto metri con la ‘presa in mano' (la
borsa contente al massimo 15.000 euro). Nelle sue mani nessuna pistola. Ad un
cenno ho aperto la porta laterale, azionando i comandi posti in alto rispetto
all'assetto di guida. Nessuno intorno, così sembrava, anche guardando gli specchietti
retrovisori laterali. Il collega era già quasi dentro l'automezzo quando ha
comandato: ‘chiudi'. Mi sono girato per riprendere la visione frontale ed
azionare la chiusura, che diventa totale e definitiva in sette secondi. Ero di
spalle. Allora ho sentito Adolfo gridare "c'è qualcuno". Era piegato e di
spalle verso l'esterno. Mi sono girato. Credo che lui abbia scalciato
l'intruso, lanciando la borsa più dentro. Nel fare questo ha provato a girarsi,
com'è naturale per vedere chi fosse. Intanto, io ho visto un individuo alto,
armato, con il casco integrale nero abbassato e il giubbotto scuro tutto
allacciato, che tentava di avanzare
verso l'interno, mentre lo sportello continuava a chiudersi. Rimanevano
circa venti centimetri. Poi ho sentito un colpo secco, esploso a meno di un
metro con il braccio in avanti e dal basso, seguito da un lamento vocale
sillabico. A quel punto la porta era chiusa. Adolfo ha ripetuto tre volte
"Dino, mi ha colpito", tenendosi la parte di fuoriuscita del proiettile, tra
petto, collo e clavicola destra, mentre tentava di alzarsi. Il delinquente si è
subito ritirato ed allontanato, forse svoltando l'angolo della strada
frequentata, a un paio di metri. Poi è scattato l'allarme e il mio ricordo si è
confuso, per quei sette secondi fatali".
Salvatore Verde
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