MARIA SORIA, TURSITANA IN DIALISI, TRAPIANTATA SOLO DOPO 16 ANNI. I
DUBBI ATTUALI DEI FAMILIARI
Tursi - "Solo nel 2001, dopo aver atteso 16 lunghissimi anni, e se non è un
record penalizzante gli somiglia molto, mia mamma è stata trapiantata. Per sopraggiunti
problemi, adesso ritornerà di nuovo in dialisi, ma a 64 anni tutto si complica tremendamente".
Con questa sintesi impregnata di amarezza Vincenzo
Popia, quarantenne dottore in giurisprudenza (ex vicesindaco ed esponente
dell'Udc materano), racconta la storia
della madre Maria Soria, nata nel
1945 ed emodializzata dal 1985. Con la non rassegnata voglia di trasparenza
massima, aggiunge: "Sono le notizie di cronaca recente che ci turbano (presunto
mercimonio e vicinanza della politica anche nell'intreccio con i trapianti),
provocando in noi tutti una lettura retrospettiva della vicenda che ci ha visto
protagonisti tanto fiduciosi quanto impotenti, ma sempre rispettosi del
‘sistema'. Non intendiamo accusare nessuno, neppure di malasanità, ma, visto
quello che si legge sui giornali (nel dare notizie delle recentissime indagini
del pm anglo-napoletano della Procura di Potenza Henry
John Woodcock), non siamo
affatto sicuri delle mere casualità delle quali siamo stati vittime
inconsapevoli. Insomma, siamo assillati da atroci dubbi e ci chiediamo ancora
oggi se abbiamo fatto davvero tutto quello che potevamo come familiari. Non a
caso siamo arrivati a parlare anche con il Ministro della Sanità Francesco De Lorenzo (presto incappato
nelle note vicende giudiziarie)".
Il processo di
depurazione del sangue dalle sue scorie e impurità, che ti salva la vita ma ti
consuma, essendo un trattamento logorante e comunque collateralmente
degenerativo, è andato avanti ininterrottamente in tutti quegli anni per tre
giorni alla settimana, prima nell'ospedale di Matera poi in quello di Tinchi di
Pisticci. "Quali che fossero le situazioni personali e atmosferiche, anche
rischiando la vita nei viaggi - prosegue Popia - Il servizio di assistenza è
stato ottimo, con un'attrezzata squadra di medici e infermieri. Ma la fatidica
telefonata per l'agognato trapianto, ‘la chiamata', non è mai arrivata, eppure mia madre era costantemente in
condizione ottimale di trapiantabilità, accertata da tutti i laboratori dove il
siero veniva inviato con regolarità per la necessaria tipizzazione genetica.
Dopo dieci anni di emodialisi, i suoi parametri come paziente ricevente erano
ancora ottimi. Non vorremmo che anche quel dato positivo abbia indotto qualcuno
ad una valutazione per noi controproducente".
Se prima i
trapianti erano rari, con la diffusione della cultura della donazione da
parecchi lustri ormai, quello dei reni è più frequente ed eseguito con elevate
probabilità di riuscita del decorso. Innumerevoli le visite della signora
tursitana in Italia e a Roma, allora a 500.000 lire a botta dallo
stimatissimo prof. Raffaello Cortesini, uno dei fondatori della Società Italiana dei
Trapianti d'Organo (con il prof. Paride
Stefanini, già nel luglio del 1966). "Una volta, pure il luminare si era
convinto che fosse arrivato il momento di mia madre, ma gli fecero notare che
si sbagliava, prima di entrare in sala
operatoria". Proprio al grande chirurgo di fama mondiale è succeduto
elettivamente alla presidenza dell'Ocst (Organizzazione Centro Sud Trapianti)
il dottor Vito Gaudiano di Matera,
direttore del Centro regionale dei trapianti della Basilicata.
Popia aggiunge
altri lucidi ricordi: "Intanto, il tempo
passava e mia madre invecchiava, in tal modo affievolendosi le possibilità di
trapianto. Poi l'iscrizione al Nord Italia Transplant program (NITp) diretto
dal dottor. Cristiano Martini in
Lombardia, i contatti correttissimi con lui
e con la dott.ssa Claudia Pizzi (collaboratrice
del Ministro della Sanità Girolamo
Sirchia), non soltanto per cambiare aria, ovvero per capire il
funzionamento del centro trapianti". Che deve risolvere con trasparenza ed
equità il delicato e cruciale problema
sempre attuale e particolare dei criteri di scelta dei pazienti in lista di
attesa. In tale ambito, aiutare qualcuno avviene sempre a discapito di un
altro. Perciò i criteri che fanno decidere per l'uno o per l'altro malato debbono essere
univoci, chiari e riconoscibili, con l'uniformità tra le varie procedure
utilizzate. Per quanto riguarda il NITp,
i criteri di assegnazione usati e aggiornati dalle conoscenze scientifiche
vengono stabiliti di comune accordo dai chirurghi e dagli operatori sanitari
che collaborano al trapianto. E se di
fatto sono i giovani ammalati, com'è giusto, ad essere in certo modo
avvantaggiati, nell'arco di un triennio circa è arrivato il turno della signora
Soria. L'anzianità clinica al Nord doveva pur valere qualcosa. Dunque, a 56
anni il trapianto miracoloso a sorpresa presso il Niguarda di Milano.
"A quel punto, ci
siamo chiesti - aggiunge Popia - perché tutto questo tempo intercorso? Solo
sfortuna? A diversi altri questo non è capitato, avendo ottenuto un rene dopo
appena alcuni mesi o comunque pochi anni di trattamento dializzato. Chi può
escludere che noi non siamo stati i fessi di turno di un sistema
(im)permeabile? Negli anni Novanta erano forse consentiti margini leciti e sia
pure minimi di discrezionalità? Nel caso, fino a che punto ciò si è verificato?
A volte mia madre è stata allertata facendola recare presso gli ospedali, ma
solo come ‘riserva' (è accaduto almeno due volte al Policlinico romano ‘Umberto
I')".
Per tutelare l'Aido
e non coinvolgerla in una questione personale, Vincenzo Popia ha deciso oggi di
autosospendersi dalla carica di consigliere regionale della stessa associazione
e dalla qualità di donatore (con tutta la famiglia, di sicuro sensibilizzata
dal caso materno). "Questo, in attesa di chiarimenti certi e inequivocabili che
tacitino la coscienza, e che si spera arrivino presto, perché le potenzialità
delle donazioni non devono essere incrinate in alcun modo". Tale reazione è
stata comunicata al presidente dell'Aido Basilicata Fabiano Popia (solo omonimia di un signore perbene di Valsinni),
che gode della loro incondizionata fiducia, "anzi, vorremmo che lui fosse
maggiormente sostenuto in tutte le sue iniziative". Un chiarimento telefonico
sulla vicenda c'è già stato anche con il presidente nazionale dell'Aido Vincenzo Passarelli.
In effetti, non si
tratta di violare la tutelata riservatezza di qualcuno o il giusto riserbo
della dignità delle persone sofferenti, ma di sapere e comprendere i pregressi
punti nodali della gestione organizzativa e la metodologia interna di selezione
(negli ultimi tempi informatizzata) dispiegata nella struttura lucana, perché
anche i dubbi alimentano il senso della vita. A livello psicologico, proprio il
ragionamento "scientifico" finalizzato alla buona riuscita del trapianto può
bloccare e intimorire i pazienti e i loro familiari, portandoli magari
all'inazione totale o alla eccitazione verso l'illegalità, oppure alla
fatalistica o religiosa lunga sopportazione. Chi può contestare e in che modo
l'enorme problema scientifico dell'ineccepibile compatibilità con le
caratteristiche personali (legate alla
nota questione del rigetto)? Chi può verificare
l'ottenimento dell'espressione dei valori e dei coefficienti (ottenuti
dai dati immessi di partenza) riferiti alla lista dei pazienti campionati?
Nelle fasi successive, infatti, la documentazione è (già) formalmente a posto,
i tabulati e le altre carte pure. A quel punto, chi decide (monocraticamente o
collegialmente resta da capire) non incorre in nessuna censura medica o
violazione perseguibile. In generale, rimane il baluardo difensivo della
coerenza all'etica professionale e deontologica, dettata dall'integrità della
propria coscienza. Senza davvero mai cedere all'eccezione (provocata non solo
dalla venale monetarizzazione, ma anche a causa di altre ben più appaganti
contropartite).
Salvatore
Verde
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