Tursi: licenziata dopo il parto, il giudice la reintegra
Non è
bastata la riforma sui cosiddetti licenziamenti facili, per ottenere il
definitivo allontanamento di una donna dal luogo di lavoro. La giovane si era
assentata per una gravidanza a rischio e il conseguente parto della primogenita
avvenuto a dicembre 2011, oltre al periodo obbligatorio del puerperio e
all'astensione facoltativa protrattasi fino al 3 settembre 2012. È quanto accaduto
a Tursi alla signora Maria Vincenza
Sarubbi.
Ritornata a
lavorare, era stata licenziata lo scorso 15 settembre da
un noto supermercato, ma il giudice del Lavoro del Tribunale di Matera
ha
accolto il suo ricorso, presentato dagli avvocati Nicola Gulfo e
Francesco Bruno, e dichiarato nullo il licenziamento intimato,
ordinando quindi
il reintegro della ricorrente nel posto di lavoro, dove era assunta dal
17
aprile 2010 come banconista.
La giovane aveva
ripreso regolarmente servizio il 4 settembre2012, ma subito è stata "invitata a
far rientro a casa" dal legale rappresentante della società commerciale, che le
aveva preannunciato l'intenzione di licenziarla. Ciononostante, la giovane
mamma ha continuato a ripresentarsi sul posto di lavoro nei giorni successivi,
anche accompagnata dal marito e dalla sorella. L'azienda, intanto, si era data
una nuova organizzazione, sostenendo il licenziamento per giusta causa, poiché
a suo dire la ricorrente "non si sarebbe
presentata a lavoro il 4 settembre" (e neppure nei giorni successivi).
Invece,
"il licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni (di
cui ai commi 1, 2 e 3, art. 54 del D. Lgs n. 151 del 2001) è nullo", e tale
motivazione riconosciuta comporta sempre e comunque la reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro, "quale che sia il numero dei dipendenti
occupati dal datore di lavoro". Il giudice Roberto Spagnuolo ha accolto
integralmente l'istanza e annullato il licenziamento il 24 aprile 2013,
condannando la società al reintegro
immediato della lavoratrice e a risarcirle i danni, versandole un'indennità
commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del
licenziamento in poi, comprensivi dei contributi previdenziali ed assistenziali
omessi per il medesimo periodo, oltre al pagamento delle spese legali.
Salvatore
Verde (La Gazzetta del Mezzogiorno, domenica 5 maggio)
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