A Torino nel ricordo dell'amicizia tra Mucci e Sinisgalli, con Chiara e Armando Lostaglio
Intellettuali lucani
in Piemonte, invitati nel prestigioso Circolo dei Lettori di Torino, nel
ricordo di Sinisgalli. È accaduto a fine marzo, per la presentazione della
ristampa di "L'uomo di Torino", capolavoro di Velso Mucci (pubblicato postumo
nel 1967 da Feltrinelli), e del volume "Conoscete quest'uomo" ,
che raccoglie gli atti del convegno sullo stesso Mucci, scrittore, poeta e
intellettuale impegnato di assoluto rilievo, poi trasferitosi a Bra (Cuneo).
Entrambi
per le edizioni Scalpendi, nell'occasione del centenario della nascita di Mucci
(Napoli, 29 maggio 1911 - Londra 6
settembre 1964), che ha vissuto anche a Parigi e nel secondo dopoguerra a Roma,
tra gli altri amico di De Chirico, Morandi e del lucano Sinisgalli. Con il
poeta e ingegnere di Montemurro, assieme a Nicola Ciarletta e altri, Mucci fondò
il bimestrale "Il Costume politico e
letterario", nel quale raccolse per cinque anni le firme migliori dell'Italia
letteraria di allora. Proprio al loro
legame è stata dedicata la relazione 'Vita silenziosa' la poetica di Leonardo
Sinisgalli in rapporto con Mucci" della giovane Chiara Lostaglio, giornalista e
critica d'arte (BasilicataCinema), di Rionero In Vulture. Al padre Armando
Lostaglio, giornalista, v.presidente nazionale Cinit - Cineforum Italiano, era
affidato il coordinamento dei lavori, organizzati, curati e introdotti da Alberto
Alberti, con la partecipazione di:
Mario Lunetta, scrittore e giornalista, "Sulla poligrafia interrogativa di Velso Mucci
come ‘azione letteraria'"; Christine Wolter, scrittrice, critica
letteraria e curatrice dell'edizione tedesca de "L'uomo di Torino" (Der
Türiner), "L'uomo di Torino a Berlino Est"; Renzo Pepi, studioso, autore
della tesi di laurea su Mucci, "Corrispondenti di Mucci: lettere allo
scrittore"; Livio Berardo, presidente dell'Istituto storico della
Resistenza di Cuneo, "Velso Mucci, amministratore e politico: impegno e
idee attuali"; Cetta Berardo, scrittrice
e giornalista, "La metafora del cibo nel romanzo: comparazione e modelli"; Luca
Pietro Nicoletti, critico d'arte, "Note su Velso Mucci critico d'arte nel
secondo dopoguerra". Arrivati dopo la stagione dell'emigrazione degli anni
Sessanta, nella città capoluogo vivono molti nostri conterranei, nella
circostanza coinvolti con entusiasmo da Roberto Placido (di origini rioneresi),
attuale vice presidente del Consiglio regionale del Piemonte.
Velso Mucci nacque a Napoli nel 1911 da padre abruzzese, maestro di musica nel
Regio Esercito, e da Domenica Boglione di Bra. Rimase affezionato a questa
cittadina tutta la vita, passandovi nell'età matura lunghi periodi. Da ragazzo
dovette seguire le peregrinazioni per tutta Italia del padre, fino a stabilirsi
a Torino, dove si laureò in filosofia estetica. Durante il periodo
dell'Università giocò nelle riserve della Juventus, bohémien nel cosiddetto fascismo di sinistra. Romano
Bilenchi ricorda nel suo libro "Amici" l'epico pestaggio a cui fu sottoposto
allora con Primo Zeglio da parte di alcuni esagitati del Guf. Fu proprio a
Torino che esordì sul "Selvaggio" di Maccari come critico musicale, e conobbe
gli artisti che rimasero i suoi amici per tutta la vita ( Luigi Spazzapan, Menzio, Mino Rosso, Italo Cremona. Nel '34 si
trasferì a Parigi con il cugino Sandro
Alberti, dove aprirono una libreria antiquaria. Vi tennero anche mostre dei
loro amici pittori fino allo scoppio della guerra che pose fine a tutto. A Parigi
poterono frequentare le avanguardie artistiche e letterarie di allora. Pubblicò
in quel periodo i suoi scritti e le poesie giovanili in brochures
semiclandestine oggi introvabili. A Roma, nel dopoguerra, iniziò il suo periodo
creativo più felice.
Insieme a Leonardo Sinisgalli, Nicola Ciarletta e
altri fondò la rivista bimestrale "Il
Costume politico e letterario", dove per cinque anni raccolse le firme migliori
dell'Italia letteraria di allora. Poi ideò con Dora, la sua
moglie-donna-compagna, le tredici superbe cartelle del " Concilium
Lithographicum", dove alle litografie di De
Chirico, Maccari, De Pisis, Fazzini e altri erano affiancati gli scritti di
Ungaretti, Palazzeschi, Cardarelli,
Sinisgalli. Solo Savinio fu incisore e autore nello stesso tempo, ritraendo
i genitori morti in una inquietante litografia doppia dove il suo testo, crudo,
provocante, a volte irriguardoso, formava le loro ombre. La moglie di
Sinisgalli, Giorgia de Cousandier, rievocò la gestazione del "Concilium" e del
"Costume" in un commosso ricordo di Mucci nel '65 sulla rivista " La botte e il
violino". Sempre negli anni '50 venne la sua collaborazione con il
"Contemporaneo", la rivista politico-letteraria
di ispirazione marxista diretta da Antonello
Trombadori (aveva già preso la tessera del PCI nel '45). Diresse anche " La Voce
" di Cuneo e pubblicò i suoi saggi nell'Azione letteraria 1. Ma fu solo nel '62
che una grande casa editrice, la
Feltrinelli, pubblicò per la prima volta le sue poesie in
"L'età della Terra". Ne scrisse la prefazione Natalino Sapegno, e vinse il
premio Chianciano ex-aequo con Andrea
Zanzotto.
Fu anche in Spagna a
prendere contatti per il PCI con l'opposizione antifranchista, viaggio da cui
nacque uno storico numero del Contemporaneo. Sempre nel '62 fu inviato
dall'Unità al Giro d'Italia, e ne fu il cronista attento e polemico. La sua
ultima stagione iniziò a Londra, dove si era trasferito per imparare l'inglese
alla perfezione. Ufficialmente era per poter leggere l'Ulisse di Joyce in
lingua originale. Il suo vero sogno,
però, era di andare come inviato dell'Unità a Pechino. Aveva cominciato a
coltivarlo nel '58 a Tashkent, quando aveva partecipato alla Conferenza degli
scrittori afro-asiatici e conosciuto Nazim
Hikmet, il grande poeta turco che aveva tradotto in italiano. In
quell'occasione aveva conosciuto i compagni del Partito comunista cinese, con i
quali aveva fraternizzato. A Londra scrisse le 200 cartelle del suo romanzo, "L'uomo di Torino". Ci mise sei mesi,
dal novembre del '63 all'aprile seguente. A maggio lo colse il primo infarto.
Il secondo, la notte fra il 5 e il 6 settembre, gli fu fatale. Le sue opere
uscirono postume, lentamente, nell'arco di quasi quindici anni. Feltrinelli
pubblicò nel '67 "L'uomo di Torino" e l'anno
dopo la raccolta di tutte le sue poesie
"Carte in tavola". Nel '73 uscirono le sue Carte di un Italiano
dell'11, e l'antologia dei suoi saggi filosofici e letterari fu curata da Mario Lunetta nel '77, con il titolo "L'azione letteraria". Lo conobbe e lo
apprezzò praticamente tutta la critica militante italiana del ‘900, dalla quale
non ricevette quasi mai stroncature, anche se lui invece non le risparmiò.
Clamorose furono quelle di Louis Aragon che lodava il Gattopardo di Tomasi di
Lampedusa e del Dottor Zivago di Pasternak.
In questo convegno si intende indagare anche sugli aspetti meno conosciuti di
Mucci, come la sua grande valenza in qualità di critico d'arte, o il successo
del suo romanzo all'estero Der Türiner,
pubblicato in Germania nel '71 per l'impegno di Christine
Wolter.
LE CELEBRAZIONI di
LEONARDO SINISGALLI. Il rapporto del poeta lucano con il cinema di Chiara
Lostaglio (pubblicato domenica 30
marzo 2008 - CINIT Cineforum Italiano NSC, anno IV n. 13)
Le recenti celebrazioni per
il centenario della nascita di Leonardo Sinisgalli, portano l'attenzione
nazionale su una figura di intellettuale di altissimo pregio. Nato a
Montemurro, Sinisgalli abbandonò da giovane la Basilicata per raggiungere Roma
e quindi Milano, conseguendo a soli 24 anni la laurea in ingegneria, che seppe
intelligentemente coniugare con arte e letteratura. La "Civiltà delle
macchine", rivista che Sinisgalli fondò e diresse, rappresenta un ambizioso
esempio interdisciplinare, pur restando - con la poesia - ben ancorato alla sua
terra, come ricordano "Lucania" e "Monete rosse". "Risorgerò tra tre anni o tre
secoli tra raffiche di grandine nel mese di giugno" è scritto sulla sua lapide.
Ingegnere, poeta, ma anche regista: attitudine questa non a tutti nota. Un
percorso culturale di peculiare sensibilità quello di Leonardo Sinisgalli,
riscoperto cineasta grazie a puntuali citazioni sulla rivista cinematografica
"Ciemme", diretta da Marco Vanelli, edita dal Cinit (Cineforum Italiano) con
sede a Venezia. Il poeta di Montemurro aveva infatti partecipato al progetto
"Documento mensile", ideato dall'allora futuro regista Marco Ferreri e da
Riccardo Ghione. Siamo negli anni '50, quando si concretizza il tentativo di
realizzare alcuni cinegiornali mediante l'esperienza creativa anche di
intellettuali e poeti italiani. L'ambizioso progetto, purtroppo, non prese mai
corpo del tutto a causa della censura, che non decretò il visto ai
cortometraggi e quindi non ne consentì la diffusione. Pertanto, i due numeri
realizzati, il primo da Alberto Moravia e Vittorio De Sica, il secondo da
Luchino Visconti e Carlo Levi, oltre ai singoli contributi di Sinisgalli,
Guttuso e Rossellini, rimasero nel chiuso dei magazzini e non hanno mai potuto
circolare.
L'idea di fondo di "Documento
mensile" era quella di paragonare il cinema alla "terza pagina" di un
quotidiano, usando la cinepresa così come uno scrittore o un intellettuale
avrebbe utilizzato la macchina da scrivere. Inoltre, essi avrebbero dato un
maggiore contributo nel migliorare la qualità dei Cinegiornali che allora erano
addirittura obbligatori prima delle proiezioni cinematografiche. Di Sinisgalli,
Riccardo Ghione in un'intervista dirà: "Il suo pezzo era piuttosto curioso,
anche se nessuno ne parla in quanto nessuno lo aveva visto. Il poeta lucano era
andato a Bra, in Piemonte, in un solaio di una vecchia casa ed aveva trovato
una grande quantità di ricordi ottocenteschi [...]. Sinisgalli ha usato un metodo
diremmo "gozzaniano", girando le immagini come una elegia. Alternava, nelle
riprese, sei metri e tre metri di pellicola per volta...
Era un tentativo di
creare un "verso" cinematografico, di trovare cioè una corrispondenza con la
metrica poetica. Il film di Sinisgalli si intitolava Vita silenziosa per la
durata di due minuti". E' la conferma della vivacità intellettuale di
Sinisgalli anche per quel che riguarda il cinema e i contatti di alta valenza
intellettuale con scrittori e registi del suo tempo. Con "Lezione di
geometria" Sinisgalli è stato premiato nel 1948 alla Mostra del cinema di
Venezia dall'Ufficio Centrale di Cinematografia per il miglior cortometraggio
italiano. Il breve e importante esperimento fu realizzato in collaborazione col
regista Virgilio Sabel, fotografato da Mario Bava, musicato da Goffredo
Petrassi e prodotto da Carlo Ponti. Sinisgalli tornerà a Venezia due anni dopo,
sempre insieme a Virgilio Sabel e ancora una volta vincitore (Premio
Internazionale per il Cortometraggio), questa volta con "Millesimo di
millimetro".
Per chi conosce Sinisgalli
non stupisce questa sua attenzione alla geometria, alle scienze esatte, che non
si pone in contrapposizione con il mondo della poesia e della creazione.
L'occhio del poeta, anzi, riesce a cogliere una rivelazione metafisica nella
geometria dell'universo, lamentando proprio che l'arte contemporanea si «sgeometrizza,
si sgeometrizza la poesia» (Le età della luna, 1956-1962). E in questo suo
approccio anche il cinema col suo linguaggio entra prepotentemente, sia perché
offre, come in questi documentari, la possibilità di un'osservazione più
oggettiva, scientifica, sia perché si presta a nuove sperimentazioni poetiche,
come nel caso del perduto "Vita silenziosa".
Per completare il breve
ma intenso rapporto di Sinisgalli col cinema va certamente ricordata la sua
collaborazione alla sceneggiatura di un film fondamentale del compianto Alberto
Lattuada. Si tratta de "Il cappotto", ovvero il sensibile tentativo
di coniugare la tradizione della commedia italiana con un classico della
letteratura umoristica russa, in questo caso Gogol. La pellicola, premiata al V
Festival di Cannes, fu l'occasione per il piccolo Renato Rascel per dimostrare
la sua grande capacità di interprete drammatico. (C.L.)
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