Beniamino
Gigli: una delle più incantevoli voci tenorili, omogenea, forte e dal raro timbro morbido e musicale
Beniamino Gigli nasce a Recanati il 20 marzo 1890 e muore a Roma il 30
novembre 1957. La città natale è piena di ricordi del passato, con
chiese, palazzi e paesaggi bellissimi sia verso mare che verso l'entroterra, il
suo nome è reso famoso dal poeta Giacomo Leopardi, ed è in questo clima culturale
che Beniamino viene al mondo.
Anche la data è molto importante nella storia del
canto tenorile, perché lo stesso giorno nasce a Copenaghen Lauritz Melchior, il
più grande tenore Wagneriano del secolo. Ultimo di sei figli, di Domenico,
calzolaio e campanaro del Duomo, ed Ester Magnaterra, Beniamino mostrò sin da bambino
grandi attitudini per il canto e a soli sette anni venne accolto nel Coro Pueri
Cantores della Cattedrale del suo paese. La povertà della famiglia lo costrinse
a duri sacrifici, ma riuscì a prendere lezioni di canto dal maestro Quirino
Lazzarini, organista e direttore del coro della Santa Casa di Loreto. A
quindici anni, mostrando voce di contralto, fu scelto a Macerata come
protagonista nelle vesti femminili dell'operetta La fuga di Angelica di Alessandro Billi.
In occasione della guerra
di Libia del 1912, vinse una borsa di studio e si poté iscrivere finalmente al
Conservatorio Santa Cecilia, studiando sotto la guida di Enrico Rosati, e apparve
con lo pseudonimo di Mino Rosa in numerosi salotti romani, ma il debutto
teatrale, avvenne al Teatro Sociale di Rovigo la sera del 14 ottobre dello
stesso anno nella Gioconda di Amilcare
Ponchielli. Numerosi i teatri Italiani che lo ospitarono, da Palermo a Napoli, da
Genova a Catania, al Costanzi di Roma, in opere come Manon, Tosca, Mefistofele, La Favorita. Il 26 novembre 1920 fece
l'ingresso al Metropolitan di New York con Mefistofele
e fu un successo, tanto che Enrico Caruso vide in lui il proprio
successore. Infatti, con la scomparsa di Caruso (2 agosto 1921), che aveva
inaugurato per diciotto anni la stagione del Metropolitan, quell'anno fu scelto
Gigli con La traviata di Giuseppe
Verdi.
L'avvento del sonoro gli consentì di approdare anche al cinema, girando
una serie continua di sedici film fino agli inizi degli anni Cinquanta, sempre accompagnato
nella carriera, fin dagli esordi, dal suo agente e segretario particolare
Amedeo Grossi. La vita privata di Gigli fu molto travagliata. Il 4 ottobre 1915
sposò Costanza Cerroni e dal matrimonio nacquero i due figli, Rina nel 1916,
futuro soprano, ed Enzo nel 1919. Nel 1932 incontrò Lucia Vigarani, con la
quale ebbe una relazione segreta dalla quale nacquero tre figli: Giovanni nel
1940, Gloria nel 1942 e Maria Pia nel 1944. Gigli rendendosi conto della
immoralità della propria condizione si recò presso Padre Pio da
Pietrelcina per un consiglio, il famoso frate gli ingiunse di troncare
drasticamente ogni relazione extraconiugale, poi raccomandò che la carità si
esercitasse anche con i figli naturali, che in effetti ebbero la loro parte di
eredità.
Si spense all'età di sessantasette anni a Roma, stroncato da un
arresto cardiaco, e riposa nella tomba di famiglia a Recanati. La voce umana è
il più difficile di tutti gli strumenti ma anche il più bello, e quella di
Beniamino Gigli fu un regalo della natura, musicale, morbida, dotata di grandi
armonici naturali; senza alcun dubbio si può affermare che è una delle più
incantevoli voci tenorili, dalla musicalità eccezionale e fraseggio ricco. Le
sue corde vocali e la tecnica di respiro erano in perfetto equilibrio, la sua
voce era estremamente forte, tanto da riuscire a cantare per ore senza intervallo.
Se all'inizio era lirica e dolce, con il tempo mutò verso una direzione
drammatica, e la custodì gelosamente, non cantò mai ruoli che superavano le sue
capacità vocali.
Il critico Angelo Squerzi racchiude in poche parole la
grandezza di Gigli: "È il suono tenorile più bello in assoluto del secolo..., così,
se mai li udremo, canteranno gli angeli, anzi i cherubini e i serafini". È difficile
esprimere a parole l'arte di questo grande tenore che, acuto dopo acuto, ha
riempito l'intimo del cuore di ogni spettatore, arrivando diritto nell'anima
come una gioia ardente, come una primavera irrequieta portatrice di vita. Il suo
canto risuona su questa terra nuda, si innalza verso il cielo e mira in ogni
direzione, perdendosi fra le stelle. Le voci dei grandi protagonisti dell'opera
lirica scorrono in quel fiume chiamato eternità.
Antonella Gallicchio
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