La Gioconda di Ponchielli. L'amore è
vita, ma c'è chi per amore muore
«Ombre
di mia prosàpia, non arrossite ancor! Tutto la morte vendica, anche il tradito
amor!». È su queste tenebrose e scure parole che si innalza uno dei motivi
musicali classici più belli e celebri al mondo: la Danza delle Ore, il ritmo che Amilcare Ponchielli
(Paderno Fasolaro, 31 agosto 1834 - Milano, 16 gennaio 1886) compose sul finire dell'Ottocento e che, su libretto di Arrigo Boito
(firmato sotto lo pseudonimo e anagramma di Tobia Gorrio), firmò come una delle
opere maggiormente rappresentate nei più prestigiosi teatri internazionali: La Gioconda.
Il
lavoro procedeva a rilento per via delle perplessità del musicista nei
confronti della drammaturgia di Boito, incline a privilegiare il realismo
drammatico a scapito di quella concezione lirica di impronta donizettiana. L'opera
debuttò al Teatro alla Scala di Milano l'8 aprile 1876. Sul podio salì Franco
Faccio, il più celebre direttore d'orchestra italiano di quegli anni. Si tratta
sicuramente dell'opera più tormentata e ambiziosa di Ponchielli, che si preoccupava
dell'effetto che avrebbe avuto sul pubblico, una platea in bilico tra la voglia
di rinnovamento e l'attaccamento alle tradizioni operistiche.
L'opera ottenne
un vivo successo ma lo spettacolo fu giudicato troppo lungo, il pubblico,
infatti, applaudì i primi due atti più degli ultimi due, destinati nel tempo a
diventare quelli di maggior successo. Nonostante tale affermazione, Ponchielli
decise di apportare alcune modifiche alla partitura e venne poi data alla
Fenice di Venezia e a Roma; successivamente lo stesso volle revisionare ancora
una volta la partitura, riscrivendo in pratica gran parte del terzo atto.
L'opera fu ripresa dapprima a Genova e infine nuovamente alla Scala; da
allora è una delle opere più amate dal grande pubblico.
La scena si apre sul
cortile di Palazzo Ducale a Venezia. Il popolo è in festa e attende la grande
regata, mentre un uomo, Barnaba, spia del Consiglio dei Dieci e si guarda
intorno.Arriva Gioconda con la madre cieca e si avvia in cerca dell'amato Enzo,
ma Barnaba la ferma e le dichiara il suo amore. La giovane fugge. ll
popolo esalta il vincitore della regata e beffa lo sconfitto; allora Barnaba
accusa la madre della giovane di aver gettato il malocchio sulla sua barca,
così tutti si scagliano contro la poveretta. Gioconda con Enzo tenta di sottrarre
la Cieca alla
furia popolare e mentre Enzo corre in cerca d'aiuto, il tumulto attira
l'attenzione di Alvise Badoero che appare sull'alto della scala dei Giganti
accompagnato dalla moglie Laura che intercede per la Cieca.
La cieca offre a
Laura il suo rosario. Laura è segretamente innamorata di Enzo. Barnaba, che ha
osservato il turbamento di Laura e Enzo, si avvicina a quest'ultimo e lo
provoca dicendogli di sapere che egli non è chi vuol fare credere, ma il
proscritto Grimaldo principe di Santa Flora, innamorato di Laura, andata contro
la sua volontà a nozze con Alvise. Barnaba si offre di condurre durante la
notte Laura sul vascello di Enzo. Barnaba rivela di essere il possente demone
del Consiglio dei Dieci e di voler spezzare il cuore di Gioconda facendo di
Enzo un traditore. Enzo attenderà nella notte Laura, mentre il perfido Barnaba
detta una lettera da recapitare ad Alvise.Gioconda, nascosta fugge sconvolta. Enzo
intanto, rimasto solo nella notte stellata, accoglie Laura sulla barca, le
comunica che salperanno al tramonto della luna. Laura rivolge una preghiera
alla Vergine dei Marinai.
Frattanto Gioconda, che si era nascosta a bordo,
affronta la rivale armata di un pugnale, all'improvviso una barca avanza
e a bordo si trova Alvise Badoero con gli armati della Repubblica. Gioconda
riconosce nella donna colei che ha salvato sua madre, decide allora di darle la
sua maschera e farla fuggire. Badoero pensa alla vendetta: Laura deve morire,
perciò le dà un'ampolla di veleno che la donna dovrà bere prima che abbia
termine il canto che risuona nelle stanze del palazzo in festa. Gioconda si
intrufola nella stanza e porge a Laura una fiala di narcotico che ella dovrà
bere per simulare la morte. Terminate le danze Enzo, disperato alla notizia
della morte di Laura, si fa largo fra gli ospiti e confessa di essere il
proscritto amato da Laura. Badoero lo condanna a morte e lo affida a Barnaba
per l'esecuzione.
Gioconda promette a Barnaba il suo corpo in cambio della
salvezza del suo amato. I cantori amici di Gioconda portano Laura addormentata.
Ha perso la madre, ha perso l'amore di Enzo. Gioconda svela a Enzo che Laura
non è morta e gli amanti sono riuniti. Prega Dio che allontani il demonio e si
decide a fuggire, quando Barnaba l'arresta sulla soglia rammentandole il loro
accordo. Gioconda acconsente e, dopo avergli fatto credere di voler essere
ancora più bella per lui, indossa i vestiti di scena ed al culmine
dell'esaltazione si trafigge col pugnale. Barnaba, perfido fino alla fine, si
china sul cadavere e grida: "Ier tua madre m'ha offeso! Io l'ho
affogata!", poi fugge.
Ispirata al dramma Angelo, tiranno di Padova, di Victor Hugo, che ha luogo nella
Venezia del Seicento, La
Gioconda è spiccatamente romantica, sottolinea le grandi passioni
che scuotono i personaggi. Amore e morte non sono mai stati così vicini come in
quest'opera straordinaria che narra una complicata storia di amore e
tradimenti. La protagonista è divisa tra l'amore non corrisposto per Enzo
che arriverà persino a minacciarla di morte, quello per sua madre, cieca e sin
dall'inizio vittima della malvagità di Barnaba, il sentimento di odio nei
confronti della rivale Laura, che poi deciderà di proteggere. Morire persuasi
che un siffatto viaggio sia migliore della vita. L'amore è vita, ma c'è chi per
amore muore.
Antonella
Gallicchio
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