Lirica: la Bohème di Puccini, sulle ali di un'autentica
poesia scritta sul pentagramma
L'opera lirica
dispone la mente e il cuore all'abbandono della quotidianità, apre la
percezione e l'attenzione della psiche a tuffarsi in una storia che, nata in un
determinato periodo storico, va nell'intimo specifico dei
"personaggi", mentre vivono situazioni e sentimenti. L'ascoltatore se
ne sente avvolto e trascinato, oltre che emotivamente coinvolto. Da oltre cento
anni "La bohème" attrae il pubblico di tutti i teatri del
mondo, la sua storia è affascinante e la melodia indefinibile. È un'opera lirica in quattro quadri di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, ispirata al romanzo di
Henri Murger Scènes de la vie
de Bohème e rappresentata
per la prima volta il 1° febbraio 1896, al
Teatro Regio di Torino, diretta dal ventinovenne maestro Arturo
Toscanini.
Si
racconta la vita e l'amore di quattro giovani artisti poveri, nel 1830. Mancano
i soldi, spesso si digiuna, ma la giovinezza aiuta a superare molti ostacoli.
Nell'opera si intrecciano le storie amorose di Marcello e Musetta, di Rodolfo e
Mimì, che si concludono con la morte di quest'ultima. E' la vigilia di Natale.
Il pittore Marcello sta dipingendo il Mar Rosso e il poeta Rodolfo tenta di
scaldarsi con la fiamma di un caminetto.
Arriva il filosofo Colline e si unisce agli amici, seguito dal musicista
Schaunard che entra felice con un cesto pieno di cibo e con la notizia di aver
finalmente guadagnato qualche soldo. I festeggiamenti sono interrotti
dall'inaspettata visita di Benoit, il padrone di casa venuto a reclamare
l'affitto, che però viene liquidato con uno stratagemma.
È quasi sera e i quattro
bohémiens decidono di andare al caffè di Momus. Rodolfo si attarda un po' in
casa, rimane solo e sente bussare alla porta. È Mimì, la giovane vicina di casa.
Il suo lume si è spento e cerca una candela per poterlo riaccendere. Una volta
riacceso il lume, la ragazza si sente male: è il primo sintomo della tisi.
Quindi fa per andarsene, quando si accorge di aver perso la chiave della
stanza: inginocchiati sul pavimento, al buio
i due ragazzi iniziano a cercarla. Rodolfo la trova per primo e la
nasconde in una tasca. Quando la sua mano incontra quella di Mimi (il giovane
canterà "Che gelida manina"), il poeta le dichiara il suo amore e
chiede alla fanciulla di parlargli di lei. Mimì gli confida d'essere una
giovane ricamatrice e di vivere sola, facendo fiori finti. Rodolfo e Mimi raggiungono gli altri
bohémiens. Il poeta presenta la nuova arrivata agli amici e le regala una
cuffietta rosa. Al caffè si presenta anche Musetta, una vecchia fiamma di
Marcello, che lo ha lasciato per tentare nuove avventure, accompagnata dal
vecchio e ricco Alcindoro. Riconosciuto Marcello, Musetta fa di tutto per
attirare la sua attenzione, esibendosi, facendo scenate e infine cogliendo al
volo un pretesto per scoprirsi la caviglia. Marcello non può resisterle e i due
amanti fuggono insieme agli altri amici, lasciando al ricco amante di Musetta
il conto da pagare.
Siamo ormai giunti nel mese di febbraio, nevica, la vita in
comune si è rivelata ben presto impossibile: le scene di gelosia fra Marcello e
Musetta sono ormai continue, come pure i litigi e le incomprensioni fra Rodolfo
e Mimì, accusata di leggerezza e di infedeltà. Per di più, Rodolfo ha capito
che Mimì è gravemente malata e che la vita nella soffitta potrebbe
pregiudicarne ancor più la salute; i due vorrebbero separarsi, ma lo struggente
rimpianto delle ore felici trascorse insieme li spinge a rinviare l'addio alla
primavera. Ormai separati da Musetta e Mimì, Marcello e Rodolfo si confidano le
pene d'amore. All'improvviso sopraggiunge Musetta, che accompagna Mimì, ormai
giunta alla fine, in quella soffitta che vide il suo primo incontro con
Rodolfo. Qui, ricordando con infinita tenerezza i giorni del loro amore, Mimì
si spegne dolcemente circondata dal calore degli amici e dell'amato Rodolfo.
Nel
1956 il maestro Igor Stravinskij (1882-1971) disse: «Più
invecchio, più mi convinco che La bohème è un capolavoro e che adoro
Puccini, il quale mi sembra sempre più bello». La storia dei bohémiens che affrontano fame e
freddo con il sorriso e con la
spensieratezza della loro verde età è una rappresentazione metaforica della
giovinezza, ma la sua allegria è stata distrutta dalla durezza della vita. Sulle ali di un'autentica poesia
scritta sul pentagramma, lo "spettatore" lascia la recita e s'addentra con l'anima
nell'opera, come fosse egli stesso un personaggio di essa e ne rimane
affascinato. Il suo animo trema di forti emozioni scaturite da testi, musiche e
ugole d'oro, rompe ogni indugio e gioisce interiormente, all'improvviso pervaso
da un senso di rilassamento e serenità.
Antonella Gallicchio
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