Lirica: "Pagliacci" di Leoncavallo. Il tradimento
appartiene all'amore come il giorno alla notte
Ruggero
Leoncavallo (Napoli 1857 - Montecatini 1919) era artista nato,
spirito lirico, anima melodica e drammatica. La sua melodia scaturiva dal tumulto
sonoro della sua anima, aveva i caratteri fermi e inimitabili delle cose belle.
Pagliacci è stata rappresentata per la prima volta al
Teatro del Verme, a Milano, il 21 maggio del 1882, sotto la direzione di Arturo
Toscanini. È una delle opere più apprezzate dal pubblico.
A Pagliacci è legata la voce di Enrico Caruso che,
incidendo l'aria Vesti
la giubba, è stato il primo artista a vendere più di un milione di
copie nel mondo musicale. Opera in due atti, breve ma molto intensa, è basata su un fatto realmente accaduto in un
paesino della Calabria, all'epoca in cui Leoncavallo era bambino. È un'opera dalle tinte molto forti e dai contorni tragici, incorniciata
nella spensierata vita di un tranquillo paese calabrese in pieno Ottocento.
Da un lato vi è la contentezza degli abitanti all'arrivo della compagnia
teatrale, dall' altro vi è la tragicità degli eventi successivi.
Canio è un
pagliaccio. Lui e la sua compagnia arrivano nel
piccolo centro del Sud Italia, Montalto Uffugo in provincia di Cosenza,
per inscenare una commedia. Nedda, moglie di Canio si innamora di
Silvio, un contadino
del luogo. Tonio, che ama Nedda, viene da lei respinto e per vendicarsi
riferisce
al marito del tradimento. Canio scopre i due amanti che si promettono
amore, ma
Silvio fugge senza che Canio riesca a vedere il suo volto. Il marito
vorrebbe
scagliarsi contro la moglie, ma arriva uno degli attori ad annunciare
l'inizio
della commedia. Canio non può fare altro, nonostante il suo turbamento,
che
truccarsi e prepararsi per la recita che lo vede nel ruolo di Pagliaccio
(appunto,
un marito tradito dalla sposa Colombina). Realtà e finzione finiscono
col
confondersi e Canio, nascondendosi dietro il suo personaggio, rinfaccia a
Nedda
la sua ingratitudine e, mentre la tratta duramente, le dice che il suo
amore è
ormai mutato in odio. Di fronte al rifiuto di Nedda di rivelare il nome
del suo
amante, Canio uccide lei e Silvio accorso per soccorrerla. Tonio è
inorridito, ma
non interviene e gli spettatori, comprendendo troppo tardi che ciò che
stanno
vedendo non è più finzione, cercano invano di fermare Canio. Questi, a
delitto
compiuto, esclama beffardo: "La commedia è finita!".
La gelosia è
da sempre
il male più grande dell'amore, il sentirsi traditi provoca nell'animo
umano le
sensazioni più dolorose. Non si dà amore senza la possibilità di
tradimento,
solo chi amiamo ci può tradire perché su di loro un giorno abbiamo
investito il
nostro sentimento. Il tradimento appartiene all'amore come il giorno
appartiene
alla notte. L'amore è seduzione, mistero, è una fiamma sempre viva che
arde, è luce nella nostra vita, che ci dà la forza di avanzare, sempre,
verso
i nostri obiettivi. Amore, passione, gelosia e morte si trasformano in
un dolce
canto, mentre le sue note corrono su un pentagramma. Questa è l'opera
lirica.
Antonella Gallicchio
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