Tursi – Per il caporalmaggiore scelto dell’Esercito Giacomo Liguori i compaesani hanno unanimi sentimenti di orgoglio, soddisfazione e gratitudine. Se molti avevano tentato invano di seguirlo in diretta televisiva, ieri sera si è realizzato un piccolo evento del tutto straordinario di visone collettiva dei telegiornali nazionali pubblici e privati. In particolare, dopo l’eccezionale doppio collegamento realizzato da Italia Uno - Studio Aperto con il ventisettenne tursitano e la casa dei genitori del rione Petto, sotto la Rabatana, l’intera cittadinanza si è incollata davanti ai televisori per seguire i resoconti giornalistici dello storico incontro di calcio dallo stadio di Kabul, facendo lo zapping per individuare i servizi. Bar pieni e strade deserte, e commenti fluviali in ogni dove anche per tutta la giornata successiva, arricchita da personali annotazioni o interpretazioni del fatto, quasi a rinverdire esperienze di fine anni Cinquanta, con il piccolo grande eroe televisivo del posto come star di richiamo, per un successo annunciato e poi concretizzatosi sulla ribalta mondiale. “Tursi è sulla scena internazionale per un evento positivo e il giovane protagonista è per tutti un bravissimo ragazzo”, questo il ritornello unanime ed ininterrotto. Sorrisi, urla e abbracci quasi in tutte le case, ma anche silenzio, incredulità, stupore e ammirazione, per questo unico atleta militare italiano chiamato a far parte dell’Isaf, la squadra del contingente multinazionale europeo di pace in Afghanistan, che ha sfidato nella “partita dell’unità” la rappresentativa locale del Kabul United risultata soccombente per 3 a1 e con lo strepitoso gol in area del ritrovato pareggio proprio di “Giacomino”. L’interesse genuino manifestato dall’opinione pubblica ha le sembianze clamorose di un eccezionale trionfo emotivo collettivo, a tratti pure di commozione. Soprattutto tra i familiari che hanno ricevuto tantissime telefonate di congratulazioni e di richieste di notizie dai media, con prenotazioni di ulteriori approfondimenti al rientro dal Paese asiatico dell’ormai più famoso calciatore tursitano. Emozione sentita profondamente dai familiari riuniti, il padre Antonio, 75 anni, bidello scolastico in pensione, la madre Filomena, 65, con acciacchi di salute e amorevolmente assistita dalla ragioniera Monia e dall’elettricista Emanuele, i figli più giovani, insieme agli altri sposati Domenico, geologo, e Teresa, casalinga, tutti rimasti nell’amato Paese, mentre in contatto telefonico si scambiavano commenti affettuosi con la famiglia di Antonietta, ristoratrice a Teana (Pz), e con Michele, che gestisce un ristorante a Genova, Daniele, addetto alla distribuzione di farmaci a Milano, Adriano, laureato in economia e commercio e già impiegato in un’azienda di Genova. A loro bisognerebbe aggiungere la folta schiera di zii e cugini, tra le famiglie più numerose di sempre, tutti a gioire di tanta improvvisa notorietà, subito ricomposta in un alveo di riconsiderazioni realistiche dell’accaduto, come ci tengono a rimarcare. “Perché noi familiari viviamo non solo la gloria, ma anche il rovescio quotidiano della medaglia, con ansia e stress, apprensione e preoccupazione, appena mitigati dal carattere di Giacomo, riservato e fiero di quello che fa, molto scrupoloso e responsabile. Mai però ci si può abituare a tutto questo, anche se è alla quarta missione di pace all’estero da volontario. L’ultima partenza di metà gennaio è stata molto diversa e noi insieme a lui lo avvertivamo chiaramente. Insomma, siamo orgogliosi e timorosi al contempo, ma confidiamo che tutto vada bene, come lui ci rassicura con la telefonata settimanale”. Anche il ritorno, ne siamo certi, sarà diverso. Un intero paese vuole fargli festa.
Salvatore Verde
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