INTERVISTA
A SALVATORE CAPUTO, PER DUE VOLTE SINDACO DI TURSI, dal 1985 al 1987 e dal 2002 al 2007
Un
accenno biografico.
Ho
63 anni, essendo nato nel 1948 a Tursi, dove vivo da sempre. Sposato, con due
figli, entrambi laureati. Per quarant'anni ho fatto l'infermiere professionale nell'ospedale
di Policoro, dove ho avuto il pregio di fare il primo ricovero. All'epoca
suscitò scalpore la presenza di un infermiere a Tursi, ma oggi sono numerosi i colleghi,
soprattutto giovani. Ci tengo a dire che, io ero un insegnante, ma in
quegl'anni era difficile entrare nel mondo della scuola e quindi la professione
di infermiere fu quasi un ripiego, che tuttavia mi ha dato tante soddisfazioni
e gratificazioni. Da qualche anno sono in pensione.
Come
è iniziata la sua carriera politica?
Parlare
di carriera mi sembra eccessivo e mi viene quasi da sorridere, perché non credo
sia giusto parlare di carrierismo. Penso che ognuno di noi, in un determinato
memento della sua vita, si voglia mettere in discussione e dedicare un po' del
suo tempo al bene della collettività. Quindi, penso sia più giusto parlare di
parentesi che si dedica all'arte dell'amministrare una collettività. Tuttavia,
io sono uno dei pochi che da oltre trent'anni ininterrottamente ha preso parte
alla vita politica tursitana, offrendo la mia professionalità o la mia
dedizione.
La mia esperienza è iniziata quasi per caso. Fui coinvolto dalla
famiglia De Santis a far parte del Psdi,
il Partito Socialdemocratico, nel 1978, quando giovanissimo mi candidai, fui
eletto e divenni subito assessore. Da qui iniziò il mio cammino, che ha avuto
la sua quasi consacrazione con il terremoto del 1980. Proprio nella fase
successiva al tragico evento mi misi in mostra per il mio dinamismo, e la
cittadinanza ebbe modo di conoscere meglio la mia figura. In quell'anno divenni
Presidente della Comunità Montana Basso Sinni e, se pur molto breve, fu anche quella
un'esperienza esaltante. Ma l'amministrazione cadde e anch'io fui costretto a
lasciare la Presidenza, perché il requisito essenziale era che a guidare l'ente
comunitario fosse un consigliere comunale.
Questa avventura durò circa due anni
ma poi dovetti lasciare. La mia fortuna politica posso dire che iniziò qui,
visto che nella tornata elettorale successiva, fui rieletto raddoppiando i
consensi, divenendo anche segretario del partito. Nel 1985 divenni sindaco per
la prima volta, ma secondo un accordo che c'era tra la Dc ed il mio partito, la
carica di sindaco andava divisa due anni per ciascuno e così nel 1987, passai
la mano all'esponente democristiano. Il mio fu un mandato sorprendente, vista
l'instabilità che caratterizzava i mandati in quegl'anni, causata anche del
sistema proporzionale, perché fu tra i più duraturi e di questo ne sono fiero.
Nel corso degl'anni che precedettero la mia seconda elezione a sindaco,
continuai a fare il consigliere, il capogruppo e l'assessore in molte
occasioni. Nel 2002 il sistema elettorale mutò da proporzionale a maggioritario
e con l'elezione diretta del sindaco. Mi candidai e vinsi, allora ero in Forza
Italia, al quale aderii dopo un periodo di riflessione dovuto alla crisi dei
partiti dopo l'esplosione di ‘Tangentopoli'.
Portai a termine il mandato quinquennale,
con risultati importanti e conservando un ricordo bello ed esaltante di quegli
anni, anche perché la nostra era più di una coalizione politica, anzi, posso
dire senza esagerare che eravamo una grande famiglia. Al termine dei cinque
anni, non riuscii a riconfermami per una manciata di voti e feci il consigliere
di minoranza fino alla caduta del mio successore avvenuta nel 2009. Nelle
successive elezioni, non mi sono ricandidato, iniziando una nuova fase della
mia vita, di politico ma non di amministratore, avendo avviato una parentesi di
riflessione, dopo anni in prima linea.
Quali
differenze ha notato tra il primo ed il secondo mandato?
Questa
domanda è molto interessante e la prima cosa che mi viene subito in mente
ricordare, è la differenza di elezione del sindaco, dal sistema proporzionale al
maggioritario. Questo ha portato a una migliore stabilità dell'amministrazione,
visto che gli equilibri in consiglio erano meno precari e meno influenzati dai
partiti stessi. Inoltre, le responsabilità, soprattutto quelle amministrative,
erano tutte del sindaco. Non a caso, nel corso di quei due anni, dal 1985 al
1987, trovai ed ebbi a mio carico circa venti processi penali, dai quali fui
sempre assolto. Bastava poco per finire sotto processo: anche una delibera di
giunta era sottoposta alla lente di controllo di organi superiori. La giunta
comunale, inoltre, aveva poteri limitati. Erano sistemi diversi rispetto a
quelli attuali, con maggiori controlli che tuttavia limitavano l'attività
dell'amministrazione. Il sindaco aveva responsabilità dirette e rispondeva in
prima persona, civilmente e penalmente davanti ai giudici.
Quali
opere sono state realizzate durante i suoi due mandati?
Ricordo
il primo discorso sul recupero del convento di San Francesco, sottoscrivendo
una convenzione con l'allora rettore dell'Università degli studi della Basilicata Cosimo Damiano Fonseca, per
realizzare un centro studi sulla civiltà mediterranea. Inoltre, realizzammo l'attuale
ufficio postale, senza dimenticare il fattore ambiente. Ricordo che appena
insediato, al secondo giorno, ricevetti una comunicazione giudiziaria per la
presenza di una discarica a cielo aperto nella strada che porta al cimitero.
Nel mentre affrontai il processo, mi attivai affinché il nostro territorio
fosse munito di una discarica a norma. Cosi, avendo la fortuna di essere amico
fraterno del cav. Nicola Montesano, sinbdaco di Policoro, decidemmo di realizzare
una discarica intercomunale nella cosiddetta Variante per la raccolta dei
rifiuti.
Fui definito dall'opinione pubblica e dall'opposizione, il "sindaco
della monnezza", ma nel frattempo avviai un progetto di compostaggio dei
rifiuti, in modo che questi siano una risorsa e non un peso per la comunità.
Resta un fatto però: per circa vent'anni Tursi ha usufruito di una discarica
sua, che ha portato nelle casse comunali circa un miliardo e settecento milioni
di lire annui. Quando ritornai ad amministrare nel 2002, mi ritrovai con un
decreto della Regione Basilicata che mi chiudeva la discarica nell'estate dello
stesso anno, a conferma di quello che scherzosamente definisco, ossia che io
con i rifiuti non ho mai avuto fortuna. Ritornando alle opere realizzate nel
corso dei due mandati, voglio ricordare l'individuazione sul finire
degl'anni '80, dell'area di
realizzazione del nuovo campo sportivo, che poi io stesso ho inaugurato nel
secondo mandato, dopo 17 anni.
Realizzammo la zona PIP, che sollevò anche delle
polemiche e che io rimisi in sesto nel secondo mandato, riqualificando
l'illuminazione stradale e la realizzazione dei primi capannoni industriali. Da
sottolineare anche il fatto che, dopo anni, diedi l'incarico a un architetto
per rimuovere il vincolo di posto in essere in Rabatana nel 1972, relativo al
decreto di trasferimento dei rioni Petto e Rabatana, per ragioni di dissesto
idrogeologico. Queste sono solo alcune delle cose che ho avuto il piacere di
avviare o realizzare, senza dimenticare le opere di gestione ordinaria. Quello
che io voglio mettere in evidenza, però, non è tanto quanto è stato realizzato
in forma di opere pubbliche e materiali, quanto l'abilità di amministrare il
quotidiano nella cittadinanza, senza dimenticare la qualità che viene offerta
al cittadino, perché a mio parere, è più importante la qualità che la quantità
che un'amministrazione sa dare alla collettività. La passione, l'impegno e la
coscienza sono le cose più importanti.
Cosa
ha lasciato il suo mandato alla collettività? Cambierebbe qualcosa nel suo
operato?
Io
non so cosa ha lasciato alla città, ma so cosa ho lasciato io e spero che
l'opinione pubblica se ne renda conto, solo per una questione di gratificazione
personale. Di una cosa sono certo: ho dato in questi anni impegno, pragmatismo,
disponibilità, senza mai tradire il mio carattere, che è poi la
rappresentazione di quello di ogni tursitano: irruento, sanguigno, impulsivo e
con una grande voglia di fare. A tratti, come dice qualcuno, anche di strafare.
Più che le opere mi interessa aver il segnale che il sindaco è un cittadino
come gli altri e non un'entità superiore, qualcosa di lontano ed
irraggiungibile. Del mio operato non cambierei nulla, quindi, anche perché con
il senno di poi è troppo facile dire cosa era giusto o sbagliato fare. Alle
volte, però, avrei voluto essere più furbo ed ipocrita, per evitare di mettermi
contro tutto e tutti, ma non ci riesco. E di questo non sono affatto pentito,
perché preferisco essere me stesso.
Quali
sono le ragioni del suo percorso politico molto movimentato, visti i suoi
trascorsi socialisti, in Forza Italia, nella Lega Nord ed ora nel Partito
democratico?
Finalmente
mi viene data la possibilità di chiarire questa fase della mia vita politica,
che da molti è stata manipolata, scatenando troppe polemiche, troppi abusi e
troppe falsità. Io sono stato sempre un socialista convinto, con gli ideali
socialisti, con un orientamento politico stabile. Nel 1992, la bufera scatenata
da Tangentopoli, portò alla cancellazione dei partiti di quegli anni e cosi mi
ritrovai in una fase di riflessione, che venne attirata dalla scesa in campo di
Silvio Berlusconi. Raccogliendo il malcontento degli ex socialisti e
democristiani, egli fondò il suo partito dando un'impressione di cambiamento al
quale io credetti. Cosi alla tornata elettorale del 2002 mi candidai sotto lo
stemma di Forza Italia.
Tuttavia nel 2004 ci fu lo scandalo scorie, con
l'individuazione del sito unico a Scanzano Jonico, firmato proprio dal governo
Berlusconi. Quasi tradito, io come altri sindaci della zona appartenenti a
Forza Italia ci siamo autosospesi dal partito in segno di protesta. Quando il
decreto scorie è stato ritirato, mi ritrovai al centro di una disputa molto
accesa, soprattutto dovuta al fatto che alle elezioni per il Parlamento, mi
candidai con l'MPA, nonostante che tutti ricordino solo lo stemma leghista (MPA
e Lega Nord si presentarono insieme, ndr), una nuova compagine politica facente
capo a Raffaele Lombardo. Quello che sembrava essere un partito che voleva
reincarnare gli ideali leghisti per favorire il nostro Sud, si rivelò un fuoco
di paglia, fermatosi solo alla Sicilia.
Al contempo nacque il Partito
Democratico ed io non rivedendomi più nella collocazione di Lombardo, mi
candidai alle primarie del Pd e venni eletto. Questo è stato il mio iter, senza
favoritismi e senza ricevere nulla in cambio. Anzi. Il fatto di essere
stritolato nella morsa di destra e sinistra mi è costata la rielezione nel 2007
alla carica di sindaco. Tuttavia, pur
non condividendo appieno le strategie a livello nazionale, credo molto nel
Partito Democratico, in quanto soggetto riformista ed innovatore, e spero di
concludere la mia esistenza in esso. Quello che fa più male è che di trasformismi
la politica è piena e i cambi di casacca sono all'ordine del giorno, senza che
nessuno batta ciglio. A me personalmente, invece, è stato mosso un attacco duro
ed ingiusto.
Si
poteva fare di più per Tursi in questi anni?
Critiche
non ne voglio fare a nessuno, perché siamo in un momento delicato e solo il
tempo ci dirà cosa è stato giusto o sbagliato. Più che fare critiche,
soprattutto in assenza del diretto interessato, non ha senso. Aspettiamo,
lasciamo operare tutti e poi.... ai posteri l'ardua sentenza, come si dice.
Dopo
i due incarichi amministrativi, lei si è quasi eclissato perché?
Non
mi sono eclissato dalla vita politica. Sono un attivista del mio partito e
sembrerà strano ma anche ora sto facendo politica, mentre converso con lei. C'è
dunque una differenza tra amministrare e fare politica. Attualmente è vero che
non amministro, ma manifestando il mio pensiero, faccio politica. Si può fare
politica in mille modi diversi insomma. L'importante è sentirselo dentro e non
improvvisare, come spesso accade oggi.
Per
concludere, mi permetto di chiederle perché, molto spesso, nonostante quello
che lei dice di aver ha fatto per la collettività, a nominarla sembra che si evochi
"l'uomo nero della politica tursitana".
Quando
si sta in mezzo alla gente, il sindaco si deve porre allo stesso livello di
qualsiasi cittadino e, pertanto, se è palese mandarti a quel paese se
necessario, io lo faccio senza remore. Perché ritengo che siamo tutti uguali,
ma molti non la pensano cosi. Ma il problema sostanziale di tutto questo
rancore, anche astio, non è solo nei miei confronti, ma verso ogni compaesano
che cerca di fare qualcosa. Come dice un nostro vecchio detto: "da vivo non ti
possono vedere, da morto ti piangono...".
E' tipico, nel dna tursitano, che se viene nel
nostro territorio o telefona a casa nostra il parlamentare, l'onorevole di
turno, noi ci prostriamo al suo cospetto, mentre se la medesima iniziativa
viene intrapresa da un concittadino, questi è vittima di indifferenza, quasi
come se scocciasse, e l'invidia aggrava il tutto. Basti pensare che io ho
subito addirittura un intero comizio per me denigratorio, il 13 luglio del
2008, in cui veniva insinuato che il sottoscritto avesse fatto il nababbo
durante il suo mandato. Questi atteggiamenti, queste esternazioni, spingono
l'opinione pubblica a formulare conclusioni che ben poco hanno di ortodosso e
ammirevole. Quindi, non è solo una
questione mia, in quanto Salvatore Caputo, ma una situazione comune di
qualsiasi tursitano che ha dedicato un pezzo della propria vita alla
collettività.
Salvatore Cesareo
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