INTERVISTA A VINCENZO
DI GIURA, SINDACO DI TURSI dal 14/12/1971 al
26/05/75
Qualcosa
della sua biografia.
Nato
a Tursi nel 1940, sposato e padre di due figli. Dopo le Elementari ho frequentato
la scuola Media tra Tursi e Taranto, poi ho conseguito il diploma di ragioniere
nell'Istituto tecnico commerciale di Matera. Partito per il servizio militare,
a quei tempi obbligatorio, al mio rientro e fino all'età di 34 anni ho aiutato
mio padre nell'attività di famiglia, ossia nel mulino-panificio. Successivamente
ho vinto il concorso nella Cassa di Risparmio Calabria e Lucania di Tursi, lavorandoci
fino all'età della pensione.
La
sua attività politica?
Tutto
iniziò nel 1966, avevo già la tessera della Democrazia Cristiana, quando mi fu
data la possibilità di partecipare alla tornata amministrativa, dopo la caduta
della precedente amministrazione socialdemocratica retta dal sindaco Domenico
Basile. Ci presentammo di fronte gli elettori con una lista giovane, capeggiata
dal dottor Domenico Latrecchina e che includeva anche il dottor Salvatore Romano, il maestro Armando Di Noia, Pasquale
Calciano, i due Vincenzo Nigro e altri. Prendemmo
la maggioranza assoluta dei consensi, ma Latrecchina, pur essendo capo lista
non fece il sindaco, cedette il posto a Salvatore Romano, che rimase in carica
fino a quando vinse il concorso nell'Inps, dopo gli subentrò il maestro Di
Noia. Terminato il mandato, alle elezioni successive mi ricandidai, questa
volta come sindaco, appoggiato da un'altra lista giovane che conquistò di nuovo
la maggioranza assoluta dei consiglieri, ossia 11 su 20. Nella mia squadra
c'erano, tra gli altri, il professor Giuseppe Di Matteo, il professor Vincenzo
Cavallo, l'insegnante Maurizio Gallo e il tecnico Nicola Crispino. Rimasi in
carica fino a quando vinsi il concorso in banca, quando fui costretto a dimettermi per
incompatibilità e mi successe Vincenzo Cavallo. Successivamente,
nel 1985, mi candidai come consigliere e ottenni l'appoggio di tutta la
cittadinanza tanto da diventare assessore, con delega al Bilancio.
Qual'era
la situazione tursitana appena insediato?
Soprattutto nei piccoli comuni come il nostro, la
priorità era garantire quei servizi di prima necessità che mancavano, basti
pensare alla rete fognaria, all'acqua potabile, alla corrente elettrica. I miei
predecessori si prodigarono sicuramente per garantire questo alla cittadinanza
ed io, nel mio piccolo, cercai di proseguire con la ferma volontà di assicurare
una vita dignitosa a tutti, nei limiti delle mie responsabilità. Senza
dimenticare che, a livello economico, il comune, come tutto il Paese-Italia,
viveva un periodo di grande crisi, quindi ogni opera doveva essere fatta in
economia, senza chiedere aiuti. Questo incrementò e diffuse il fenomeno dell'emigrazione
e Tursi andò svuotandosi, con i giovani che vedevano nel nord, specialmente a
Genova (dopo gli anni 1950-60, ndr), l'isola felice che qui non poteva esserci.
Il
suo mandato, uno dei più lunghi a Tursi, cosa ha lasciato in dote alla
cittadinanza?
La
mia amministrazione ha sempre cercato di rendere la cittadina il più possibile
a misura d'uomo. Tra
le prime iniziative che adottammo, ci fu l'approvazione del piano di
fabbricazione, obbligatorio per legge in ogni comune. Per fare questo, abbiamo
prima ammodernato il canale Pescogrosso, che rappresentava un grosso limite
strutturale. Cosi, anche con l'aiuto del ministro Emilio Colombo, riuscimmo ad
ottenere l'incanalamento del torrente, sicuramente una conquista che mi
inorgoglisce. In seguito, realizzammo vari interventi nella pubblica
istruzione, come gli edifici scolastici a Santi Quaranta, destinati a ospitare
asilo e asilo nido. Altro provvedimento storico che venne preso, è stato sicuramente
il trasferimento del rione Rabatana, applicando la legge Zanardelli, in quanto
dotata di abitazioni malsane. Dopo questo atto, coraggioso per quegl'anni,
realizzammo l'attuale rione Santi Quaranta, zona 167. Senza dimenticare
l'agricoltura, il settore portante della nostra economia. Migliorammo la
viabilità di collegamento con le campagne, visto che la maggior parte delle
strade erano mulattiere e difficile da percorrere. Tutti questi interventi,
tengo a precisarlo, li abbiamo realizzati sempre in economia, senza fondi da
parte di nessun ente. A seguito di questo posso dire di aver dato il là a tante
opere che poi sono state completate sotto altre amministrazioni, come il campo
sportivo a Santi Quaranta e la
realizzazione della zona artigianale. Infine, mi piace ricordare che anche
nello sport Tursi riacquistò vigore ed importanza, visto che partecipammo anche
alla prima edizioni dei Giochi della Gioventù a Roma, ottenendo discreti
risultati soprattutto nel basket, grazie alla grande passione dell'intramontabile
professor Salvatore Martire.
Capisco
che sia stata un'esperienza intensa, entusiasmante e a stretto contatto con la
popolazione, ma c'e' qualcosa che non rifarebbe?
Sono
fiero di aver dato quasi dieci anni della mia vita per il bene della comunità e,
senza presunzione, posso dire che dedicando anima e corpo alla cosa pubblica,
riuscimmo a superare le mille difficoltà che incontravamo, senza l'aiuto di
finanziamenti pubblici o di compensi per l'operato che tu svolgevi. Oggi è
tutto diverso e per questo la politica viene così mal vista da più parti. L'unico
"neo" del quale mi posso pentire, riguarda il rione Europa o Piana, precisando però
che, quando iniziai il mio mandato, i suoli erano già stati assegnati; la cosa
più grave è che tali lotti erano stati venduti così come sono stati edificati
in quella zona, e poiché la maggior parte di chi acquistò lavorava fuori Tursi,
soprattutto a Genova o in Svizzera come operai, e i pochi risparmi che
riuscivano a racimolare, li investivano per realizzare la loro casa, così non
me la sentii, soprattutto a livello umano,
di bloccare la fabbricazione di quella zona, pur sapendo i disagi che ci
sarebbero stati.
Dopo
il mandato amministrativo, lei è stato anche consigliere provinciale, ma poi si
e' quasi eclissato dalla scena politica, perché?
Mi
sono ritirato perché non mi ritrovo più in questo modo di far politica. La
politica per me è passione, dedizione e attaccamento alla cosa pubblica. Oggi
invece ci sono troppo interessi economici e poca attenzione verso i problemi
della collettività. In compenso posso dire di essere fiero di quello che ho
fatto per il mio paese e per la mia gente, sapendo di avere la coscienza
apposto.
Salvatore
Cesareo
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