Tursi - Inedita tenzone tra
sacro e profano, sorta di Peppone e don Camillo in salsa tursitana. La prosa
guareschiana, però, mal si amalgama con la poesia pierriana e il furore della
laicità paesana ha la meglio sulla ritualità religiosa, cristianamente
soccombente per desistenza. Si sa, Tursi
è sede di diocesi millenaria e le feste secolari sono sopravvissute, negli
ultimi anni con crescente partecipazione di popolo. Proprio una piazza che
adesso serve al sindaco, sempre più incerto sul da farsi dopo essere stato
azzoppato a marzo da nove consiglieri dimissionari su 16, ma rimasto in sella
con due provvedimenti provvisori del Tar per la Basilicata, almeno fino
al 20 novembre, quando è annunciata la sentenza definitiva (salvo rinvii e
altro ricorso al Consiglio di Stato).
Da mesi, dunque, primo cittadino e
maggioranza di centro-sinistra duellano contro i dimissionari, i quali
comiziano lasciando poco spazio alla ricchezza semantica e alla oralità
immaginativa dell'ars oratoria, si fa per dire. Quale occasione migliore, avrà
pensato il sindaco Antonio Guida con
gli assessori e i consiglieri amici, di intrufolarsi nel bel mezzo dei festeggiamenti
serali della Madonna delle Grazie, nella seconda domenica di luglio (ospite
concelebrante" mons. Rocco Talucci,
arcivescovo di Brindisi e Ostuni, già vescovo di Tursi-Lagonegro prima di mons.
Francescantonio Nolè, fuori sede). Detto
fatto e amministratori seduti in prima fila anche nella cattedrale per la santa
benedizione, quindi in processione e poi di corsa sul palco. Il comandante
incaricato della Polizia municipale, aveva trasformato il volere sindacale e
impartito formali disposizioni alla Chiesa locale nell'autorizzazione concessa,
scrivendo che "a fine processione si svolgerà il comizio del Sindaco e
dell'Amministrazione Comunale e al termine dello stesso seguirà intrattenimento
bandistico musicale" (della bande ferrandinesi "S. Santeramo" e "Città di
Ferrandina"). Nulla importava se la regolare richiesta del parroco don Battista Di Santo fosse stata già
acquisita.
Più che concerto, immediatamente annullato (benché pagato dagli
organizzatori), si è trattato di sconcerto collettivo, tra disappunto e rabbia
manifesta del comitato composto da Maria
Pia Gentile, Maria Maddalena Marzano, Maria Pina Spadafora e Francesco Ottomano, assieme
all'opinione pubblica sonnecchiosa, ma con smorfie, tutti a domandarsi come Totò: "Fin dove si vuole arrivare?".
Altrettanto infruttuosi i ripetuti incontri tra il parroco e alcuni
amministratori. Anzi, con candore disarmante il sindaco ha insistito di voler
incorniciare il suo comizio tra la processione e la musica. A quel punto, la
proverbiale diplomazia vaticana ha consigliato
il totale silenzio sulla vicenda, che pure costituisce un precedente
pericoloso, migliorabile in senso peggiorativo (si può replicare alla festa
della Madonna di Anglona o del patrono S. Filippo Neri oppure a Natale, il
massimo si otterrebbe durante la processione del Venerdì Santo, facendo
attendere, a prova di bestemmie, il fatidico incontro tra la Madre Addolorata e il Cristo).
Autorevoli fonti curiali parlano di reazioni ecclesiastiche contrariate
fino alla indignazione, non tanto per l'offesa ai fedeli e per l'anticlericale sgarbo
istituzionale subìto, quanto per la mancanza di consapevolezza manifestata. Non
è un caso, si fa notare nel vescovado, che durante il comizio nessuna parola di
scuse sia stata pronunciata. Anzi, di fronte a circa cinquecento persone, il
sindaco ha rivendicato: "Questa sera la musica e la sceneggiata la facciamo
noi, i veri protagonisti". A prescindere dai contenuti scagliati ad personam
dagli oratori, più che un insulto al buon senso l'episodio pare un grave sintomo
di debolezza e degrado morale dei tempi. Superabili, si spera.
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