"Il cavaliere Templare di Tursi" a Colobraro, lunedì 27 alle ore 18, con il sindaco Andrea Bernardo: "Il libro di Salvatore Verde è una utile opportunità per riflettere anche sul nostro legame con gli ordini monastico-cavallereschi"
Il libro di Salvatore Verde, "Il cavaliere Templare di Tursi"
(Edizioni Giuseppe Laterza, Bari, 2012, pp. 160), sarà presentato a Colobraro,
lunedì 27 agosto, alle ore 18, nell'auditorium dell'ex scuola media.
L'iniziativa culturale è organizzata dalla Biblioteca comunale, nella rassegna
dei "Lunedì Letterari". All'incontro con l'autore partecipa il
sindaco di Colobraro Andrea Bernardo, che afferma:
"L'appuntamento è utile per
riflettere anche sul possibile legame del nostro paese con gli ordini monastico-cavallereschi,
perché un indirizzo storiografico ne accredita lo sviluppo, se non le origini,
proprio all'epoca delle prime Crociate". In tal senso, lo storico locale
Vincenzo Crispino, riporta alcune notizie nel suo fondamentale "Colobraro. Un
paese, una storia, una cultura" (Casa editrice La Serenissima, Vicenza,
1998): "Monsignor Miele, invece, un dotto professore del seminario vescovile di
Tursi di qualche tempo fa divenuto in seguito vescovo di una diocesi siciliana,
fa risalire l'origine di Colobraro al periodo delle prime crociate,
attribuendola al barone Caffe, della terra di Caserta; questi, reduce
dall'Oriente, avrebbe dato al paese il nome del fedele scudiero Colubrano,
morto precipitando da uno scosceso pendio del castello".
In modo
curiosamente strano, ma con evidenti analogie nella struttura della narrazione,
i due nomi ricorrono ancora, sia pure in una diversa contestualizzazione
storico-temporale e interpretativa (tutta da verificare), avanzata nel 1800 dal medico colobrarese Vincenzo
Taralli, autore di un articolo ricavato da un documentazione datagli dal coevo
arciprete don Ottaviano Tripani. Si trattava di cinque fogli di Antonio
Tripani, vissuto nel XVIII secolo, scritti forse sulla base di memoriali dei
suoi antenati, e ritrovati in un pertugio sotterraneo del castello. Riporta
ancora Crispino: "La nascita dei
Colobraro deve essere arretrata all'anno 804, quando Antonio Caffo, segretario
del principe longobardo di Benevento, avendo reso fedele servizio al suo
signore, fu fatto barone di quella terra che lui volesse scegliere. Il barone
si mise in cammino per trovare la terra e passando per la nostra vide che era
inespugnabile e vi fondò il castello. I soldati suoi amici ed i servi
fabbricarono le case e, crescendo il numero, crearono il paese. Non si sapeva
però che nome dare; il barone volle chiamarlo ‘Colubrano', perché, mentre
costruivano il castello, morì il capo dei soldati chiamato appunto
‘Colubrano'".
Inoltre, sul toponimo tursitano Ponte Masone, identificato
dalla prof.ssa Bianca Capone come luogo di un probabilissimo insediamento dei
Templari vicino a un ponte, Salvatore Verde cita lo studioso Pierfrancesco
Rescio (La vita quotidiana in Basilicata
nel Medioevo, Consiglio Regionale di Basilicata, Potenza, 2001): "La sensata argomentazione è supportata da una
citazione del 1118, a
proposito di ponti nelle immediate vicinanze al nostro sito: ‘Alberada, signora
di Colobraro e Policoro, vedova di Ruggero di Pomerada e moglie di Riccardo
Senescallo, concede alla Trinità di Venosa un ponte sul fiume Agri che aveva
fatto costruire il marito". E questo a prescindere dall'esatta
identificazione di Alberada (Albereda, Alverada), che lo storico Giovani
Antonucci (Note
critiche per la storia dei Normanni nel Mezzogiorno d'Italia. I.
Alberada, in Arch. stor. per la Calabria e Lucania, IV,
1934; Albereda di Chiaromonte, signora di Colubraro e Policoro, ibid., XIII,
1943-41) ritiene
non essere la moglie
di Roberto il Guiscardo, bensì un'altra, Alberada di Chiaromonte (morendo quasi
centenaria intorno al 1122), della nobile famiglia lucana del conte Ugo di Chiaromonte.
Antonucci ricava le sue conclusioni da un insospettato documento del 1131 e
afferma: "... il dominio di Ruggero de
Pomaria e di Alberada, sua moglie, sulle terre di Colobraro e di Policoro
derivò ad essi per concessione del dominus Boemondo principe di Antiochia e
che, alla loro morte senza eredi, i conti di Chiaromonte Alessandro e Riccardo,
discendenti del capostipite Ugo, ricevettero il dominio delle due terre,
proclamando così essi per loro zia Alberada e questa dichiarandoli (come
appare nel documento, ndA) per suoi
nipoti".
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