A cosa pensa un vero poeta quando avverte motivatamente come incombente il supremo momento della Verità ultima? A questo ineluttabile e sempre attuale quesito sembra rispondere inconsapevolmente nel progetto complessivo, ma pregnantemente quasi in ogni singolo componimento, l’ultima raccolta di poesie vernacolari scritte nel biennio 2000-01 e appena pubblicata presso La Tipografica di Matera con l’emblematico titolo “Nun uera turné ndrete” (Non vorrei tornare indietro) da Vincenzo Alberto Di Noia. Nato a Tursi l’8 aprile 1924, insegnante elementare in pensione dal 1990, ma friulano d’adozione, avendo trascorso circa mezzo secolo a Udine, dove vive con la moglie e le famiglie dei tre figli, l’autore si offre quasi in un viaggio esistenziale e metafisico alla ricerca di un Senso unificante, rintracciabile nelle cose ordinarie, quotidiane e semplici della propria vita ancorata a grandi valori (l’amicizia, la famiglia, il dovere, la riconoscenza, il lavoro), con una concezione virile, tradizionale e serena, emozionante e ricca sul piano degli affetti genuini, delle relazioni intense, delle passioni profonde, del coraggio autentico. Un confronto ed una parabola vitale, è bene dirlo subito, a scanso di equivoci, senza l’incombenza del sentimento tragico e senza rimpianti e senza rimorsi, dove la Fede è appena di conforto, e che si risolvono nella consapevolezza di una raggiunta maturità e saggezza, nei quali la percezione dello scorrere inesorabile del tempo, scandito a volte con la minuziosa annotazione di anni, mesi e giorni, anche ore ed attimi, si risolve nella struggente nostalgia di ciò che è stato e nell’umanissimo dispiacere delle cose perdute, sempre riannodando con lucidità i ricordi e la memoria. A maggior ragione per chi, come lui, dotato di esuberante vitalità e con una forte sensibilità per l’universo femminile, forse troppo tardi si è concesso di bruciare nel sacro fuoco dell’Arte, imponendosi però subito come il massimo erede del grande Albino Pierro almeno tra le migliaia di emigranti tursitani. Preceduta da ”C’éte nd’u core” (C’è nel cuore, 1992), “Addu c’éte Sammaselle” (Dove c’è Sammasello, 1996) e “Frugando nei recessi della memoria” (2000), tutte sillogi in vernacolo “tradotte” in italiano dallo stesso autore, e “In forma di versi” (1997), l’unica interamente in lingua, l’ultima “sofferta” pubblicazione si propone col contributo amorevole dei fratelli Armando e Italia, curatori della raccolta, ed una prefazione incisiva del prof. Renzo Del Medico, mentre colpisce la copertina disegnata dall’artista tursitano Claudio Cassavia, in struggente e perfetta sintonia empatica con l’autore e col senso della posterità ai lettori, cioè quasi a introdurre figurativamente il testamento spirituale, reso in termini di un bilancio retrospettivo nel quale il “non vorrei” e il “dovrei” coincidono paradossalmente, come due volontà della stessa medaglia-vita realizzata. Tutti fruibili anche nelle “versioni” in lingua, i componimenti esprimono una autobiografica sensibilità, ispirazione ed immediatezza, ma possono rivelarsi utili anche ad una storia sociale del Meridione italiano minore, e non a caso sono una costante il ricorso a detti, massime, proverbi, aforismi e a certe espressioni popolari, a nomi di amici e compagni d’infanzia, a scene realmente vissute nella quotidianità, insomma che rimanda ad una cultura orale ormai tramontata e perduta. Ma qui, più che nelle altre pubblicazioni, di tanto in tanto si intuisce la psicologica curvatura temporale, mancando l’apertura prospettica e l’ariosità ritmica, come pure si avverte la crisi vissuta addirittura a livello formale quando l’intraducibilità parziale e minuta del linguaggio originario-materno si sovrappone e confluisce nella lingua colta-massificata, quasi una esigenza per la composizione di alcuni versi che diventano così più prosaici, descrittivi e narrativi e meno polisemici, evocativi e creativi, soprattutto nelle prime due sezioni del libro, per 44 poesie. Nell’ultima parte, invece, si ha il ritorno ai temi dell’impegno professionale di docente nel Cilento, cioè di adulto, ritrovando così gli altri temi cari e la introspettiva ricerca orientati al superamento di una remota regressione, cioè con un sguardo che è ancora capace di guardare oltre e di prefigurare un futuro, ne siamo certi, ricco di piacevoli sorprese poetiche. Salvatore Verde
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