Il libro "Schermi Riflessi fra cinema e
televisione" del critico Armando
Lostaglio
Non capita tutti i giorni di
avere tra le mani libri che, a dispetto del sobrio formato, trasudano grandi
idee (doni ormai rarissimi), autenticità di impegno (uno scandalo per i
trasformisti prezzolati e gli opportunisti di professione) e rigore analitico
(sovente si parla di cose che non si ri-conoscono).
Nonostante che non sia un
saggio lungo, ma articolato si, anzi, forse proprio per tale scelta, "Schermi
Riflessi fra cinema e televisione" (EditricErmes, 2010) di Armando Lostaglio appartiene con
ragione a quella categoria di edizioni, offerto al lettore e spettatore sensibile
che ama l'arcano disvelamento dei segreti delle immagini, volendo per scelta essere
attento e partecipe dei nostri obliqui tempi duri. Giornalista, poeta e
narratore, soprattutto critico cinematografico, l'autore è anche vicepresidente
del Cinit-Cineforum Italiano e tra i fondatori dell'ormai glorioso "V. De Sica",
cineclub beniamino del placido Rionero in Vulture (paese natale dove vive con
la famiglia).
Presentato a settembre, nell'ambito
dell'ultima Mostra del Cinema di Venezia, la raccolta (mono)tematica di
suggestioni culturali e di recensioni cine-televisive già pubblicate su varie
testate giornalistiche e on line (Tursitani.it lo annovera tra i più
autorevoli e puntuali collaboratori da sempre), si avvale di un'acuta quanto
breve prefazione di don Ermis Segatti,
referente alla Cultura e Università dell'Arcidiocesi di Torino, anche co-autore
di un ricordo del poeta Edoardo
Sanguineti, e di un altrettanto sintetica
postfazione incuneante dello storico Lucio Attorre.
Non proprio ordinati
cronologicamente, dal settembre 2009
a giugno del 2010 (con un contributo della figlia Chiara Lostaglio, è sua l'intervista a Citto Maselli), gli articoli - schermi
riflessi nella luce della scrittura - di Armando sono tutti attualissimi, di assai
godibile lettura e di lancinante inquietudine e problematicità intellettuale,
oltre che di assoluto impegno civile e morale, non disgiunti da un'acuta
sensibilità di credente. I "pezzi", infatti, sono (col)legati dalla sottile
linea rossa protesa a un'idea valoriale della cultura non soltanto audiovisiva;
quasi un montaggio di stimoli, allusioni, dati, suggestioni, rimandi, al fine
di ottenere un ribellistico, indignato e coerente mosaico scaturito dalla
(re)visione del personalissimo palinsesto. Non a caso l'autore esalta il
programma di Enrico Grezzi, "Blob,
la televisione che diventa cinema evoluto", ma sono tantissimi i maestri, anche
di vita, e gli autori citati nelle 66 pagine. In modo ammirevole, si vuole scuotere lo stato
di zombismo individuale e il sonnambulismo sociale che pervadono il letargico pubblico
televisivo intergenerazionale, interculturale e interclassista, come usava dire
una volta; quando ancora si battagliava sui meriti e i bisogni e si andava alla
ricerca del tempo perduto, o quando aveva un senso interrogarsi sull'uomo senza
qualità e sullo stato dei delitti e delle pene, perché anche la memoria spettatoriale
era immaginativa, alfabetica e in bianco e nero.
La civiltà (post)moderna
caratterizzata dalla ipertecnicità soprattutto del mezzi di informazione ha
prodotto pure l'anomia sociale, ovvero la mancanza del valore della norma.
Privi di regole interiori assimilate, addita l'autore (e noi condividiamo), si
fa fatica anche a gerarchizzare prodotti, opere e testi, confondendo il valore con il successo, inoltre, passando
dalla prevalenza del cretino alla società senza padri, dall'elogio dell'ignoranza
ai paravirtuosismi dei mediocri. La
televisione finestra sul mondo, non sempre necessariamente cattiva maestra, tuttavia,
è a volte effetto e più spesso causa di ammaestramenti dei mansueti e docili fruitori,
imboniti voyeurs svagati, adusi a vedere senza guardare, ad ascoltare ma non a
sentire. Lostaglio ci spinge, perciò, a (ri)guardarci eticamente e
intellettualmente dentro e fuori, dal come eravamo all'anno che verrà, anche
per dialettizzare oggi il senso del fare critica televisiva e cinematografica,
andando oltre l'autoreferenzialità, il vuoto pneumatico e l'enciclopedismo
saccente. Ad averne altri simili piccoli gioielli, di colta e spiazzante
sincerità.
Salvatore Verde
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