Infuriava la seconda guerra
mondiale, che aveva provocato moltissime vittime ed immense sofferenze,
dolori, rovine, difficoltà. Parecchi nostri giovani concittadini militari erano
già caduti sui campi di battaglia o fatti prigionieri ed altri
continuavano a servire la Patria, rischiando quotidianamente la vita. Nel cuore
dei loro familiari vi era grande tristezza per le sorti, trepidazione per
l'attesa e vivo desiderio che il conflitto terminasse, per evitare ulteriori
sventure umane e materiali. Nell'Italia regnava la paura, con il negativo
incalzare degli eventi bellici. Soprattutto per l'incertezza seguita alla
caduta del Fascismo, all'arresto di Benito MUSSOLINI e alla sua
liberazione, alla nascita della Repubblica di Salò nel Nord, ma anche per la
massiccia presenza di truppe tedesche, che rappresentavano un serio pericolo
per la popolazione, divisa negli affetti e negli schieramenti. Dopo lo sbarco,
le truppe anglo-americane avevano occupato la Sicilia e stavano avanzando nel
Meridione.
La mattina del giorno della
festa, molti paesani e gente dei comuni limitrofi, com'era tradizione, andarono
al Santuario di Anglona per rendere omaggio alla Madonna e chiederle di
intercedere per la pace nel mondo, invocando il ritorno dei loro congiunti ed
amici militari, sani e salvi.
Nel pomeriggio la radio
diffuse il messaggio del nuovo Capo del Governo, il Maresciallo Pietro
BADOGLIO, che annunciava l'avvento armistizio tra l'Italia e le forze
Alleate. Dopo un po' si udì il suono prolungato delle campane della Cattedrale
che richiamò l'attenzione di numerose persone che accorsero in chiesa, dove,
con le lacrime agli occhi, con commozione e devozione ringraziarono Dio e la
Madonna di Anglona per tale atteso evento. Da loro interpretato, in perfetta
buona fede, come la fine delle ostilità belliche e delle loro preoccupazioni.
Tra i fedeli e poco distante da me, vi era Antonio RONDINELLI, persona
molto stimata, intelligente e con esperienza, che era seriamente preoccupato
della sorte del figlio Vincenzo, combattente in Russia, del quale non
aveva notizie da molto tempo. Egli alzò gli occhi lacrimanti e disse: "Non
illudetevi sulla notizia dell'armistizio, perché la guerra non è terminata
affatto ed ulteriori lutti e disgrazie ci attendono".
Infatti, nell'intera
Penisola la situazione subito peggiorò, perché il Governo e il Re, per timore
di subire rappresaglie da parte dei nazisti, che occupavano la maggior parte
del territorio italiano, e per altre importanti motivazioni, lasciarono Roma,
trasferendosi al Sud. Il mattino del 9 settembre, transitò per Tursi,
proveniente da Colobraro, un reparto di soldati tedeschi, che si accampò poco
distante dall'abitato, sul terreno di proprietà della famiglia VIRGALLITA.
Come altre persone curiose, anch'io mi recai sul posto. Vidi molti militari,
diversi mezzi ed armi pesanti, sistemati sotto le piante che li proteggevano
dalla veduta aerea dei loro nemici. Altri soldati vigilavano lungo la strada,
per intervenire tempestivamente in caso di emergenza. Quel giorno ci fu anche
un pericoloso allarme, che destò molta preoccupazione nell'opinione pubblica.
Circolavano strane voci, che riferivano del presunto fermo e trattenimento del
galantuomo don Vincenzo GUIDA, mentre transitava vicino all'accampamento
tedesco. In seguito, tale notizia risultò non vera, poiché l'interessato fece
regolarmente ritorno a casa e disse anche di non aver subito alcuna brutta
avventura.
Si diceva pure che, per
approvvigionarsi di viveri e di altri generi di prima necessità, gli hitleriani
li avrebbero presi dalle nostre case. Molte persone, compreso mio padre, si
affrettarono a nasconderli in locali di fortuna, all'interno delle abitazioni o
in altri posti ritenuti sicuri, murando e mimetizzando l'ingresso e gli accessi
esterni. Ma, per fortuna, il temuto esproprio non si verificò, perché gli
occupanti lasciarono in serata il nostro territorio, dirigendosi verso la zona
Jonica. Dopo qualche giorno, giunsero nei pressi della Cattedrale alcuni
soldati inglesi al comando di un arrogante e prepotente sergente, per portare
via degli gli animali, requisiti in precedenza. Mentre gli ovini e i caprini
venivano consegnati e caricati sul camion, i proprietari, ritenendosi
ingiustamente defraudati per l'inadeguato pagamento della loro merce,
protestarono contro i militari inglesi, ma subito il sergente li zittì
brandendo minacciosamente un frustino. Dopo tale episodio, in Tursi ritornò un
po' di serenità, ma la vita riprese lentamente e con difficoltà, a causa della
prosecuzione del conflitto mondiale.
Francesco D'Errico
Nato a Tursi nel 1928, Francesco D'ERRICO,
pensionato, risiede nella frazione di Carillia, in Altavilla Silentina,
provincia di Salerno. Nell'Arma dei Carabinieri dal 1948 al 1989, ha conseguito
la massima promozione all'atto del congedo, da Maresciallo Maggiore Aiutante al
grado di Sottotenente. Per anni in servizio a Roma e dintorni, dal 1956 al 1957
ha frequentato la Scuola Allievi Sottufficiali di Firenze, essendo poi
destinato, fino al 1964, a Adrano (Ct), quale Comandante della Squadra a
cavallo. Per un ventennio ha comandato la stazione di Borgo Carillia, che ha
giurisdizione anche nel comprensorio militare di Persano, e poi, dal 1985 al
1988, presso il Nucleo operativo del Gruppo di Salerno, anche come comandante.
La carriera si è conclusa a Battipaglia, quale vice comandante della Compagnia
e responsabile del Nucleo radiomobile ed operativo. Per i servigi resi allo
Stato ed all'Arma, é stato insignito, tra gli altri, delle seguenti onorificenze:
Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Medaglia d'Oro di
Lungo Comando, Croce d'Oro per i 40 anni nell'Arma, ed anche Medaglia di Bronzo
per il servizio prestato nei comuni terremotati di Colliano, Valva, Laviano,
Castelnuovo di Conza (Sa) nel periodo novembre 1980-maggio 1981. Dal primo
marzo 2001 è Presidente della sezione di
Altavilla Silentina dell'Associazione Nazionale Carabinieri.
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