Beniamino Placido, nei ricordi
locali e nazionali di Armando LOSTAGLIO
Rionero
in Vulture. Non poteva mancare un ricordo particolarissimo di Beniamino Placido
(appena scomparso) da parte di "Tv-Talk" il programma di analisi televisiva (prima
ancora che di critica) condotto da Massimo Bernardini, in onda ogni sabato su
Rai 3,alle 9:00, per Rai Educational. Un commosso quanto autorevole omaggio ad
un "maestro" della opinione colta - hanno ribadito - ad un profondo analista anche
della letteratura e del cinema, scrittore egli stesso, definito "il più grande
critico che ha saputo leggere la televisione e il costume fra intelligenza e
saggezza".
Nel segmento dedicato dalla puntata, è stato puntualizzato anche il
contributo che Placido ha offerto ad una visione del costume mediante il
fenomeno televisivo, con i suoi saggi sul "perché della televisione" negli
scritti sul testo di Nanni Delbecchi "La coscienza di Mike"; e quindi le
polemiche di un mestierante della polemica come Vittorio Sgarbi che gli aveva
dedicato "E' stato bello litigare con un critico come te". Certo Placido,
nonostante la sua discrezione, lontano se possibile dai riflettori, non si sottraeva
dal dibattito culturale, anche a costo di polemiche, come una volta con
Giuliano Ferrara. Oppure lanciare provocazioni come su Garibaldi, asserendo che
se avessero avuto la meglio i Borboni, oggi brigante sarebbe stato definito
Garibaldi, mentre eroe nazionale Carmine Crocco, il brigante originario proprio della sua
cittadina.
I
ricordi di Mimino, come lo chiamavano i parenti ed amici rioneresi sono davvero
tanti. Bruno Vorrasi (gestore storico del cinema di Rionero) ricorda che a
scuola era il più brillante. Al liceo potentino si distingueva pure perché
impartiva lezioni di greco e latino agli studenti più giovani, ma non era di
quelli che oggi si definirebbero secchioni, tutt'altro. Si ricordano le
battaglie giovanili sul Ponte di ferro, suo antico quartiere rionerese che
Placido narrò anche in un suo scritto sul domenicale "Nautilus" del quotidiano
la Repubblica. Amava molto leggere i classici, la letteratura francese e russa
(conferma il cugino Federico), e da adulto parlava e traduceva correntemente
dall'inglese, dal francese e dal tedesco. Ma la lingua madre rionerese cercava
di custodirla gelosamente, parlandola abitualmente nella sua casa romana e fra
i parenti. Rimane infatti proverbiale la sua cadenza lucana nelle brillanti
dissertazioni televisive, ove appariva come un Woody Allen ante litteram.
Beniamino Placido è di quei personaggi di cui si avverte la mancanza in questo
"tempo sbandato", assenza come quella di Pasolini e di pochi altri, per una
rilettura dell'epoca e magari l'indicazione della rotta.
Una
lettera a "Repubblica" del 9 gennaio, il lettore Massimo Nocerino scrive che
conserva l'abitudine, suggeritagli proprio da un articolo di Beniamino Placido,
di portare con se un libro tascabile, come faceva lui stesso fin da ragazzo. Conclude
che "spesso il significato degli eventi si manifesta nei particolari. Placido
mi ha insegnato ad osservarli con gli occhi della mente, perciò non posso
dimenticarlo".
Armando LOSTAGLIO
Beniamino PLACIDO rievoca un Natale a
Rionero
Poetico
e felice il Natale del 1941 a
Rionero in Vulture, Lucania: altitudine metri 650, abitanti dodicimila,
comprese le frazioni. Non lo dico perchè allora si era piccoli, o
perchè la
memoria successiva è intervenuta ad abbellirlo. No, fu proprio così -
come
dire? - oggettivamente. E così in famiglia lo ricordiamo. Era il
secondo Natale
di guerra. Gli uomini erano "fuori": chi in Eritrea, chi in
Tripolitania. A casa erano rimaste le donne e noi bambini. Drammatica
non era
la guerra. Drammatico era il fatto che non si sapeva se sarebbe
arrivato per
tempo il sale. E senza il sale non si poteva ammazzare il maiale. Cioè,
no:
certo che lo si poteva ammazzare, e lo si sarebbe ammazzato, comunque.
Ma senza
il sale non lo si poteva conservare. E pensare che proprio quell' anno,
quello
cresciuto in casa nostra - a base di granturco, in uno sgabuzzino nel
cortile,
con un puzzo tremendo che non mi fa apprezzare i libri e i romanzi
nostalgici
degli odori - quello cresciuto con amore e tremore in casa nostra,
dicevo, era
una meraviglia di maiale. Intanto, non si era mai ammalato. E poi, era
venuto
su più grasso e florido di quasi tutti gli altri maiali dei vicini
(quasi
tutti: c' era sempre qualche maiale più grasso e più fortunato, nel
vicinato).Quindi fu un Natale di grande trepidazione. Perchè Santa
Margherita di Puglia
era un posto remoto, inaccessibile, in capo al mondo. Forse a cento,
forse
addirittura a duecento chilometri di distanza. Nessuno di nostra
conoscenza ci
era mai stato. Chissà perchè, le comunicazioni stradali si erano
interrotte. I
camion col sale non volevano arrivare. Ma il Natale arrivò comunque, e
fu
comunque degnamente festeggiato. Le donne fecero una quantità
sterminata di
"pettole", lunghe frittelle tubolari che venivano acciambellate e
buttate nella padella. Ogni anno si ingaggiava una gara. Se facevano
prima loro
a friggerle o noi ragazzi a mangiarle. Vincevamo noi, regolarmente,
ogni anno.
Vincemmo anche quell' anno, a mani basse. Poi c' erano i polli
cresciuti in
casa, poi c' era l' olio, poi c' era la pasta fatta in casa. Insomma,
sapevamo
che saremmo sopravvissuti. E così è stato. E poi c' era - per aiutarci
a
sopravvivere - la convinzione fermissima che quella guerra così com'
era venuta
se ne sarebbe andata. Gli uomini sarebbero tornati a casa. Era certo,
bastava
aspettare. Ci sarebbero state polveri miracolose che avrebbero lavato
piatti e
pavimenti senza la soda caustica e la "lisciva" che rovinavano alle
donne la schiena e le mani. Forse in ogni casa ci sarebbe stata, oltre
all'
acqua fredda, anche quella calda. Forse ci sarebbe stato il telefono e
la televisione.
Forse in ogni casa ci sarebbe stato un frigorifero. Il caffé e lo
zucchero
sarebbero tornati in abbondanza. Le scarpe si sarebbero comprate nuove,
qualche
volta. Non sarebbero state mandate ogni tre mesi a risuolare. Con
questo
progresso, con queste "comodità", gli uomini sarebbero diventati
pacifici e felici. Perchè, cos' altro se non l' indigenza li rendeva
irrequieti
e infelici, qualche volta? Fu un Natale con poco da mangiare e
pochissimo da
sperare, quello del 1941. Un bellissimo Natale. -
BENIAMINO PLACIDO
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