Compie oggi 90 anni don
Francesco Masi, "una perla del sacerdozio", parroco di immensa cultura.
Mons. Giustino D'Addezio ne
parla con Armando Lostaglio
Castelgrande. Ha raggiunto 90 anni don Francesco Masi, in un'aria
mistica, avvolta nella sua serena meditazione, con il passo leggero e dimesso.
Ascolta, tace, e solo ogni tanto interviene per parlarci del suo immenso
lavoro, di sacerdote e di intellettuale. Ha pubblicato diverse opere, fra il
letterario, il poetico e lo storico. "Divagazioni tra cronaca e storia" (ed.
Laurenziana, Napoli) è del 1998, mentre "Castrum de Grandis" è del 2004, edito
da EditricErmes (Potenza), un corposo libro
sulla storia del paese natio, Castelgrande, che
per ragioni di studio in tenera età aveva lasciato, per poi ritornarci
da parroco oltre che da studioso, innamorato com'è delle proprie radici. Esse
affondano nell'altro secolo, era da poco finita la Grande Guerra quando
Francesco venne alla luce. E a soli sei anni (ci racconta la sorella minore,
Maria, che lo accudisce da sempre ormai come una madre), Francesco chiede in
regalo il libro di Pinocchio. A soli sei anni avverte il richiamo della
fantasia e della lettura che sarà sempre più studio e meditazione, preghiera e
insegnamento. Tanti gli anni dedicati alla scuola, al greco ed al latino ma
anche alle altre discipline letterarie che pure coincidono con la propria
missione pastorale, di sacerdote al servizio del prossimo. Un militante dello
spirito, come altre due sorelle anch'esse religiose.
Ora
è qui, nella sua casa di Castelgrande tenuta nitida e tersa come una piccola
chiesa, e dove si respira sapere: una biblioteca immensa, un inestimabile
patrimonio custodito con una cura ed un ordine da fare invidia ad esperti
bibliotecari. Letteratura, storia, teologia, filosofia ma anche arte, teatro,
cinema. "Tutti li ha letti" confida
amorevolmente la sorella, e ne siamo certi. Don Francesco è il respiro del suo tempo, la
vocazione come un'ansia inestinguibile.
Abbiamo
voluto parlare del sacerdote con mons. Giustino D'Addezio, incaricato della
Zona pastorale di Muro Lucano, Delegato regionale della Federazione del Clero.
Cosa ricorda di Don
Francesco?
"Ringrazio di questa occasione che mi si
offre, perché possa in nome e per conto della Federazione del Clero inneggiare
ai 90 anni di don Francesco, da sempre iscritto alla FACI, e poter rievocare questa
mitica figura di sacerdote che tanto ci onora, anche se oggi è un po'
dimenticata ed abbandonata. Sento il dovere di ricordare i suoi 90 anni spesi
per gli altri: 68 anni di ministero sacerdotale, di cui 30 dedicati all'insegnamento
nei Seminari di Salerno, Catanzaro e Potenza. Ho di lui il ricordo di un
"Patriarca" mite, dolce, pio, nobile nell'animo e nello spirito, discreto, di
una profonda cultura e umanità, schivo e umile, lontano da ogni "chiasso
terreno": è la perla del sacerdozio, nostro vanto e decoro".
Ma come mai rimane poco
conosciuto e ricordato?
"Come in tutte le situazioni della vita, c'è
chi semina e chi raccoglie; c'è chi fa solo cronache che passano e chi fa vera storia.
Don Francesco ha fatto e scritto la storia di Castelgrande, prima e dopo il
terremoto dell'80. Egli ha intrattenuto i legami con la Caritas di Germania, di
Crotone e di Imola, oltre che con gli Enti assistenziali che hanno scritto
patti di gemellaggio con il paese, al fine di attuare ulteriori interventi di
ricostruzione. Il suo libro "Castrum
de Grandis" chiarisce tutta l'opera della ricostruzione e la
verità su quanto realizzato, con i relativi bilanci".
Tante le sue opere, dunque?
"Per
avere una cognizione chiara, bisogna ricordare che don Francesco è stato
parroco fino al 1997 e tutto ciò che si ammira oggi a Castelgrande (di opere
sociali, ricreative, assistenziali ed ecclesiali) lo si deve al suo attivo
interessamento. Bisogna ricordare che la sua famiglia ha donato alla parrocchia
oltre 5.000 mq. di terreno su cui si sono potute realizzare queste opere: la
costruzione ex novo della Chiesa di Cristo Re, la Casa per anziani, il Centro
di Comunità con il salone dei giovani e la relativa area attrezzata. Tutte le
pratiche per la ricostruzione della Chiesa Madre sono state appassionatamente
seguite da lui in prima persona. Ha dovuto provvedere anche alla
ristrutturazione della Casa canonica, provvedendo in proprio all'arredamento,
come risulta dalla documentazione del libro; tutti i suoi risparmi personali e
dei suoi familiari sono stati donati per realizzare queste opere. Pertanto, non
si può consentire che "il libro
di Dio" sia dimenticato e tutti i sacrifici profusi vengano
ignorati, solo perché don Francesco, per stile di vita, riconduce tutto al silenzio".
Don Francesco
era presente all'apertura della Chiesa madre?
"Penso che abbia fatto bene a vivere nel suo
silenzio, perché si è assistito ad un epilogo tutto orchestrato ed ha visto
protagonista assoluto solo chi ha raccolto i frutti e i beni di don Francesco,
gratificandosi di millantato credito, con la regia di un "paparazzo" esterno
che vanta legami con alte gerarchie. Meraviglia chi si presta a dare onore al
merito a chi non ha meriti, consentendo così di poter assistere anche oggi ad
episodi che richiamano i "mercanti del tempio". Chi di dovere poteva cogliere
l'occasione per esprimere un gesto di attenzione e di gratitudine con un segno
liturgico, verso chi è stato il vero protagonista della crescita della comunità
di Castelgrande, in 68 anni. Invece don Francesco è lasciato solo in casa, in
un silenzio eloquente dove da tanti anni si ritrova, e quel giorno, che doveva
essere il suo giorno con tutta la comunità, non gli è stata resa alcuna visita
di cortesia da parte di nessuno, anche per un senso di riguardo. Si è quindi
avuto l'ardire di ricordare l'evento dell'apertura della Chiesa, con una lapide
commemorativa dove don Francesco non viene per nulla citato, mentre troneggia
il suo successore che ha seguito l'iter conclusivo e, in un opuscolo
illustrativo, con tante foto e richiami di illustri ignoti, neppure lì figura don
Francesco. Pertanto, Castelgrande non può dimenticare i veri benefattori, come è
stato anche mons. Cianci che ha donato l'Orfanotrofio, le Suore Salesiane che
hanno fatto tanto bene e oggi don Francesco che ha dato tutti i suoi averi. Nello
stesso opuscolo, nei ringraziamenti, non viene neppure citato".
Insomma, un
benefattore che la comunità, le istituzioni, la Chiesa non devono dimenticare. Quale
augurio a don Francesco?
"Per i suoi 90 anni appena compiuti, la
Chiesa e la comunità avrebbero dovuto fare almeno una menzione particolare. Don
Francesco è scritto nel cuore di Dio, e solo il Signore può ratificare il bene
fatto e tenerlo vicino a Sé, quando sarà il momento. Infine la Chiesa
istituzionale abbia il coraggio di non farsi strumentalizzare, né cedere
all'enfasi transeunte e mediatica, ma voglia riconoscere il vero bene verso coloro
che con dedizione hanno offerto tutto, non ricevendo alcun segno di
gratitudine. La Chiesa non può dimenticare."
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