E' nata la Costituente di
Filosofia. Potrà questa associazione cambiare i destini non solo di una
disciplina ma dell'intera scuola italiana? di Raffaele Pinto
Difendere
e valorizzare la filosofia sarà, in tempi di aziendalismo di facciata e
ragionierismo d'accatto, una durissima battaglia che tuttavia non potrà più
essere procrastinata per molto.
Ne
va, innanzitutto, della dignità dei licei, in cui la disciplina viene
insegnata, ma ancora di più della scuola italiana tutta che ha formato, e forma
ancora malgrado tutto, studenti prima e studiosi poi brillantissimi (che
spesso, tuttavia, ottengono miglior fortuna all'estero).
Allo
pseudo-efficientismo propagandato (per gli altri, e solo per gli altri ovviamente)
dalla (mala)politica bisognerà allora rispondere, come hanno pensato i
Costituenti dell'associazione che raccoglie molti docenti di ruolo e precari di
Filosofia e Storia, con un manifesto programmatico che ci auguriamo non sia
solo la voce dei docenti di una materia ma sia anche un appello vero al
raggiungimento nelle scuole, dopo anni di inutili e distruttive sperimentazioni
e riforme, un livello culturale, prima ancora che didattico e pedagogico, degno
di un paese che ha fatto la cultura occidentale.
Ma
la lotta per la difesa e la preservazione della filosofia non può, direi meglio
NON DEVE prescindere da un ripensamento complessivo delle politiche scolastiche
degli ultimi dieci anni, politiche scolastiche che, connesse alle politiche del
lavoro e della previdenza dell'ultimissimo periodo, non hanno fatto altro che
far tramontare, nei docenti e nei discenti, ogni speranza di salvezza rispetto
allo sbriciolamento progressivo del sistema-scuola che è poi lo specchio
impietoso della frantumazione inarrestabile del sistema-Paese (che dopo il
postberlusconismo, il postmontismo ed il postlettismo, credo si avvii ad un
rapidissimo ed ineluttabile postrenzismo).
Anche il CLIL di cui si dibatte molto, come molte
sperimentazioni 'di moda' (prive non solo di un adeguato retroterra ma
soprattutto di un credibile futuro), non è altro che l'ennesimo patetico
inseguimento della sirena della padronanza dell'inglese con l'invasione, a
gamba tesa, di ambiti e questioni che con la competenza linguistica non hanno
nulla a che vedere: se un dermatologo sapesse parlarvi della vostra patologia
in inglese, sbagliando poi la relativa cura, vi darebbe maggiore soddisfazione
di un suo collega italianissimo, nei modi e nel linguaggio, che però vi
risolvesse il problema? E se un avvocato ‘anglofono' facesse dotte citazioni
nella lingua di Shakespeare ma poi in tribunale vi facesse finire in galera, la
vostra reclusione sarebbe per questo meno triste e solitaria?
Ma, tant'è: siamo alle solite. Se il preside, in Italia,
diventa 'dirigente' forse il Ministero di Viale Trastevere, con la nuova
denominazione, pensa che egli potrà moltiplicare il pane e i pesci e potrà
suscitare, come Cristo fece per Lazzaro, entusiasmi scolastici catalettici se
non proprio defunti; e così se si spiegherà Talete in inglese, Bacone in
ucraino ed Hegel in russo, sicuramente non solo si farà una carriera più rapida
e luminosa, ma si guadagnerà di più e si potrà terminare la carriera ad Oxford
o Cambridge come visiting professors.
Voi lo credete?
Raffaele Pinto
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