Fermiamo il brutto che avanza in architettura e urbanistica di Francesco Silvio Di Gregorio
"Scendiamo
per le strade e coloriamo tutti i muri, case piccole e palazzi", cito il grande Riccardo Cocciante nella
speranza di aprire un dibattito sull'estetica in architettura. Dunque, cerchiamo
le carenze e individuiamo le leggi, quali che siano, in
materia di autorizzazioni edilizie e/o della mancata condizione di separazione
delle professioni. Partiamo
dall'origine, dalla prima legge sui lavori pubblici e dalla prima legge
urbanistica, quando bisognava separare la professione di architetto-ingegnere
da quella di procacciatore di progetti pubblici e di licenze edilizie. Nelle chiacchiere
tursitane, tra i politici di turno è passato e passa, tra una elezione e l'altra, il nome dell'ingegnere o
dell'architetto "bravo": quello che ti fa ottenere di tutto;
raramente è quello che definiremmo migliore.
Questo
ha pesato non solo sulla professione di altri colleghi, ma molto sul ricambio
generazionale e sull'estetica dello sviluppo della città di Tursi: le vecchie
volpi hanno rifiutato ogni forma di discussione, hanno avuto la meglio sui
giovani emergenti, colpevoli di amare
l'architettura nel rispetto del
paesaggio. E così, parlando di grandi progetti,
grandi temi, abbiamo lasciato l'architettura, l'urbanistica, lo sviluppo, la
storia del nostro centro storico in mano all'anarchia urbana per scivolare nella
spazzatura architettonica. A quando,
invece, la mano sul freno di emergenza per fermare la brutta architettura
urbana?
I
buoi stanno lasciando la stalla mentre l'intellighenzia s'interroga sulla città
(dove comincia il passato e dove finisce), mentre il tempo delle decisioni
stringe, perché fino ad ora si è deciso di non decidere e i risultati si
vedono. Siamo nel regno del brutto, e
qui ogni ragione cade. Ci sono interessi, ci sono procacciatori di progetti,
c'è l'insipienza pura: il brutto non ha nemmeno più la dignità di antitesi al
bello (rione Europa, Costa, degrado del centro storico). Il cerchio si chiude
nel dilemma: recentemente è la brutta urbanistica che si riflette nell'indecente
variopinto urbano del bellissimo centro storico o è quest'orrendo modo di
progettare i variegati spazi pubblici che condiziona l'architettura
locale?
L'anarchia
urbana sta uccidendo l'architettura del centro storico estendendosi a tutta la
città, ma non tutti sanno che gli spazi pubblici, le opere architettoniche, gli
arredi urbani e l'urbanistica fanno parte della scenografia dove tutti
recitiamo da attori principali nella comparsata della nostra vita. Riuso,
riconversione, valorizzazione, conservazione significano non solo salvare
dall'abbandono luoghi prima deputati a dare un tetto a migliaia di persone e a
mantenere vivo lo spazio urbano, gli spazi aperti, le piazze, gli ambienti
interclusi, i nodi costitutivi dei percorsi,
ma anche attivare nuove forme di economia in spazi che hanno subito
processi di marginalizzazione a causa di una politica anarchica-urbanistica.
Cerchiamo una nuova identità, stabiliamo
le condivise regole urbanistiche e architettoniche, nel rispetto della
prestigiosa memoria storica della nostra Tursi. Cominciamo a parlarne
seriamente, prima che sia troppo tardi.
Francesco Silvio Di Gregorio,
architetto
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