I DONI DI NATALE DI LOSTAGLIO - EPPURE È UNA FESTA SCINTILLANTE
L'atmosfera rimane scintillante perché è la festa più sentita, e non
solo dai cristiani. Eppure la
Festa per eccellenza quest'anno si celebra visibilmente con
minore enfasi: quelli che contano ci hanno strappato ogni entusiasmo, la realtà
è più cruda di quanto si pensi.
I mesi a venire saranno duri, sia per chi
lavora, ma soprattutto per quanti il lavoro non ce l'hanno, o lo hanno perduto.
Sarà pur vero che i negozi sono un po' più vuoti, le luminarie meno accese, eppure
la Festa esige
di guardare con ottimismo, anche perché anche da noi c'è chi sta peggio. E la
solidarietà in questa terra non manca. Molte sono le badanti dei paesi
dell'Est, ma anche magrebini e cinesi, lontani tutti dai loro affetti. Ai
migranti va una canzone di De Gregori di una decina di anni fa, "Natale di
seconda mano", quando canta: "Oggi è tempo d'incendi, organizziamo
presepi, dalle stelle tu scendi e ci senti e ci vedi.
Addormentati in
panchina o indaffarati a far niente ed il freddo che arriva, ci brucia
e ci spegne..." Una austerità imposta soprattutto a quanti con i sacrifici
quotidiani sono già avvezzi, quasi assuefatti. Quella maggioranza per nulla
rumorosa che, comunque vada, crede nella Festa, nell'albero e soprattutto nel
presepe. Ci potremo ancora stupire ed incoraggiare alle immagini di un film
antico ed immortale come "La vita è meravigliosa" di Frank Capra (lo girò nel
1946), anni durissimi anche quelli, la guerra e la distruzione quella
generazione se la erano appena lasciate alle spalle. E si ricominciava. Sia Natale,
dunque, anche quest'anno nel segno di padre David Maria Turoldo, poeta mistico
autentico, mentre ci ricorda che "Ancora
un'alba sul mondo: / altra luce, un giorno / mai vissuto da nessuno, / ancora
qualcuno è nato: / con occhi e mani / e sorride."
Armando Lostaglio
NATALE
Ci attornia
questa festaiola malinconia
eppur vitale
Saluti miscredenti
confondono le luci
di replicati auguri.
Mimesi
sulla via dell'eden
disseminata di scintille
e pomi colorati
Converrà sognare per non capire?
A tutti noi, ugualmente.
L'infanzia, sì l'infanzia
eppur ci accompagna
nel sorriso innocente di un bambino
Ci sorregga la sua sacralità.
armando lostaglio
ANTICA BALLATA IRLANDESE
Trova il tempo per riflettere, perché è fonte di energia.
Trova il tempo per il gioco: è il fiorire della giovinezza.
Trova il tempo per i libri, fondamenta del sapere.
Trova il tempo di essere amabile: è una via della felicità.
Trova il tempo per sognare: salirai verso le stelle.
Trova il tempo per amare e godrai la gioia della vita.
Trova il tempo per pregare: è la musica dell'anima.
Come sogliono cantare i viandanti, canta
... e cammina.
Cantando consolati della fatica,
ma non amare la pigrizia, canta e cammina!
Se progredisci è segno che cammini;
ma devi progredire nel bene,
nella retta fede, nella buona condotta.
Canta e cammina!
Non uscire di strada,
non volgerti indietro,
non fermarti!
Cammina e .... canta!
(Agostino d'Ippona)
IL CINEMA E LA MONTAGNA
Il cinema
d'arte ha spesso incontrato la montagna, si è imbattuta nelle sue asperità e
nelle sue bellezze, ne ha esaltato le
difficoltà dell'uomo di superarla; ma ne ha anche fatto momento di confronto,
di esaltazione del sacrificio e, beneficamente, apologia della natura,
sublimazione dello sguardo. Sono molte le pellicole (non solo documentari) che
hanno fatto scalare virtualmente la montagna, odorandone ogni profumo,
respirando quell'atmosfera fiabesca, che talvolta nasconde insidie. La
letteratura ne ha fatto un genere.
E proprio partendo dal connubio fra cinema e
letteratura, va richiamato alla memoria il bellissimo documentario (presentato
nel 1999 alla Mostra di Venezia) Ritratti: Mario Rigoni Stern, che il
regista veneto Carlo Mazzacurati gira con Marco Paolini.
Un film-dialogo nel quale lo scrittore di Asiago racconta la esperienza che lo
hanno segnato: la guerra, il lager e il difficile ritorno a casa. La sua esperienza
letteraria è un atto d'amore verso la montagna e la natura. Il film, di una
sensibilità rara, racconta delle tre giornate d'inverno che Mario Rigoni Stern trascorre insieme a Paolini.
Dapprima in un vecchio ricovero di boscaioli sulla Piana di
Marcesina, un'occasione per lo scrittore per raccontare la sua vita. La
seconda giornata è dedicata al tempo del ritorno e all'altopiano di Asiago.
Nella terza giornata lo
scrittore riflette sul presente, parlando di natura, memoria e di
responsabilità. La letteratura che incontra il cinema, ovvero il cinema che si
fa fonte di scoperta, esplorazione, ricerca di linguaggio. Una analisi in tal
senso la propone il libro (ispirato) di Gaetano Fierro Il futuro si chiama
montagna (EditricErmes, Potenza) nel quale l'autore, appassionato e critico,
propone le opportunità (in chiave di progresso civile) che la montagna potrebbe
consolidare, a partire da una rinnovata idealità di turismo, e risalendo alle
esperienze dei viaggiatori europei del Sette Ottocento che toccarono il Sud,
alla ricerca delle radici classiche e di una natura inviolata. Montagna come
viaggio, dunque, espiazione e confronto.
Nel controverso e parossistico film di
Alejandro Jodorowsky La
Montagna Sacra (del 1973) un ladro, dopo essere passato
attraverso esperienze mistiche, si reca da un alchimista che lo introduce alla
vita ascetica. Insieme andranno in cerca della Montagna Sacra dove si trovano
dei saggi: il fine è eliminare i vecchi sapienti e conquistare l'immortalità.
Visionarietà, ma anche sublimazione della montagna, in una proiezione surreale
ed onirica. Charlie Chaplin nel 1925 con La febbre dell'oro rivisita l'epica
dei cercatori d'oro, fra i ghiacci dell'Alaska. Un classico degli inizi del più
grande fra i registi-poeti della celluloide. Sempre sulle imprese montane ad
alta quota, sulle sfide che la montagna sa lanciare, è uno dei film
fondamentali di Clint Eastwood Assassinio sull'Eiger datato 1975.
"Senza
contatto, scambio di valori e accoglienza, non può esserci sviluppo umano e
qualità dell'esistere": è questa l'essenza di un buon film italiano di qualche
anno fa Il vento fa il suo giro (E l'aura fai son vir in lingua occitana),
diretto da Giorgio Diritti; è basato su una storia realmente
accaduta ad Ostana,
un borgo a 1300 metri nella valle del Po
Cuneese, ed osservata dallo sceneggiatore Fredo Valla.
Il titolo riprende un proverbio occitano: "tutto ritorna". Si tratta di integrazione
e condivisione in quelle popolazioni apparentemente chiuse. Infine, occorre
citare due opere dell'imponente cineasta tedesco Werner Herzog: Grido di pietra
(del 1991) nel quale
racconta di una sfida tra alpinisti alla scalata del Cerro Torre,
un picco situato in Patagonia, nelle Ande tra Argentina e Cile. Indimenticato protagonista è Vittorio Mezzogiorno insieme
a Donald Sutherland.
"Si ha l'impressione di planare sopra ogni cosa, di aver
perso ogni contatto con la terra, di essere staccati dal mondo e dall'umanità.
Mi sembra di trovarmi su una minuscola isola in mezzo ad un oceano sconfinato".
E' l'epigrafe del film di Herzog, nel quale l'alpinismo vuol dire "riattingere
al seno della terra, confluire nel respiro del mondo, salire tra la gravità e
il cielo. L'esame smisurato con le creste e i precipizi del destino". In
Fitzcarraldo, premiato a Cannes nel 1985 per la migliore regia, Herzog ci
accompagna - tra '800 e '900 - ad un personaggio esaltato ed passionale al
tempo stesso, Fitzcarraldo. Coinvolto totalmente dalla musica operistica, sogna
di costruire il più grande teatro lirico del mondo in mezzo alla giungla
amazzonica.
E' li che vuole far cantare addirittura Enrico Caruso, la folle
idea che persegue con ostinazione e tormento. Protagonista è un immenso Klaus
Kinski, per anni l'attore-icona di Herzog, affiancato da una straordinaria
Claudia Cardinale. Il delirio di Fitzcarraldo si materializza in una nave di
più di 300 tonnellate che verrà trascinata attraverso una montagna, mossa solo
dalla forza degli indigeni, e dalla veemente voce di Caruso. Herzog non ha
usato effetti speciali per girare queste scene, "sembrava essere spinta da una
testardaggine proprio come quella del protagonista del suo film". In fondo,
come ha scritto lo storico-economista elvetico Jean Francois Bergier: "le
montagne, i laghi, le foreste...sono sempre stati abbastanza permeabili: non
hanno impedito la circolazione di beni e di uomini". E di questo il cinema ne
ha dato ampiamente conto.
Armando
Lostaglio
SANTA LUCIA
"...Santa
Lucia, il violino dei poveri è una barca sfondata / e un ragazzino al secondo
piano che canta,
ride e stona perchè vada lontano, / fa che gli sia dolce anche la pioggia delle
scarpe,/
anche la solitudine.
Non ci sarà
una ragione precisa, ma a Santa Lucia, il giorno più breve e forse più freddo
dell'anno, riecheggia in maniera indistinta questo verso della canzone di De Gregori
"Santa Lucia", datata di ben 36 anni. E' evidente che la poesia, come le belle
canzoni o ogni opera d'arte, non hanno età, come fossero scolpite su una pietra
o un sassolino, che portiamo sempre con noi... E ogni volta che la si ascolta
(che bel sussurro è poi la voce di De Gregori in quel lontano album) ritornano
quegli anni, quei sofferti e irripetibili anni '70, quelli con il cuore in
mano, di quel futuro con radi spiragli, quelli della vigilia di ogni partenza
che prima o poi sarà quella giusta.
E sempre da quella canzone: "Santa Lucia,
per tutti quelli che hanno occhi / e gli occhi e un cuore che non basta agli
occhi / e per la tranquillità di chi va per mare / e per ogni lacrima sul tuo
vestito, / per chi non ha capito." Tutto scorre, ma tutto si riavvolge come in
un nastro, il film di ciascuno di noi si compone di tante sequenze che la
memoria poi riannoda in una ipotetica sala di montaggio, fra moviole e tessere
da assemblare. Le vite degli altri (i tanti altri) diverse e talvolta simili
alle nostre. La solitudine rimane dolce, anche quando si è in grande compagnia.
Non eravamo di quelle "persone facili che non hanno dubbi mai", tutt'altro.
Eppure soffiava dentro un vento forte; tanto è cambiato e tanto ci ha cambiato.
Ma quella canzone rimane indelebile, come un sassolino, o come un macigno.
Riascoltarla (a Santa Lucia) farà sempre bene al cuore.
Armando
Lostaglio
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