il Nobel Boris Pasternak, eterno Zivago e poeta. L'anima è triste fino alla morte
L'Achmatova
scrisse di Pasternak: "Dotato di una perenne fanciullezza, di quella
prodigalità e acutezza delle stelle, era tutta la terra suo retaggio e con
tutti egli la condivise". Un artista sommo, solo così viene al mondo, come erede
di tutta la terra, della sua natura, della sua storia e cultura.
Pasternak spesso
paragonava la sua poesia a una spugna, che assorbe la vita solo al fine di
essere spremuta. Boris Leonidovich Pasternak (1890-1960), nato a Mosca, era il
figlio di artisti di talento: il padre pittore e illustratore di opere di Tolstoj,
la madre una pianista molto nota. L' educazione di Pasternak iniziò in un
Gymnasium tedesco moscovita ed è proseguita presso l'Università di Mosca.
Grazie
all'amicizia con il compositore Scriabin, intraprese lo studio della composizione
musicale che lo accompagnò per sei anni. Ma nel 1912 rinunciò alla musica
come sua vocazione di vita e andò a l'Università di Marburg, in Germania, per
studiare filosofia. Dopo quattro mesi e un viaggio in Italia, tornò in Russia per
dedicarsi alla letteratura.
Per il poeta l'arte è nell'erba e bisogna avere
l'umiltà di chinarsi a raccoglierla, questo è stato il suo stile di vita. In
quegli anni scrisse le sue prime poesie, che uscirono nell'almanacco Lirika e mostrano l'influenza
del futurismo. Nel 1914 pubblicò la sua prima raccolta di poesie nel
libro Il gemello delle nuvole,
seguito da Oltre le barriere , che
gli portò un riconoscimento ampio negli ambienti letterari. Dallo stesso anno fu
membro del gruppo di poeti futuristi Centrifuga.
Nel 1922 Pasternak sposò
Evgenija Vladimirovna Lourie, dalla quale ebbe un figlio. Divorziarono nel
1931. Seguì un secondo matrimonio nel 1934 con Zinaida Nikolaevna Neuhaus; la
famiglia si trasferì nel sobborgo moscovita di Peredelkino nel 1936. Tra le sue
opere sono da segnalare anche diverse raccolte di poesie, alcune delle quali
nel volume Autobiografia e nuovi versi,
che poté pubblicare per la prima volta solo in Italia, e Il salvacondotto, sorta di opera autobiografica riferibile non
tanto alle vicende della sua vita quanto alla sua vocazione intellettuale.
Dopo
la seconda guerra mondiale, Pasternak mise mano al suo primo e unico
romanzo, Il dottor Živago, che si
diffonderà in occidente e nel giro di pochissimo tempo tradotto in più lingue; diventerà
il simbolo della testimonianza della realtà sovietica, con una scrittura
drammatica e lirica: è il testamento
artistico dell'autore. Amore, sofferenza e libertà, un religioso atteggiamento verso
l'uomo e il suo destino, e la estenuante ricerca della verità e della giustizia
- temi cardini del romanzo -, penetrano e formano tutta l'opera di Pasternak.
Tutto
ruota intorno alla guerra e alla rivoluzione nel romanzo, il tutto pervaso da
un forte e urgente senso di libertà, fisica e di espressione della parola. Nel
1958, Il dottor Živago frutterà a
Pasternak l'assegnazione del Premio Nobel per la letteratura, ma fu costretto
dalle autorità sovietiche, dietro la minaccia di espulsione, a rifiutarlo, perché
il romanzo veniva considerato dall'unione degli scrittori sovietici troppo
intimista e quindi lontano dalla tradizione russa. La rinuncia accrebbe la
notorietà del romanzo, ma non impedì l'isolamento dello scrittore, che morì nel
1960 e il suo funerale si è svolse in forma clandestina.
Zivago chiude con
queste parole: «L'anima è triste fino alla morte...". Per l'immortale Pasternak
l'aridità d'animo istruita porta al possesso di tutte le conoscenze tenute
segrete dentro di sé, per il genio la propria conoscenza non condivisa con gli
altri è un tormento.
Antonella Gallicchio
In ogni cosa
In ogni cosa ho voglia di arrivare sino alla sostanza.
Nel lavoro, cercando la mia strada nel tumulto del cuore.
Sino all'essenza dei giorni passati, sino alla ragione, sino ai motivi, sino
alle radici, sino al midollo.
Eternamente aggrappandomi al filo dei destini, degli avvenimenti, sentire,
amare, vivere, pensare, effettuare scoperte.
Boris
Pasternak
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