Il popolo abruzzese
tra guerra e terremoto, di Mario Bruno
Era la sera del 7 gennaio del 1944 quando, nella piazza
Cattedrale di Tursi, da una decina di camion americani furono scaricati un
centinaio di "sfollanti" provenienti dalla provincia di Chieti. La demarcazione
del fronte di guerra, tra la linea Tedesca
e le truppe Anglo-Americane forse della V e IX Armata, aveva invaso quel
territorio. La popolazione abruzzese fu evacuata e portata anche nei paesi
della Lucania. Ricordo tale avvenimento inusuale, in una serata gelida e una
temperatura sotto zero.
Quei poveretti, non soltanto vecchi, ma anche donne e
bambini, tutti intirizziti dal freddo pungente, a digiuno e mal vestiti, furono
generosamente e amorevolmente accolti dalla buona gente tursitana e poi
trasferiti nel magazzino Ginnari di via
Petrarca, dove i paesani del vicinato
avevano preparato un grande fuoco con una catasta di legna per
riscaldarli e per farli rifocillare.
Subito i Tursitani portarono loro delle vivande e coperte perché si coprissero.
Peppino Cuccaro e altri si adoperarono con latte caldo per piccini e malati.
Ricordo pure che noi dell'Oratorio S. Filippino, con don
Salvatore Conte, girando per il paese raccogliemmo circa dieci sacchi di generi
alimentari, tozzi di pane e interi pezzi di pancetta, formaggio, fichi secchi
neri e chiari, mandorle, noci e tante focacce che noi stessi portammo al
magazzino. Molte donne fecero compagnia tutta la notte a quegli sventurati,
arrivati da così lontano.
Il giorno dopo, il maresciallo requisì delle abitazioni
nelle adiacenze, in via Pandosia, nel
rione San Michele, nella stessa via Petrarca, nel municipio e nella piazza Plebiscito,
esattamente nei locali dei De Vito, dove vennero sistemati i nuclei familiari.
Il Commissario fece subito sfornare pane abbondante dai panificatori Conte e
Rosa Padula, poi distribuito con immediatezza assieme all'olio requisito,
mentre la generosità della popolazione tursitana provvedeva con pezzi di lardo,
conserva e altro, aggiungendo provviste di legna per la cucina e il riscaldamento.
Giannina, era una giovane sposa, madre di due figli di
cinque e tre anni. Lei sosteneva anche il padre e la madre, entrambi in piena vecchiaia, assieme alla suocera e alla
cognata (con handicap), rimasta sola con un figlio di tre anni. Suo padre morì
in Tursi e tutti i fuggitivi, per il Venerdì Santo di quell'anno,
prepararono dei canti funebri che fecero
commuovere non poco i partecipanti al
rito religioso. In via Dante ci abitava
zia Maria con una bellissima figlia, desiderata dai giovani del paese, e
un fratello seminarista, ospitato da don Antonio nella canonica. La madre e la
sorella del futuro prete, successivamente, emigrarono in America per
ricongiungersi con il loro padre.
Trascorso il freddo inverno, con l'arrivo della primavera le
persone abili si inserirono nei lavori di campagna e già nell'estate si erano
bene adattati. Nel 1945, il nuovo inverno fu ancora più rigido, gli abruzzesi
erano stremati e stanchi, desideravano solo ritornare al più presto ai loro
paesi di origine. Intanto, nell'appuntamento del Venerdì Santo cantarono
nuovamente quegli emozionanti canti rivolti a Cristo e all'Addolorata.
Con l'armistizio del 25 aprile 1945, nel mese di maggio
tutti fecero ritorno in Abruzzo, tranne la famiglia di Gennaro Cipolla che
restò a Tursi, ben voluta da tutti, essendosi inserita con meritata fiducia tra
la gente del luogo. Ai giorni nostri sopravvivono i suoi figli, tranne la figlia Carmelina (che
venne a mancare a causa degli stenti della guerra, come un'altra bellissima
bimba nata a Tursi).
Il seminarista ospitato da don Antonio, diventato in seguito alto prelato, ritornò a
Tursi negli anni a seguire, prima che l'arciprete don Conte lasciasse la
cattedrale, per riabbracciare con affetto colui che lo aveva accolto nella
canonica e concelebrare con lui nella grande chiesa, dove ci furono anche dei
confronti teologici e intellettuale. In tale circostanza lo salutai, lui
ricordava tutti, e volle visitare la casa dove la madre e la sorella si erano
rifugiati per due stagioni invernali.
Il popolo abruzzese era molto devoto alla Madonna e la
martirio di Cristo e aveva un forte radicamento
nei loro paesi. Spesso sono stati puniti dalla guerra e da eventi
sismici naturali (terremoto del 1915, 1932 e 5-6 aprile 2009).
Mario Bruno
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