JOHN KEATS, poeta sublime e
immortale del Romanticismo inglese. La sua poesia è culto della bellezza
concreta delle cose. "Ho la sensazione continua che la mia vita reale sia già
passata, e di star quindi conducendo un'esistenza postuma"
John Keats (Londra, 31 ottobre 1795 - Roma, 23 febbraio 1821) è oggi unanimemente
considerato uno dei più grandi poeti del Romanticismo inglese e alcune delle
sue opere, le odi soprattutto, hanno raggiunto la fama immortale che gli è
stata negata in vita,
il poeta più suggestivo del romanticismo, tra sogno e
verità, tra gioia di vivere e dolore, tutta la sua poesia ruota intorno al tema
della bellezza e tocca le corde più profonde dell'animo umano: "Non posso esistere senza di te. Mi dimentico
di tutto tranne che di rivederti: la mia vita sembra che si arresti lì, non
vedo più avanti. Mi hai assorbito. In questo momento ho la sensazione come di
dissolvermi: sarei estremamente triste senza la speranza di rivederti presto. Avrei
paura a staccarmi da te. Mi hai rapito via l'anima con un potere cui non posso
resistere; eppure potei resistere finché non ti vidi;e anche dopo averti veduta
mi sforzai spesso di ragionare contro le ragioni del mio amore. Ora non ne sono
più capace. Sarebbe una pena troppo grande. Il mio amore è egoista. Non posso
respirare senza di te."
Morì giovanissimo, aveva soltanto 25 anni, ed ebbe una vita
costellata di malattie, lutti e povertà, critiche verso le sue opere, e un
amore infelice e mai completo, a causa della sua precaria salute e
condizioni economiche poco agiate, per la bella Fanny Brawne. Primo di cinque figli,
John Keats nasce il 31 ottobre del 1795 nello Swan and Hoop Inn, la sua
famiglia è di estrazione piuttosto modesta, il padre Thomas, primo garzone di
scuderia, è sposato alla figlia del proprietario, Frances Jennings.
A soli otto
anni, cominciano le sue sventure con la morte del padre per un trauma cranico,
dovuto ad una caduta da cavallo. Sua madre si risposa subito con William
Rawlings, ma è un matrimonio infelice. In questo periodo inizia per il poeta
la passione per i libri: "Si alzava prima di chiunque altro e
leggeva; leggeva durante i pasti e anche a casa durante le vacanze. Se i
maestri lo mandavano fuori per un qualche esercizio, camminava leggendo."
Nel frattempo la madre pone fine al secondo matrimonio e ritorna dai figli, ma
ben presto si ammala di tubercolosi, lasciando i figli in custodia alla nonna. L'amata
nonna lo lascerà nel dolore nel 1814, dopo averlo cresciuto come un figlio e
dopo aver influito non poco sulla sua formazione.
Proprio i dolori non
mancheranno mai nella sua vita. Nel 1818 il poeta corre al capezzale del
fratello Tom, lo assiste per molti mesi e dopo una lunga agonia morirà fra le
sue braccia. Da questo momento seguiranno due anni di straordinaria attività creativa,
nascono così i suoi indimenticabili capolavori Ode ad un usignolo e Ode su
un'urna greca.
Nel febbraio del 1820 si manifesta il primo serio attacco
del male che l'anno dopo l'avrebbe portato alla morte: la tubercolosi. Gli
attacchi sono gravi e prolungati, tanto che in estate il medico gli ordina di
trasferirsi in Italia. È l'anno in cui scrive Hyperion, Lamia, Isabella, The Eve St. Agnes, And Otherpoems; il
volume ha grande successo di critica ma discreto successo di pubblico. La morte
si avvicina, il poeta lo sa. Nella lettera del 30 novembre all'amico Brown
scrive: "Ho la sensazione continua che la mia vita reale sia già passata,
e di star quindi conducendo un'esistenza postuma...".
Il 22 febbraio 1821,
il giorno prima di spirare rivolge le sue ultime parole al suo devoto amico
Severn, che lo assiste fino all'ultimo: "Severn, sollevami perché sto
morendo - morirò facilmente - non spaventarti - grazie a Dio è arrivata".
Keats viene sepolto il 26 febbraio nel Cimitero Protestante di Roma: sulla tomba,
secondo la volontà del poeta, sono poste margherite. La sua ultima richiesta
viene rispettata ed è così che sulla sua lapide si legge solo il seguente
epitaffio, commissionato dai suoi amici Joseph Severn e Charles Brown: "Qui
giace un uomo il cui nome fu scritto nell'acqua".
Per Keats, il sogno è parte
integrante dell'arte poetica, la sua poesia è culto di bellezza concreta delle
cose, ogni mutamento di colore nel cielo o nel mare è degno di attenzione
perché è culto di espressione divina. Su questo ritmo interiore, su questa
musica profonda, egli concreta tutto il fuoco dell'anima ricercandovi il
mistero dell'universo e della vita.
Antonella Gallicchio
Non pensarci, mia cara
Non pensarci, mia cara,
Non pianger più:
a sospirare impara,
e di non tornare, diglielo tu!
Dolcezza mia, non impallidire,
Non mostrare il volto triste e sconsolato:
Oppure, se vuoi, spargi pure una lacrima - se n'è andato -
Si, certo, era nato per morire!
Ancora cosi pallida? Piangi pure, allora, a profusione,
Che le lacrime tue conterò nel sentire:
Saranno per te una benedizione
Negli anni a venire!
Vedi? Ha lasciato i tuoi occhi più sfavillanti
d'un soleggiato ruscello,
e le tue melodie sussurranti
Son ancora più dolci di quello!
Pure, poiché lacrime e pianto son seguaci
Delle gioie fuggenti,
Insieme piangiamo: ma le note dolenti
Del rimpianto intrecciate sian di baci.
(JOHN KEATS)
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