La giovinezza
forzata delle ‘gogos'. La triste esperienza della maternità sussidiaria in
Sudafrica di Raffaele Pinto
L'uomo è di memoria corta. Quello che ieri ci
atterriva, ci sconvolgeva, ci chiudeva nel recinto delle nostre paure più
irrazionali, oggi magari viene accantonato nel museo dei ricordi come qualcosa
che non meriti più la nostra attenzione.
Quando, però, questo succede con le malattie, la
cosa si fa più pericolosa.
Ed è quello che è accaduto con l'AIDS.
Ricordate gli esordi della malattia? Erano i
primissimi anni Ottanta e dell'HIV si parlava come del nuovo bacillo della
peste (e più o meno come nuovi appestati
vennero trattati i primi, sfortunati malati).
Il problema è stato che, mentre in Occidente, negli
anni, l'attenzione al contagio e la ricerca farmacologia hanno fatto guardare
all'AIDS non più come ad un'inesorabile e veloce condanna a morte ma come ad
una grave malattia con la quale abituarsi a convivere, in altre parti del mondo
la poca informazione e la poca prevenzione non hanno permesso un così valido
contrasto al morbo.
E' successo, allora, che in paesi come il
Sudafrica, le ‘fortune' dell'AIDS, invece che regredire come dappertutto, hanno
trovato sempre più ampi spazi.
E' questa la ragione per cui, nonnine sudafricane,
quelle che laggiù vengono chiamate dai bambini ‘gogos', per uno strano e
beffardo disegno del destino, invece di godersi la meritata serenità, sono
costrette a ripercorrere la lunga esperienza dell'accudimento materno: con la
differenza che ad essere accuditi non sono più i loro figli ma i loro nipoti
rimasti orfani proprio a causa dell'AIDS.
Così, negli slums
di Johannesburg e Città del Capo, centinaia di signore dai capelli bianchi,
scavate dagli affanni o appesantite dalle tante gravidanze della loro
giovinezza, sono diventate delle sostitute-mamme di tanti bambini e tante
bambine che non avrebbero che gli istituti o la strada per continuare a
crescere.
Fin qui, niente di davvero eccezionale: spesso è
capitato, e a tutte le latitudini, che i nonni rivestissero anche il compito di
genitori.
In questo caso, però, questa sussidiarietà
genitoriale cova un ulteriore elemento di esplosività: queste povere donne
anziane e analfabete non sanno neanche per quale vera ragione i loro figli e le
loro nuore oppure le loro figlie ed i loro generi siano morti. E non sanno
neanche che i loro nipotini potrebbero essere già, senza saperlo, malati di
AIDS.
Come fare a combattere qualcosa che non si vede e
non si conosce? E come difendere chi si ama se non si sa da cosa e come
difenderlo?
Noi, così lontani, così al sicuro nel nostro
fortino europeo, non possiamo far altro che augurare a queste donne coraggiose,
oltre che una lunghissima vita, anche un'intelligenza pratica ed una capacità
di reazione che forse l'esperienza potrebbe dare loro più di ogni brochure
governativa.
E allora, coraggio gogos, coraggio!
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