E' con malcelata nostalgia che il cronista arabo IBN HALDUN, vissuto nel XIV sec., ricorda i lontani tempi d'oro delle conquiste e delle folgoranti vittorie musulmane ottenute su un Occidente debole e diviso. A ben vedere quest'uomo non aveva tutti i torti. Una serie di dati possono ben evidenziare la validità della sua affermazione: nel IX secolo la “Dar Al-Islam” si estendeva dalle coste iberiche dell'atlantico all'India; nel 827 cadeva nelle loro mani Creta e nel 878, dopo 50 anni di aspra resistenza, fu il turno della Sicilia: sembrava davvero che nessuno fosse in grado di fermare la travolgente avanzata delle bandiere verdi del profeta Maometto. Proprio la conquista della Sicilia fece diventare il Mezzogiorno continentale, diviso tra Bizantini e Longobardi, una terra di frontiera esponendolo pericolosamente alle scorrerie Saracene. Precisiamo innanzitutto che la presenza islamica nel nostro Meridione non ebbe chiare finalità di conquista. Essa sembrò dettata soprattutto da iniziative personali di alcuni singoli capi militari piuttosto che dalla volontà di condurre un vero e proprio “Jihad”. E' forse questo il motivo in grado di spiegare la quasi assoluta indifferenza delle fonti arabe a riguardo. Le scorrerie saracene colpirono invece molto più profondamente l'immaginario della Cristianità e non poche cronache Medievali ci testimoniano di violenze, stupri saccheggi e rapimenti commessi da questi uomini: valga per tutte la testimonianza fornita da un cronista di Oria a proposito delle crudeltà commesse da uno dei capi Saraceni: “Il sole e la luna si oscurarono per 25 anni fino al giorno della sua morte e che maledetta sia la sua fine”. Le loro razzie partivano generalmente dai Ribat, piccoli insediamenti fortificati e generalmente ben protetti, che servivano da basi di partenza e di sosta tra una scorreria e l'altra. La Rabatana, che oggi porta impresso nel suo nome il ricordo della loro venuta, fu una di queste basi. La posizione geografica del nostro paese si offriva in maniera particolarmente favorevole all'insediamento di questi nuclei di predoni. Posta in posizione elevata, tra due fiumi all'epoca navigabili per buona parte dell'anno e non molto distante dal mare aperto, Tursi era un luogo ideale dal quale sferrare le tanto temute incursioni. In che periodo storico si deve collocare la venuta di questi ospiti nel sito della Rabatana? E' molto difficile dirlo, vista la totale mancanza di fonti, ma sembra che la loro presenza a Tursi debba essere in qualche modo messa in relazione con la conquista di Taranto compiuta intorno all' 840 da un tale Saba ( Sawdàn?). La citta Jonica rimase infatti per circa 40 anni nelle mani degli emiri arabi tra i quali va citato quell' Abu Gia'far (Apolaffar nelle fonti latine), alleato dei vari principi Longobardi che si contendevano il ducato di Benevento. L'arrivo dei Saraceni a Tursi sarebbe dunque direttamente conseguente alla formazione di un forte e duraturo nucleo territoriale arabo a Taranto. Il nostro Paese potrebbe aver svolto la duplice funzione di base per le razzie e di avamposto difensivo dell'emirato Tarantino. Collocare la presenza Saracena a Tursi in un altro periodo, posteriore alla seconda metà del IX sec. sembra più difficile, in seguito al rafforzamento e alla vigorosa controffensiva Bizantina. Che portò, nell' 880, alla definitiva cacciata dei Saraceni da Taranto e, nell'885, alla distruzione delle loro basi di Santa Severina, Tropea e Amantea, e alla quasi totale riconquista della Calabria, sottratta al Ducato di Benevento, quando iniziano a venir meno le condizioni per quello stanziamento tanto duraturo da imprimere il segno della sua presenza nella toponomastica del luogo. Due fatti potrebbero confortare questa supposizione: il primo riguarda il flusso migratorio di lingua greca proveniente dalla Calabria che inizia ad interessare la Basilicata meridionale dagli inizi del X sec, che è segno di una sopraggiunta situazione di relativa tranquillità nella nostra area; il secondo riguarda invece la testimonianza fornita da LIUTPRANDO al rientro dalla sua missione diplomatica a Costantinopoli, nel 968, che dimostra l'esistenza in tale data di un Episcopus a Turcico, prova più che probabile di una normalizzazione avvenuta forse già da qualche tempo. Chi erano infine questi Saraceni? Chi era la gente che viveva annidata in queste inaccessibili postazioni? Ce lo dice IBN HAWQAL (anche El EDRISI, ndr.), un geografo arabo vissuto proprio in quei tempi e autore del “Libro delle vie e dei Reami”: ”Giacciono sulle spiagge del mare molti Ribat pieni di sgherri, di uomini di mal'affare, gente di sedizione, vecchi e giovani, ribaldi di tante favelle”. Le “ tante favelle” parlate nei Ribat, ci devono ricordare che, molto probabilmente, l'elemento arabo (o berbero) dovette affiancarsi ad una forte componente islamizzata ma non araba, di provenienza spagnola, siciliana, greca e slava.
Gianluca Cappucci
|