La nostra società è caratterizzata dalla presenza
di problematiche che colpiscono la vita di noi giovani. Oltre alle dipendenze
di alcol e droga, si stanno diffondendo disturbi del comportamento alimentare,
che devono essere considerati delle vere patologie, implicando un gruppo di
sindromi cliniche, per cui ad una condizione psicopatologica corrisponde un
alterato comportamento alimentare. Tra i disturbi maggiormente
presenti, a partire da una fascia di età mediamente intorno ai 16-17 anni,
evidenziamo l'anoressia nervosa, con un quadro clinico di maggiore gravità e con conseguenze fisiche fino al rischio di
mortalità. E' il quadro più grave poiché è determinato da un'alterazione
psicopatologica più profonda: mentre negli altri disturbi di comportamento
alimentare il problema è un alterato rapporto con il cibo, nell'anoressia il
problema è un rapporto patologico con il proprio corpo e con la propria
sessualità che solo secondariamente comporta il disturbo alimentare. Il
dimagrimento rappresenta il tentativo di correggere le proprie fattezze fisiche
sgradite o non accettate.
Secondo il quarto Manuale Diagnostico e Statistico
per i disturbi mentali, i sintomi fondamentali di tale disturbo sono quattro e devono
essere presentati tutti perché il quadro sia tipico e conclamato. 1) Perdita di
peso, con la presenza di due diversi sottotipi del disturbo: "sottotipo con
restrizioni" e "sottotipo con abbuffate e condotte di eliminazione"; nel primo
si assiste ad una riduzione globale dell'apporto dietetico oppure ad una
riduzione dell'apporto calorico per selezione di specifici alimenti (la carne,
i carboidrati). Nel secondo si tende a ridurre l'apporto calorico, ma non si
riesce a mantenere un controllo costante del proprio comportamento alimentare:
le rigorose limitazioni autoimposte cedono all'impulso di mantenere in
poco tempo una grande quantità di cibo. Sono presenti aspetti impulsivi
caratterizzati dall'abbuffata e aspetti compulsavi, cioè i rituali di eliminazione
del cibo, ovvero i rituali per favorire il consumo delle calorie con vomito
indotto, abuso di lassativi e abuso di diuretici. 2) Timore intenso di
ingrassare, nonostante si sia sottopeso; si tratta di un atteggiamento
fobico che si rende particolarmente manifesto quando la bilancia segnala
l'aumento del peso o anche soltanto nel timore che questo accada. 3) Alterata
immagine corporea; ci si vede grassi o ci si vede troppo abbondanti in alcune
parti del corpo. 4) Amenorrea da almeno tre mesi; è importante sottolineare che
si tratta di un sintomo fondamentale in quanto spesso è primario e non secondario al calo ponderale: è un'amenorrea psicogena determinata da una
disfunzione centrale ipotalama, analoga a quella che si può osservare in
concomitanza a periodi di intenso stress emotivo. Inoltre le abitudini
alimentari, il calo ponderale e l'eventuale aumento di attività fisica possono
naturalmente determinare anch'esse amenorrea o sostenere quella che si è
avviata come psicogena.
Oltre ai sintomi fondamentali, in un quadro globale
dell'anoressia si possono riscontrare altri sintomi e altri elementi
psicopatologici che, sebbene siano meno frequenti, sono comunque meritevoli di
attenzione: - ritiro sociale e coartazione affettivo-sessuale; iperattività (sopratutto
nelle prime fasi del disturbo, le giovani possono apparire molto attive e piene
di energia; si dorme poco, non si accusa stanchezza, e tutto ciò
contrasta naturalmente con lo scarso apporto calorico e con il dimagrimento; talora,
l'iperattività si esprime anche con un'intensa ed esagerata prestazione
sportiva, convinti di ridurre il peso corporeo anche in questo modo); -
depressione dell'umore (è frequente osservarla dopo qualche tempo dall'esordio,
quando l'iperattività viene meno per l'impossibilità fisica a reggere i ritmi).
Come si può comprendere, ogni azione o pensiero di
ragazzi con tali problematiche sono dovuti al contrasto tra l'impulso
fisiologico ad aumentare di peso e il desiderio di essere magre o, per meglio
dire, sottopeso. Lo scontro tra un'esigenza naturale e il desiderio di
controllarla non è semplice, e lo sforzo necessario per vincere questa
battaglia quotidiana è così imponente che non lascia assolutamente tempo per
dedicarsi ad altre cose. Tutto ciò che hanno attorno (i genitori, gli amici
ecc.) passa in secondo piano, assume un valore secondario e irrilevante. Non è
facile entrare in questo mondo chiuso e ostinato, ed è vano ogni tentativo di
riportarli alla ragione, di farli notare che hanno un aspetto
sofferente, scheletrico, che stanno rischiando la vita. Ne sanno qualcosa
i familiari coinvolti in questa malattia, che si vedono impotenti a modificare
pur di pochissimo l'atteggiamento della figlia/o. Per questo anche i genitori,
i fratelli e tutti quelli che vivono da vicino la malattia subiscono spesso
contraccolpi psicologici tali da arrivare alla disperazione e ad ammalarsi loro
stessi, rendendo necessario talora un intervento psicologico parallelo alla
famiglia.
Sembra ovvio chiedersi perché queste ragazzi
non si rendano conto della loro condizione. Perché siano così ossessionati dal
peso e dall'aspetto da mettere a repentaglio la loro stessa vita. Non è facile
rispondere a questa domanda, ma per capire bisogna andare oltre l'apparenza,
iniziando a osservarli dentro. Infatti, un esame superficiale può indurre
gravi errori di interpretazione, inducendo a banalizzare il problema e a
iniziare con le/i ragazze/i una sterile guerra condotta sul peso, sul
corpo, sul cibo, che può provocare solo disperazione e senso di impotenza. Così,
se vogliamo comprendere l'anoressia, dobbiamo intendere la sua manifestazione
esteriore come una risposta a un profondo disagio interno, che si estinguerà
solo con la graduale modificazione dei meccanismi psicologici che lo causano.
L'anoressia può dunque essere vista come una lotta quotidiana tra un bisogno
fisiologico essenziale di nutrimento e un desiderio psicologico di magrezza
estrema per affermare se stesse.
Si possono distinguere diverse fasi dell'anoressia.
Nella prima, inizialmente, le fatiche
dovute alla restrizione alimentare vengono "rinforzate" (cioè
elogiate e approvate) dai genitori, dai parenti e dagli amici, e ciò procura
una grande gratificazione e soddisfazione personale, soprattutto se il disagio
e la sofferenza di partenza erano considerevoli. In un secondo momento lo
stress e le fatiche della restrizione vengono sostituiti da un maggior senso di
energia e da un generale stato di benessere. Questo sembra essere un meccanismo
biologico essenziale per la conservazione della specie: infatti nei momenti di
carestia è necessario che qualsiasi animale o essere umano faccia fronte a tale
emergenza con un innalzamento dell'umore e di vitalità, per sopportare meglio
la difficoltà e mettersi alla ricerca di nuovo cibo. Nella seconda, quando termina lo stato di benessere dovuto alla
perdita di peso, la mente viene sempre più invasa da pensieri ossessivi
riguardanti il cibo. Anche questi pensieri nascono dall'istinto naturale, che
governa la persona sino a quando non trova cibo per alimentarsi e quindi
sopravvivere. Tale desiderio di nutrirsi è così intenso che la persona diventa
sensibile a ogni odore, profumo e stimolo riguardante il cibo, e tutto il resto
viene messo in secondo piano. Nasce così la paura di ingrassare e di perdere il
controllo, e in effetti il rischio di abbuffate esiste, per questo in tale fase
si accentuano i rituali ossessivi e le regole rigide elencati in precedenza. L'umore
diviene depresso, irritabile, ansioso, e genitori e parenti che circondano i
ragazzi cominciano a criticarli con insistenza. Nella terza fase, si accentuano sempre più le emozioni negative;
vengono anche compromesse le funzioni delle attività mentali superiori, come la
concentrazione, la memoria, la capacità di giudizio critico. Se nella seconda
fase è ancora possibile studiare e ottenere buoni risultati a scuola, in questa
ci si trova nell'impossibilità di seguire una normale attività sia scolastica
che lavorativa. Quando la perdita di peso è particolarmente accentuata,
l'iperattività viene incrementata. Frequenti sono inoltre i disturbi del sonno.
Infine, per una percentuale di ragazze che vanno incontro alla morte, nei mesi
che precedono il tragico evento scompare l'ossessione per il cibo e compare un
profondo stato di depressione e di astenia. A questo punto le capacità logiche
e critiche sono a tal punto compromesse che la ragazza non si rende più conto
di cosa sta succedendo, e solo se obbligata e fisicamente costretta a mangiare
è possibile un recupero, pena la morte.
Dalla descrizione fatta si può comprendere come man
mano che il dimagrimento si fa più severo, la mente viene invasa sempre più
dalla paura di perdere il controllo e di ingrassare. Tale pensiero diventa col
tempo l'unica legge che governa la mente di queste ragazze/i , al punto che
diventa impraticabile ogni tentativo di convincerli a un trattamento se non
quando toccano il fondo. Questo fa capire che la motivazione al trattamento
dovrebbe iniziare quanto prima, nella seconda fase almeno, altrimenti solo un
forte processo di costrizione può far desistere una ragazzo/a dal perseverare.
Miria Cafaro
|