L'avvocato Luciano Natale Vinci inizia la collaborazione con Tursitani.it
Questa prima
corrispondenza segna l'avvio della collaborazione esclusiva dell'avv. Luciano Natale Vinci su Diritto di famiglia e tutela dei minori. Lo ringraziamo molto della disponibilità e della professionalità, che certamente saranno molto apprezzate non soltanto dai nostri affezionati e interessati lettori-navigatori.
Domanda - Gentile Avvocato, io e mio marito, dopo anni di crisi, abbiamo deciso di
separarci. Entrambi condividiamo l'idea di una separazione consensuale anche
se, in verità, ultimamente sono assalita dal dubbio di sbagliare.
Il mio
problema nasce dal fatto che mio marito mi ha già detto che, subito dopo la
separazione, si trasferirà a vivere in Germania per ragioni di lavoro, mentre
io rimarrò a vivere in Basilicata. Ciò nonostante lo stesso mi dice che
accetterà una separazione consensuale solo se gli verrà riconosciuto
l'affidamento condiviso dei nostri figli, di 4 e 7 anni. E' giusta questa sua
pretesa? Nel caso in cui sarà necessaria una separazione giudiziale,
considerata la partenza del padre per un'altra nazione, potrei ottenere
l'affidamento esclusivo dei bambini? (Anna)
Risposta - La Legge 8
febbraio 2006, n. 54, entrata in vigore nella data del 16 marzo 2006,
contenente disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento
condiviso dei figli, nell'abrogare la vecchia disposizione di cui all'articolo
155 del codice civile, ha elevato a regola il cosiddetto diritto alla bigenitorialità
del minore, vero e proprio principio ispiratore della legge di riforma. Ed
infatti, il primo comma del novellato articolo 155 del codice civile sancisce
il principio per cui: "Anche in caso di separazione personale dei genitori
il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e
continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da
entrambi...".
La norma, non senza una punta di enfasi, privilegia come
regime normale di affidamento dei minori l'affidamento condiviso che, in
effetti, quantomeno sulla carta e in una dimensione squisitamente teorica,
dovrebbe assicurare l'auspicabile obiettivo della paritaria condivisione del
ruolo genitoriale. Con la riforma dell'anno 2006, dunque, l'affidamento
condiviso - consistente nell'esercizio della relativa potestà da parte di
entrambi i genitori ed in una necessaria condivisione delle decisioni attinenti
alla sfera personale e patrimoniale del minore - si pone non più, come in
precedenza, quale evenienza residuale bensì come regola destinata a trovare
ordinaria applicazione. Il novellato articolo 155 del codice civile, come è
evidente, capovolge il rapporto tra regola ed eccezione tanto che l'affidamento
esclusivo, contrariamente a quanto avveniva in passato, rappresenta, oramai,
soluzione di natura estrema ed eccezionale ed invero, per espressa previsione
di legge, potrà essere pronunciato solo dopo che il giudice abbia valutato "prioritariamente
la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori" e
solo quando tale possibilità debba essere esclusa poiché risulti contraria
all'interesse superiore del minore, come recita l'articolo 155 bis del
codice civile.
Poste tali imprescindibili premesse, è doveroso evidenziare come
il Legislatore, forse per difetto di lungimiranza, forse perché, per dirla con
Jemolo, la famiglia è un'isola che il mare del diritto può solo lambire e
non penetrare, limitandosi a dettare il principio in forza del quale il
diritto alla bigenitorialità debba essere sacrificato nelle sole ipotesi in cui la sua applicazione risulti
contraria all'interesse del minore, non ha tipizzato le circostanze che,
concretamente, possano ritenersi ostative all'adozione dell'affidamento
condiviso di talché, la individuazione di tali circostanze, è interamente
rimessa al solito e prudente apprezzamento del giudice che, in materia, dispone
di un ampio (forse troppo) potere discrezionale. E' consequenziale che, stante
il silenzio del Legislatore sul problema affrontato nel presente articolo, la
risposta allo stesso è necessariamente incerta e non univoca. In ogni caso,
nello scorrere le sentenze in argomento, sia di merito che di Cassazione, si
evince come una delle motivazioni per cui l'affidamento condiviso dei minori
debba considerarsi pregiudizievole per gli stessi sia proprio quella della
residenza dei genitori in città diverse e lontane.
Tale principio, ad esempio,
è stato affermato dalla Corte d'Appello di Bologna con decreto 1 - 28 dicembre
2006 relativo ad un caso in cui la madre aveva chiaramente manifestato la
volontà, in seguito alla separazione, di abbandonare la città in cui si era
svolta la vita matrimoniale e dove sarebbero rimasti collocati i minori. Nello
stesso senso si è pure espressa la Corte d'Appello di Roma che, nell'ipotesi di
due genitori stabilmente residenti in due paesi europei, ha affermato: "la
notevole distanza geografica tra i due genitori non giustifica il richiesto
affidamento della minore ad entrambi i genitori" (Corte d'Appello di Roma,
7 - 30 novembre 2006).
Analoga ipotesi di genitori residenti in nazioni diverse
è pure quella di cui alla pronuncia di affidamento monogenitoriale del
Tribunale di Mantova del 31 agosto 3006 e, a uguale conclusione sono giunte le
Corti d'Appello di Torino (provvedimento del 27 settembre 2006) e Caltanissetta
(provvedimento del 29 luglio 2006) e, ancora più significativamente, la Suprema Corte di Cassazione (sentenza n.
16593/2008). Per dovere di completezza, deve tuttavia evidenziarsi che non mancano
pronunce di segno opposto. Il Tribunale di Messina, per citarne qualcuna, nel
proprio provvedimento del 22 gennaio 2008, ha espressamente affermato che: "di
per sé, la lontananza non costituisce ostacolo alla condivisione delle
responsabilità genitoriali" mentre il Tribunale di Nicosia, con decreto del
15 aprile 2008, ha ritenuto conforme all'interesse del minore l'affidamento
condiviso anche in ipotesi di lontananza dei genitori, accogliendo la richiesta
del genitore non convivente di visitare i figli anche mediante collegamento in
video - ripresa tramite internet al fine di consentire un contatto
costante e capace di ridurre le mancanze educative inevitabilmente connesse al
cambiamento di residenza dell'altro genitore.
La questione, come è chiaro, è
tutt'altro che pacificamente risolta. Ad avviso di chi scrive, una
considerevole distanza fra i luoghi di residenza dei genitori è argomentazione
bastevole ad escludere l'affidamento condiviso poiché la distanza geografica è
inconfutabilmente un limite oggettivo al quotidiano esercizio del ruolo genitoriale
di cura, sostegno ed educazione. Ed invero, prevedendo l'affidamento condiviso
che i genitori assumano in accordo tra loro le decisioni di interesse per la
prole, deve senz'altro ammettersi che la situazione di cogestione della stessa
è resa particolarmente complessa, se non impossibile, dall'assenza fisica di
uno dei genitori. L'affidamento condiviso, peraltro, postula quantomeno
un'adeguata ripartizione dei compiti connessi alla gestione della prole, così
da potersi realizzare un equo bilanciamento delle sfere di competenza di
ciascun genitore.
E' necessario, dunque, per la piena affermazione del
principio della bigenitorialità, che i genitori partecipino in maniera diretta
e significativa alla cura del figlio per attuare concretamente le scelte
concordemente assunte ciò che, com'è fin superfluo evidenziare, non può
avvenire nel caso di lontananza tra i genitori che, di certo, impedisce il
concreto e quotidiano esercizio dei compiti di gestione. La presente linea
interpretativa, sempre a parere dello scrivente, trova un indubbio riscontro
nel disposto di cui all'articolo 155 quater, II comma, codice civile, in
forza del quale: "nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il
domicilio, l'altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le
modalità dell'affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti
adottati..." .
Per tutte le considerazione svolte, ritengo che fondatamente
si possa, in mancanza di un accordo di tipo consensuale, proporre istanza di
affidamento esclusivo nella ipotesi in cui, dopo la separazione, uno dei
genitori si trasferisca a vivere lontano dal luogo di abituale residenza dei
suoi figli minori.
Avv.
Luciano Natale Vinci
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