Incontro universitario con Nanni Moretti: "Per accontentare il pubblico si
commettono i peggiori delitti. Il cinema d'intrattenimento andrebbe migliorato.
Il mio ideale è fare sempre lo stesso film, possibilmente sempre più bello.
Ora, forse, la prima parte non so se la sposerei".
L'uscita de Il Caimano era attesa nelle
sale, ma alcuni pensavano che il film fosse più graffiante, più satirico. Si è
trattato di una scelta artistica o di un modo per tutelarsi?
L'attesa
era dovuta al clima isterico che c'era in Italia in quei giorni per via della
campagna elettorale. Inoltre, i giornali italiani enfatizzano e drammatizzano
tutto, creando su un film, che nessuno aveva visto, un
dibattito politico e giornalistico ridicolo. Parlavano del film, che sarebbe
uscito da lì a poco, come di un film di propaganda; invece, giro film diversi:
o molto personali o, quando racconto la politica, film che fanno
il contrario, cioè prendo in giro la mia parte politica, la sinistra. Mi sembra
sbagliata l'espressione "satira". Come spettatore non sono interessato alla
satira politica; infatti, quando interpreto Berlusconi non mi interessa fare la
parodia o l'imitazione, ma semplicemente ho l'impressione che le sue parole non
facciano più impressione se dette da lui. Per quanto riguarda la sola parte
politica che non sia graffiante, non sono d'accordo, perché due pezzi di
repertorio rimangono: quando Berlusconi, in tribunale, parla dei gioielli che
regalava alle mogli dei suoi dirigenti; e, poi, l'esordio al parlamento europeo.
Dove si trova più a suo agio: nella
figura di Teresa (Jasmine Trinca) regista esordiente; nella mente di Bruno
(Silvio Orlando); nella figura dell'attore (Michele Placido); oppure,
nell'attore interpretato da lei stesso? Quale ruolo ricopre lei?
Sono
un po' Teresa e un po' Bruno, nel senso, quando Bruno scopre che ha portato
alla Rai una sceneggiatura su Berlusconi, va a sbattere e dice come mi vuoi far
fare uno di quei film politici di sinistra che non mi piacevano trent'anni fa
figurati ora, in questo caso sono Bruno, ma contemporaneamente con Teresa
quando si chiede, come sia possibile che nessuno abbia fatto un film su
Berlusconi; invece, negli USA, sul presidente ci sono film d'ogni genere. Con
Teresa quando ha i suoi dubbi, le sue crisi. Con Bruno, per il suo rapporto
totale con il cinema. Per quanto riguarda i diversi ruoli che io ricopro, da
adesso forse le cose un po' cambieranno, questo è il primo film in cui non sono
il protagonista; fino ad ora, consideravo tutto come un
unico lavoro: sceneggiatore, regista e attore. In due sensi: da un lato,
pensavo di poter essere sceneggiatore solo dei miei film, essere attore solo
dei miei film, di essere regista solo dei miei film; dall'altro, quando da solo
scrivevo sceneggiature di un film o con altri, mentre scrivevo erano sì scelte
di scrittura ma erano già scelte di recitazione. Viceversa, quando recito sul
set certe scelte di interpretazione erano anche scelte di regia o di scrittura,
insomma cambiare certi dialoghi, in questo senso questi tre ruoli mi facevano
sentire un'unica cosa.
Recitare in film non diretti da lei come
ne Il Portaborse?
Infatti,
ora interpreterò un film tratto da un libro, Caos calmo di Antonello
Gimaldi. Le tre figure si stanno scomponendo. Mi ero trovato una frase
slogan, anche se oggi non so se sono d'accordo: "Il mio ideale è fare sempre
lo stesso film, possibilmente sempre più bello".
All'inizio della sua carriera a quali
registi faceva riferimento? Quali film va a vedere al cinema? Ritiene che ci
siano dei suoi eredi?
Ma,
eredi... mi ha molto incuriosito il percorso di Matteo Garrone, ha girato ben cinque film; è un regista che sembra
funzionare, i suoi primi tre film avevano un tratto tra il diaristico e il
documentaristico; poi,
invece, negli ultimi due film è passato a raccontare delle storie più
d'invenzione. Agli inizi della mia carriera guardavo al cinema d'autore: la
nouvelle vaugue, Bellocchio, Pasolini, Bertolucci, Olmi, Ferreri, Taviani. Era un cinema attento, rifiutava l'eredità della società e
del vecchio cinema. Al cinema vado a vedere un po' di tutto; con mio figlio
sono andato a vedere anche film trash come Men in black 2, Matrix; però, grazie a
lui ho visto cartoni animati bellissimi: Nemo, Mulan,.... Gli americani sono
bravi perché con un cartone animato riescono a far divertire persone d'ogni
età. Vado a vedere anche il cinema di confezione, se ben scritto e ben diretto.
Strano sentire da lei che c'è bisogno di
un cinema d'intrattenimento.
No,
no. Ma dato che c'è quello, dovrebbe essere fatto meglio. Ci sono persone che
vanno molto al cinema altre meno, per questi si dovrebbe migliorare.
In Italia è difficile girare bei film di
confezione. Quindi quali sono i limiti e i punti di forza del nostro cinema?
Nel
nostro paese il cinema non è preso sul serio. È un fatto di clima; molte persone
hanno la sensazione che il cinema costi troppo, ma negli ultimi quindici anni è
la cosa meno aumentata. Poi, su sette reti televisive c'è solo una trasmissione
sul cinema presentata da Marzullo,
al quale non interessa nulla di cinema. Un altro punto debole è una quasi
incapacità a fare cinema di confezione per il pubblico, capace di essere
distribuito anche in altri Paesi. In questo senso, Manuale d'amore di Veronesi è stato di livello più alto,
rispetto ai film di Natale. Molte volte i produttori, i registi, gli
sceneggiatori dicono di costruire i film per il pubblico, insomma, per via
degli spettatori sono commessi i peggiori delitti. Punti di forza, forse il
fatto che rispetto a dieci-quindici anni fa, ci sono nuovi registi e nuovi film
che hanno conquistato il pubblico italiano. Perché prima chi andava al cinema
spesso non voleva vedere film italiani, ritenuti miseri, pretenziosi, noiosi.
Poi, il successo dei film di Soldini,
di Sorrentino, della Comencini, hanno aiutato il pubblico
italiano a recuperare la fiducia.
Teresa Ottomano
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