Tursi - Tra
le molte e belle peculiarità esteriori, quella che suscita
maggiore interesse, per il suo unico e suggestivo impatto visivo, è
senza dubbio la conformazione del suolo circostante, con le famose
timpe, caratterizzate da numerose incisioni naturali,
alternate a stretti e irti spartiacque. D’altronde la forma dei
centri urbani è strettamente condizionata dalla natura
geologica, idrogeologica e morfologica del territorio circostante.
Ecco perché è indispensabile acquisire tali specifiche
conoscenze, proprio al fine di un’adeguata programmazione dello
sviluppo urbanistico e di come conservare, intervenire ed utilizzare
l’immenso patrimonio storico-culturale ed architettonico dei centri
abitati. Insomma, per una cultura ambientalistica e paesaggistica, è
anche opportuna una lettura geologica del nostro tessuto urbano.
Chiediamoci, perciò, quali sono le nostre rocce tipiche? come
si formano? che età hanno? Per rispondere, è necessario
osservarle con attenzione e nei luoghi panoramici, i quali, possono
rivelare preziosi e sorprendenti elementi diagnostici, che aiutano a
comprendere l’esistenza di un’interconnessione tra l’ubicazione
dei centri urbani e la geologia locale, la quale, assumendo un ruolo
determinante per la “vita” di un paese, potrebbe interessare
anche quei turisti attratti da altri interessi, storico-culturali o
eno-gastronomici. Dunque, il centro urbano tursitano è stato
edificato parzialmente sopra terreni sabbiosi, sui tratti
conglomeratici del torrente Pescogrosso ed in piccole zone argillose,
ciascuno con la loro tipizzazione litologica. Fatta eccezione per
quest’ultima collocazione, possiamo dire, in sintesi, che la parte
a valle di via Roma (rione Europa), viale Sant’Anna, della zona
Ponte Petrilli e dei rioni San Sebastiano e Santiquaranta, sono
impostati sui terreni alluvionali, mentre il centro storico e i
rioni San Rocco e Costa ricadono sui terreni sabbiosi. I
depositi conglomeratici fanno parte delle “Alluvioni Recenti
ed Attuali”, sono costituiti da strati orizzontali di conglomerati
e sabbie limoso-argillose, con lenti ghiaie sabbiose, e rappresentano
l’alveo di piena dei fiumi, sovente sedi di intense coltivazioni
(golene), poichè molto fertili; la loro età, indicata
nella Carta geologica, è riconducibile all’intervallo di
tempo compreso tra 0,01 milioni di anni e l’attuale, per cui,
geologicamente parlando sono molto giovani e collocabili nel periodo
Olocenico dell’Era Quaternaria. Le
sabbie, in gergo dialettale timpe, appunto, sono
caratterizzate da una struttura mineralogica di natura
prevalentemente quarzoso-feldspatica e subordinatamente minerali
follosilicatici (miche), a grana fine, di colore giallo ocra. Note in
letteratura come “Sabbie di Tursi” (prendono il nome dal
luogo in cui è stata rinvenuta la loro successione tipo, come
altre formazioni rocciose vicine, ad esempio la Flysch di
Gorgoglione, da cui si ricava la famosa “pietra”), si sono
formate in un “periodo geologico” relativamente breve, compreso
tra 1,8 e 1,6 milioni di anni, nel Pleistocene (in particolare
Calabriano), oltretutto segnando il passaggio dall’Era Cenozoica (o
Terziaria) al Quaternario. Le sabbie in grande scala, formano un
corpo geometrico lenticolare incuneato nella formazione delle
“Argille di Montalbano Jonico”. Queste ultime, possono, in
determinate condizioni, evolversi nei famosi “calanchi”,
visibili a partire da Tursi-Ponte Masone, Montalbano, Pisticci,
Craco, Aliano, ecc… Dal punto di vista fisico-chimico, le sabbie
sono caratterizzate da una debole coesione e da una discreta
porosità, permeabilità e addensamento, tale, per
esempio, da consentire ai nostri avi di scavare numerose grotte
ancora oggi ben conservate, mentre, fatto salvo per alcuni blocchi
tiltati (ruotati), la stratificazione ha un generale andamento
suborizzontale, con inclinazione da circa 3 a 15° ed immersione
verso E-SE, nella quale non si riscontrano faglie o gravi fenomeni
franosi. Sono frequenti, però, sfettamenti superficiali e
conseguenti frane da crollo, oltre a un modesto ma costante fenomeno
d’erosione superficiale, ad opera degli eventi metereologici e
climatologici (azione eolica, ovvero del vento, piogge, escursione
termiche giornaliere ed annuali, ecc.) che, agendo sugli strati più
superficiali, formano nelle timpe quella arcinota morfologia. Tuttavia,
dalle indagini sismiche eseguite nell’abitato, in particolare nel
centro storico, è emerso che le Sabbie di Tursi,
offrono una certa resistenza ai terremoti, probabilmente dovuta alla
notevole quantità di vuoti e cavità presenti, con la
debole costipazione delle stesse, le quali, evidentemente, dissipano
una parte dell’energia del sisma riducendo la velocità delle
onde di propagazione (ma solo una serie di studi potranno fornire
indicazioni più precise). In
conclusione, penso che sia auspicabile, possibile e altresì
necessario, continuare l’azione di recupero e di valorizzazione del
patrimonio storico-architettonico esistente. Fortificheremo così
la quasi dimenticata conoscenza delle nostre radici e del passato
anche recente, con i protagonisti della storia dell’intera
Basilicata. Non dimentichiamo, oltretutto, che questa impostazione
favorisce lo sviluppo turistico, senza dubbio fonte di economia, di
scambio e di arricchimento culturale.
Domenico Liguori
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