Tre interventi di A. LOSTAGLIO: Rionero in Vulture a Geo&Geo (su
Rai3) - "Il telo di lino" di Marcella Libutti - Tempo libero e tempo liberato
Rionero in Vulture a Geo&Geo (su
Rai3)
Rionero
è stata fra le protagoniste della speciale rubrica di Rai3 Geo&Geo in onda
nel pomeriggio di venerdì 16 luglio: una quindicina di minuti tecnicamente
perfetti (nei tempi e nel montaggio) per raccontare una cittadina, la sua
tradizione e quindi il bacino lacustre di Monticchio, con la sua impareggiabile
storia e la lussureggiante natura.
"Alla scoperta di Rionero in Vulture in Basilicata"
il titolo, e questo, in sintesi l'aspetto trattato dal programma: "L'itinerario
ci conduce a scoprire Rionero dominata dalla mole dell'antico vulcano del
Vulture, la sua antica tradizione vinicola che risale al tempo dei greci e
ancora oggi si mantiene a livelli di eccellenza. L'itinerario prosegue
all'interno del cono del vulcano dove si trova la riserva naturale gestita dal
Corpo Forestale dello Stato. Qui scopriamo due laghi dai colori diversi. I
resti dell'abbazia di Sant'Ippolito sembrano fronteggiare l'abbazia di
Monticchio ricordando la rivalità e le lotte religiose tra la chiesa greco
ortodossa e la chiesa romana che si svolsero in questi territori nell'XI°
secolo". Una sintesi arricchita da efficacissime immagini, lontane da quelle
del dopo-ferragosto o di Pasquetta, resoconto di un turismo approssimativo che
caratterizza da troppi decenni la non adeguata valorizzazione di un territorio.
Il programma ha invece messo in luce la riscoperta
di un luogo storico (ha visitato Palazzo Fortunato, le sue stanze, l'immensa
biblioteca e i giardini), addentrandosi quindi nelle peculiarità vinicole, e
trattando di Monticchio, con il suo immenso valore floro-faunistico.
Rispolverando, dunque, libri di storia apprendiamo
quanto viaggiatori e storici scrissero di questa cittadina, già nel XIX secolo.
Viaggiatori come Edward Lear o Cesare Malpica. Ecco cosa scrive nel 1847
Malpica, quando Rionero
in Vulture contava 10193 abitanti, Atella da cui dipendeva 1200; Melfi ne
contava 9000 e Potenza 8500; Matera poco meno di 8000 anime. " Rionero è colto,
ricco, fiorente ed industrioso. Ha bei fabbricati, buone strade e una graziosa
strada. La sua chiesa, quando sarà restaurata, potrà dirsi bella, ora è solamente
grandiosa. Vi si lavora egregiamente il ferro, è abbondante di prodotti, ci ha
a dovizia i comodi della vita ... Né so perché abbiano nomata la città. Non v'ha
nulla di nero in essa; anzi ha un'aria
di decenza che potrebbe non scernere sol chi viaggia in cerca di un ottimismo
che di rado si incontra. Bellissima è la sua posizione; l'albanese Barile e
l'antichissima Atella le stanno ai fianchi, quasi fossero due suoi sobborghi. A
ritta si alza il Vulture e con le sue cime boscose le mostra intera la sua forma."
Un'apprezzabile
descrizione che viene da lontano nel tempo, e che un buon programma televisivo
ha saputo oggi evidenziare con efficacia. Spiacerebbe, tuttavia, se la sua
visione non fosse stata fruita da chi decide ai diversi livelli della
emancipazione e delle sorti turistiche del territorio, APT compresa.
"Il telo di lino" di Marcella Libutti
Riteniamo
utile parlare solo oggi del romanzo "Il telo di lino" scritto da
Marcella
Libutti (Albatros, 2010, pagg.384) lontano dal clamore mediatico
suscitato la
primavera scorsa, con milioni di pellegrini, dall'Ostensione della Sacra
Sindone nel duomo di Torino. Il romanzo della Libutti (sua prima
pubblicazione), vede al centro del racconto proprio il Sacro Lino, in
una
atmosfera che sfiora il noir come costruzione e descrizioni accurate,
mediante
il senso della suspense, in
ambientazioni realistiche dettagliate e soprattutto personaggi mai privi
di
profondità o di caratterizzazione. Il romanzo ricama dunque una trama
ben congegnata,
ricca di colpi di scena, in un intrigo internazionale che si dipana
nell'arco
temporale degli ultimi sei secoli. Mediante brevi tratteggi di cronaca,
che
spaziano apparentemente indipendenti, il racconto della Libutti sa
essere
innovativo e porsi quesiti anche di ordine morale e religioso:
"nell'inquietudine del desiderio di conoscenza, nella brama di dominio
delle
opposte forze del bene e del male " - scrive Emanuela Marinelli in
prefazione -
alberga la misteriosa diversità dell'uomo da qualsiasi essere vivente.
Ma ciò
si può compiere solo alla luce della scintilla superiore insita nella
sua
natura; all'uomo alimentarla e coltivarla con le sue scelte". E' dunque
un viaggio nei secoli, dalla Torino
del 1486 al 1492 sulle caravelle di Colombo verso il Nuovo Mondo, al
1635 della
Manhattan fino alla Parigi del 1731 e alla fetida Londra di un secolo
dopo con
le macabre gesta dello Squartatore: cerchio che si chiude nella Torino
del 2008
e fino ai giorni nostri. In questo
peregrinare di uomini e situazioni, l'inchiesta poliziesca sulle tracce
della sparizione del Sacro Telo consente connotazioni che evocano Arthur
Conan
Doyle (di Sherlok Holmes). E si può persino scorgere il Simenon che si
discosta dagli schemi
dell'inchiesta per tracciare suggestivi ritratti psicologici ed evocare
le atmosfere
del luogo, quasi sempre Torino e il suo carico di fascino ambiguo fra il
bene e
il male. Non già dunque il "chi è stato" del classico giallo, ma il
perché, il cosa è successo nell'esistenza di una persona per portarla
fino
all'atto criminoso di una così straordinaria "sparizione". Fra i
protagonisti
del romanzo, dicevamo, è il capoluogo piemontese con i collegamenti a
"triangolo" (il bianco e il nero) con altre città (Praga, Lione), e la
metropoli sotterranea propizia agli enigmi; la Torino metafisica, come
la percepì
De Chirico. Va dunque colta una sorta di noir metropolitano, nel senso
che la
città diviene interprete, come in Ed McBain
(pseudonimo di Salvatore Lombino di origini lucane) e la sua New York, in James Ellroy
e la sua Los Angeles,
Jean-Claude
Izzo per Marsiglia, Paolo Roversi per Milano. La
Libutti indaga fra fede e scienza, "aspirando - scrive in postfazione Vittorio
Sgarbi - a un homo homini deus rispetto ad homo homini lupus". L'intreccio è
per lunghi tratti delizioso, la Libutti sa ordire e corteggiare i suoi personaggi scoprendoli
nella loro recondita umanità, la sottile linea che separa il bene e il male che
attraversa il cuore di ognuno (secondo Solzenicyn). Un ritratto di famiglia
apparente (la zia, il nipote adolescente, la poliziotta e i collaboratori, gli
intellettuali smaniosi e una massoneria invisibile. Tutto riconduce ad un
finale imponderabile. E forse la dedica
proemio dell'autrice ne ricuce ogni imprevedibilità, sancendo un senso di
prospettiva, di conforto quando scrive
"Ci sono anni che vorresti dimenticare e altri che vorresti durassero per
sempre. E ce ne sono altri così intensi da lasciarti senza fiato ... Agli anni
fecondi e alle persone che li rendono tali".
Tempo
libero e tempo liberato
Può capitare fra le mani un vecchio testo, una
poesia che riesce a riconciliare col passato, con la giovinezza degli anni '70,
e ritrovarlo sempre attuale, sempiterno com'è la poesia, nel suo lo sguardo
interiore. E fa bene specie nei periodi di calura come questo, dove la mente
può mettersi a dimora o riflettere sul tempo liberato, atteso che sia davvero
libero. E capitano dei versi così semplici e così urgenti, da sembrare non più
reali. Un poeta cantante come Leonard Cohen, dalla voce suadente e versi
appassionati (fra il politico e la vita interiore), ci ricorda quanto è
importante ogni tanto capire chi siamo, e dove approdano le nostre ansie. E
forse suggerirci che se ognuno ambisse ad un pizzico di umiltà in più, sapesse
riconoscere i propri limiti (come fa questo grande poeta-cantante), forse il
mondo che ci circonda sarebbe migliore. O almeno lo vedremmo tale,
quanto meno migliorabile. Per una ulteriore qualità di vita.
Ecco cosa scrive Leonard Cohen nella poesia dal
titolo Migliaia, dal "Libro del desiderio".
Tra le migliaia/
di coloro che sono conosciuti/ o aspirano a farsi conoscere/ come poeti,/ forse
uno o due/ sono poeti autentici/ gli altri sono finti;/ gente che bazzica i
sacri recinti/ cercando di darla a bere./
Non c'è
bisogno che vi dica/ che io sono di quelli finti/
e questa è
la mia storia.
Armando Lostaglio
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