Nova
Siri - La rassegna "Cinemada Mare" ospita Frans Weisz, 65 anni, un
maestro della vivace cinematografia olandese. Pur avendo lavorato parecchio in
Italia, Weisz è praticamente sconosciuto da noi, ma questo rende ancor
più meritoria la scelta del direttore Franco Rina. L'illustre regista ha
presentato a Tursi e in anteprima mondiale la sua ultima opera, "De Tafel"(Il
tavolo), un corto che ha suscitato consensi unanimi della critica, per il
lirismo poetico che lo pervade, nella ricostruzione a ritroso delle vicende di
un tavolino finito in una discarica, che attraversa praticamente l'intero
Novecento. Incontrato prima dell'intervista serale in pubblico, l'autore si è
soffermato sui film brevi.
Ci
è sembrato comunque una lezione di grande cinema.
Dico sinceramente
grazie a tutti per l'accoglienza riservata al film e non solo. In
effetti, la scelta creativa della lunghezza non dev'essere un ripiego, né un
problema extracinematografico. Se avessi avuto finanziamenti illimitati, non
avrei cambiato i film che ho fatto, alcuni premiati in tutto il mondo proprio
come corti.
Perché
ha accettato subito l'invito?
La verità è che vengo sempre volentieri
in Italia, dove arrivai nel 1960 e poi mi sono diplomato in regia al Centro
sperimentale di cinematografia di Roma, mantenendo le amicizie di Silvano
Agosti e Marco Bellocchio. Ho svolto qui la mia preparazione tecnica
e culturale, e sento di essere stato cambiato profondamente da tale esperienza.
Al contrario dell'Olanda, dove si tende a sminuire tutto, ho capito che dovevo
venire, pur non sapendo dell'esistenza di Nova Siri. Mai, neppure lontanamente
avrei immaginato quello che qui si verifica in termini di calore,
coinvolgimento, entusiasmo e passione, di sostanza e non di facciata. Se la
rassegna cresce, con questa caratteristica e formula, può avere un suo valore
in un'area strategica.
I
giovani autori realizzano i corti prima di passare a scelte più impegnative,
almeno nella durata. Tale esperienza è proprio così naturale e necessaria?
Tutto ciò che ho
fatto negli ultimi dieci anni è stato in digitale, ma presto nessuno domanderà
più come è stato girato un film, perché tutto dipenderà solo da come sarà
proiettato. Riversata in digitale la pellicola, quasi tutti effettuano il
montaggio in "avid". Però io valuto i corti in controtendenza, stranamente li
ritengo più difficili da realizzare, rispetto ai lungometraggi. Non tanto per
la ricerca di finanziatori, quanto proprio per la qualità della scrittura e
della sua messa in scena, che non può ammettere neppure piccole sfasature e
tanto meno errori, poiché non si ha la possibilità del recupero, proprio a
causa della estrema brevità della durata. Invece, trovo che molti dei corti
visti qui, siano dei piccoli lungometraggi, avendo il respiro e il sapore di
una storia raccontata intorno ai dieci minuti. La forma è il contenuto stesso
di un corto, deve essere sempre accattivante.
La
diffusione della tecnica digitale, con l'aumento dei praticanti, contribuirà
alla scoperta di nuovi talenti?
Non credo, perché la diffusione della
penna bic e della macchina da scrivere non hanno certo favorito l'incremento di
scrittori. Al massimo può anticipare la "prova". Chabrol ha detto che
per imparare a fare un film basta un giorno, ma io aggiungo che per saper fare
un capolavoro occorre una vita, e a volte non basta, e comunque non a tutti
capita. Insomma, il vero problema è il talento.
Salvatore
Verde
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