Il grande cineasta Mohsen Makhmalbaf visita i Sassi di Matera, ospite di CinemadaMare
Il grande cineasta Mohsen Makhmalbaf sarà venerdì nei Sassi di Matera, invitato dal giornalista lucano Franco
Rina, direttore del festival itinerante Cinemadamare, che lo ha voluto ospite
prestigioso dell'ottava edizione, nella tappa di Bari (8-10 luglio). Tra i padri più autentici e riferimento
imprescindibile della nuova cinematografia iraniana, assieme ad Abbas
Kiarostami, Amir Naderi, Bahram Beyzai, Jafar Panahi e Babak
Payami.
Makhmalbaf
(Teheran, 1957) è un autore prolifico, versatile, pluripremiato
e notissimo a livello internazionale, come
regista, sceneggiatore, attore, produttore e montatore, oltre che
scrittore di
racconti (tradotti e pubblicati in Europa e nei paesi arabi) e di testi
teatrali.
Anche la sua vita è un romanzo: umili origini, famiglia molto
religiosa, precoce coscienza politica e adesione in clandestinità alla
milizia estremistica
islamica durante la dittatura dello Scià Reza Pahlevi; scarcerato nel
1979,
dopo quattro anni di dura prigionia (i segni delle torture rimarranno
indelebili), in tale periodo intensifica la propria maturazione
intellettuale, da
autodidatta.
La teocrazia dell'ayatollah Khomeyni tradisce la
"rivoluzione
iraniana" e Makhmalbaf, opponendosi al regime, si dedica al cinema,
veicolo
culturale privilegiato e popolare per la diffusione del pensiero e
dell'arte
islamica, avvertendo l'importanza di ricostruire una cultura moderna per
l'Iran.
Idea forte e duratura di un lavoro originale, tra corti, documentari e
lungometraggi, fatto di sacrifici, attivismo, successi e polemiche,
perciò sovente
censurato in patria, di volta in volta sempre impegnato, lirico,
poetico, anche
autobiografico, esteticamente realistico, fantasioso, surreale,
minimalistico,
corale, in un inno alla libertà individuale come conquista.
Nei primi
anni
Ottanta, è narratore intenso e soprattutto sceneggiatore per alcuni
famosi
registi. Già dai primi film arrivano i riconoscimenti di pubblico e
critica. Nella
ventina di lungometraggi da lui diretti, citiamo il debutto "Il
pentimento di Nasuh" (1982), apologo
morale, il grottesco "L'ambulante"
(1987, il tragico-surreale "Il ciclista"
(1987), che lo impone all'estero, i metalinguistici "Salaam Cinema"
(1995) e "Pane e fiore" (1995). Nel 1996 fonda una
propria casa di produzione, per finanziare altri giovani registi
iraniani,
compresi i tre figli: Hana, Maysam e Samira. Nel 1998 è alla Mostra di
Venezia
con il poetico-metaforico "Il silenzio" (1998), sul valore
della musica, ma la
consacrazione mondiale arriva nel 2001 al Festival di Cannes con il
lirico-simbolico "Viaggio Kandahar", coraggiosa
odissea-denuncia dell'oppressione femminile nell'Afghanistan dei
talebani,
seguito da "Sesso e filosofia" (2005)
e "Viaggio in India" (2006). Portavoce
internazionale di Hossein Moussavi, principale oppositore del
riconfermato
presidente Mahmud Ahmadinejād,
Makhmalbaf risiede da anni a Parigi.
Salvatore
Verde
Mohsen
Makhmalbaf: "Io prendo sempre spunto dalle cose che mi accadono, ma
non credo
nel realismo, poiché tutto viene filtrato dalla creatività. Esiste
sempre una
rielaborazione della realtà, qualunque cosa narrata esprime un punto di
vista
diverso su di esso. E anche l'amore è soggetto alla casualità degli
incontri".
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