Giovedì scorso era una tipica giornata primaverile, poco nuvolosa e fresca. Avevo avuto un’informazione telefonica da un amico lontano, ma sempre vicino, il giovane poeta Domenico Brancale, tra le voci più autentiche e generose delle nuove generazioni. Nativo di Sant’Arcangelo di Potenza, ma vive tra Venezia e Bologna, Brancale aveva preannunciato il mio arrivo in Rabatana ai suoi amici. Che trovo quasi all’ombra della chiesa di Santa Maria Maggiore, dove l’abituale silenzio dell’ormai semi abbandonato quartiere caratterizzato dai Saraceni è appena interrotto dal volo di rondini, falchi e corvi, e dall’indistinguibile rombo del motore di qualche automezzo. Da lontano avverto il suono cadenzato, ritmico e declamatorio di parole anglofone. Non comprendo bene, ma mi avvicino sempre più. Scambiato per un passante, un giovane dai modi cortesi mi fa cenno di proseguire. Solo allora ho consapevolezza di quattro uomini al lavoro. E’ una piccola troupe. Mi fermo e con discrezione attendo. Più avanti, un po’ in basso rispetto alla telecamera, un uomo dai capelli brizzolati, con pantaloni e maglietta di cotone nero, incarna pensieri, versi e gesti corporei totali, eppure padroneggiati con misura. Intuisco il senso dell’ultima sua parola: “compassione”. Sollevo allora lo sguardo e osservo il suo volto, dal sorriso ampio, disarmante e vero. E’ quello del grandissimo John Giorno, poeta italoamericano e trai maggiori protagonisti della “beat generation” statunitense, autore di un lirismo acuto, intenso, e potente, con lontane origini di Aliano. Dietro la mdp c’è Antonello Faretta, trentaduenne filmmakers potentino, anche stimato fotografo e animatore del Potenza Film Festival, tra i più impegnati lucani nel cinema. Uno, due, tre ciak, con la gioia visibile tra i collaboratori, affiatati ed appassionati al contempo, al termine di ogni pianosequenza della performance di John. Poi una pausa. Si cerca la comparsa, un’anziana signora rabatanese, che arriva e si siede in scena. Dovrebbe restare indietro seduta ad ascoltare, ma parla con gli sguardi, sembra dissentire per il suo non comprendere, accenna a qualche smorfia facciale e a qualche scatto motorio. Una scena capolavoro, esilarante. Intanto, scatto qualche foto. Alla fine la ringraziano e vorrebbero abbracciarla. “E perché mai”, dice schernendosi, “non ho fatto proprio nulla”. Altroché, aggiungono in coro, riferendo l’accaduto a Giorno, protagonista serio e sereno. Ho pochissimo tempo e in una pausa più lunga, tento di spiegarmi. Solo allora, tutto diventa più facile e si comprende il messaggio di Brancale. Faretta, che conoscevo, come dire, di fama, si offre anche quale ottimo interprete, per qualche domanda, prima che io vada a Matera. John Giorno è davvero gentile e disponibile, oserei dire con umiltà, mentre i collaboratori si concentrano con le loro attrezzature sul nostro incontro. D. Mister John, cosa cerca in Basilicata, che gli Usa non possono darle? Sono contento di come ho vissuto in America, ma le mie radici sono qui e la personale ricerca non è ancora conclusa. Ecco perché da quasi nove anni ritorno sovente in questa regione e cerco di conoscere, sapere, approfondire, avvertendo un moto interiore inappagato che mi spinge a farlo. I Panevino, i suoi avi Lucani erano di Aliano, ma qualcuno sostiene che erano originari di queste parti. E’ possibile. Mi è stato riferito che c’era una masseria non lontano da questo posto, nota proprio così (nell’attuale frazione denominata appunto Panevino, a circa 15 chilometri dall’abitato tursitano, ndr), ma è una grande famiglia di antichissime origini, con tante diramazioni e seguirle tutte è difficile. Però, provo sempre un’intensa emozione, anche solo nel fare tali discorsi. Tuttavia, sento che il mio destino debba incrociarsi anche con Tursi. Chi ha scelto e perché la Rabatana? Ne avevo molto sentito parlare da amici lucani e la trovo abissalmente più suggestiva delle pur notevoli descrizioni. E’ un luogo quasi metafisico, miscela fantasmagorica di passione e libertà. Ma il merito dell’attuale location è di Antonello Faretta, che sta facendo un ottimo lavoro. Conosce la poesia di Pierro? Con il suo esprimersi in dialetto avrà avuto qualche difficoltà? Conosco Albino Pierro e la sua poesia, quel tanto da capire il groviglio dei ricordi e il dolore dell’anima, che lo hanno reso immortale con Tursi.Come capita a lui con Aliano, assieme a Carlo Levi, aggiungo. John Giorno mi sorride e ci congediamo accennando ad un abbraccio. Poi aggiunge e Faretta traduce: “Lo sa che sono stato qui altre quattro volte? E intendo ritornarci”.Grato, mi allontano pure da Antonello Faretta, ma prima gli chiedo di questo ambizioso progetto artistico, del quale è regista, fotografo e montatore.”E’ un film di poesia, anche in senso metalinguistico, dal titolo: ‘Nine Poems in Basilicata un poetry film con John Giorno’, nato da un’idea di Martino Carrieri e di J.G., prodotto da: Terre Di Federico, Noeltan Film (la società dello stesso A.F, ndr.) e Giorno Poetry Sistems. Numerosi ma selezionati i luoghi delle riprese, evocativamente e storicamente legati ai versi di poeti e a immagini di cinema: Aliano, Craco, Venosa, Castelmezzano, Castel Lagopesole, Brienza, Tursi e Tricarico (dove si sono recati il giorno successivo). Il film verrà presentato ufficialmente ai primi di ottobre presso la galleria “Agnes B.” di Parigi, in anteprima mondiale e poi certamente anche in Basilicata”. Qual è l’idea che da anima e senso al ‘poetry movie’? All’età di quasi settant’anni, Giorno decide di rimettersi sulle tracce dei suoi avi e parte per la Basilicata. Da quel momento in poi la fascinazione è stata continua e il legame con il passato lo conduce in un processo di ricerca della propria identità e dell’intima essenza poetica. Da qui nasce un percorso esistenziale, dove il poeta è anche detective di se stesso, attraversando i propri fantasmi, ma anche le proprie folgorazioni. Il tutto nella splendida cornice degli scenari lucani, come nei più classici road movie americani, dove il poeta assurge ad interprete privilegiato del proprio unico vissuto. Sembra incredibile che un simile incontro sia avvenuto nella Rabatana di Tursi, e mentre raggiungo la Città dei Sassi ripenso al candore di un uomo in nero, il poeta chiamato Giorno. Salvatore Verde
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