Pasquale Scimeca a Nova Siri
Marina per CinemadaMare 2009
Tursi - Ottimo avvio
dell'ultima tappa di "CinemadaMare", il festival itinerante diretto da Franco
Rina, giornalista lucano di "La 7", originario di Nova Siri, dove dal 2002
si svolge la fase finale. Tra gli ospiti d'onore Pasquale Scimeca, uno
dei più seri, dotati e sensibili autori di tendenza del cinema italiano
contemporaneo, oltre che stimato documentarista.
Siciliano di Aliminusa (PA),
53 anni, regista e sceneggiatore pluripremiato, Scimeca presenterà lunedì e
martedì prossimi due titoli indimenticabili (ma bisognerebbe aggiungere almeno La passione di Giosuè l'Ebreo, del
2005) della sua valorosa filmografia: Rosso
Malpelo (2007), l'emblematico sfruttamento del lavoro minorile
ispirato da Verga, ovvero la vita di un
ragazzo poverissimo che, rimasto solo, va in miniera per sopravvivere (premio
Amnesty International al Giffoni Film Festival); e Placido
Rizzotto (2000), la storia della misteriosa scomparsa del 10 marzo 1948
di Rizzotto, 34 anni, già partigiano iscritto al Psi e segretario della
Camera del Lavoro di Corleone; Carlo Alberto Dalla Chiesa, allora capitano dei
carabinieri, arresta gli assassini, mentre Pio Della Torre, giovane studente
universitario, sostituisce Rizzotto alla guida dei contadini (tra i numerosi
premi nel mondo: Grand Prix all'Annecy cinéma italien; Grolla d'Oro e
Golden Egret Award per la sceneggiatura al Miami Latin Film Festival).
Consigliere nazionale dell'Anac, l'associazione degli autori di cinema, Scimeca
è coautore con Salvatore Pecoraro, Alessandro Rossetti e Nino Russo, del libro Lo
stato delle cose. Vizi privati, pubbliche virtù nel cinema italiano, un
resoconto documentato del finanziamento statale dal 1995 al 2004 alle opere
cinematografiche.
D. - In Basilicata dopo alcuni anni.
R. - Si, e
Matera è un ricordo che abbaglia gli occhi, la mente e il cuore; luogo
evocativo, straordinario e carico di stratificazioni artistiche e
cinematografiche (su tutti il Vangelo di Pasolini), con la sua architettura
antica e nuova al contempo e le sue
scalinate, quasi una città futurista direi. Ma anche il paesaggio inusuale, con
le colline curvilinee, è qualcosa che resta impressa.
- Però non le hanno ispirato qualcosa da girare qui?
- In verità no... anzi si, lo rivelo. I Sassi erano
il luogo ideale per "La passione di
Giosuè l'Ebreo", ne ero convinto, ma ho desistito dopo il vicino fragore di
"The Passion " di Gibson, pur
essendo opere diversissime.
- Tutti i suoi film sono rigorosi e
di robusto impegno civile, che sembra collegarsi alla migliore tradizione del
cinema italiano, soprattutto degli anni
Settanta. Chi più di altri l'ha segnata?
- Sicuramente Francesco Rosi
("Mani sulla città" e "Salvatore Giuliano" sono esemplari a riguardo), ma su
tutti Roberto Rossellini.
-
"Autore attento alle contraddizioni sociali e culturali delle realtà che
sceglie di rappresentare" dice Gianni
Canova. Quanto ha influito la sua laurea il Lettere?
- Non faccio film per denunciare qualcosa, ma
attraverso l'arte, che non è avulsa dal contesto socio-economico e
culturale, puoi arrivare a scrutare e
cogliere la complessità si un sentire diffuso e non ancora manifesto. Quanto
alla letteratura, è da sempre in rapporto di servizio con il cinema, che è un
mezzo totalmente diverso, più globale nei significati e libero da vincoli
culturali. Non a caso Verga (che veniva sollecitato dalla sua amica contessa a
scrivere sceneggiature, anche perché stretto da problemi economici prima della
consacrazione) lo riteneva il
cinematografo "l'arte per gli analfabeti", cosa che intendo positivamente: un
linguaggio delle immagini che tutti possono comprendere con immediatezza e in
ogni dove. Ma la parola scritta resta uno strumento formidabile per esprimere
il profondo dell'animo umano.
- Da decenni, praticamente con la diffusione invasiva della televisione, si
parla a ragione di crisi del cinema italiano. Oggi si è accentuata?
- È in atto un tentativo di annientarlo
quasi. Il cinema è di fatto una
eccezione culturale come ha ben compreso anche l‘Unione Europea, che lo
sovvenziona; senza ricordare quanto sia sostenuto in altre nazioni (la Francia
stanzia quasi 700 milioni di euro l'anno), perché sostanzialmente non esiste
una cinematografia che si finanzi da sola. Fare cinema è una attività
collettiva che richiede capitali e occupa decine e centinaia di persone per
ogni film, ma quasi sempre ce ne dimentichiamo.
- Come valuta il ridimensionamento del Fondo unico per lo spettacolo?
- In verità si è tagliato del tutto.
- Perciò diversi registi vorrebbero protestare in modo eclatante alla
prossima Mostra del Cinema di Venezia.
- Se si chiude una fabbrica gli operai
giustamente scendono in strada e protestano, richiamando l'attenzione di tutti.
Perché mai i cineasti non dovrebbero farlo nelle sedi opportune e di maggiore
clamore. Lo si è già fatto in passato anche in Italia, con i grandi maestri che
hanno fatto la storia del cinema.
- Prossimo progetto?
- La riattualizzazione de "I malavoglia"
dell'amato Verga, nelle vicende di una famiglia umile e bisognosa.
- Con Marcello Mazzarella, sua icona attoriale, ha stabilito un lungo sodalizio artistico, da
Placido Rizzotto a Rosso Malpelo.
- Lui è mio amico e attore di assoluto valore,
benché non ancora adeguatamente riconosciuto come meriterebbe. Con il suo
talento drammatico, lo considero l'erede naturale di Gian Maria Volontè, per me
il più grande attore italiano.
- È più difficile girare con attori non professionisti, soprattutto con i
bambini e ragazzi?
- Con loro si recupera la dimensione
fanciullesca, una idea di gioco e della materia da plasmare, che mi restituisce
il piacere del fare cinema, speculare al professionismo di livello.
Particolarmente in Rosso Malpelo questo
credo sia di tutta evidenza. Sono legatissimo a tale esperienza filmica anche
per un'altra ragione: mi ha dato l'opportunità di sviluppare il progetto umanitario "Cento
scuole adottano mille bambini" finalizzato alla realizzazione di alcuni centri
polivalenti per minori nella
regione di Potosí in
Bolivia, di prossima edificazione, finalmente..
- Realizzare corti e documentari, li ritiene necessari per prepararsi al
lungometraggio?
- Sostanzialmente si, in fondo si impara molto il
mestiere, anche nella sua dimensione"artigianale", come si intende nella
pratica rosselliniana.
- Un consiglio ai tanti giovani cineasti.
- Essere sempre sinceri con se stessi e non inseguire la facile notorietà
commerciale, vendendosi l'anima e confondendo il successo con il valore.
- Come dire... ha mai avuto problemi con la mafia?
- Assolutamente no, basta non farsi mai irretire,
neppure da un semplice caffè al bar. Loro sanno chi sono, e io so chi sono
loro. I nostri sono due mondi che non
devono mai incrociarsi.
Salvatore Verde
dal quotidiano LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
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