Nova Siri - Margarethe von Trotta, regista e sceneggiatrice, ormai tra le più grandi protagoniste del cinema mondiale, su invito del direttore Franco Rina, è ospite d’onore della seconda edizione di “CinemadaMare” e della serata conclusiva di domenica 15 agosto, quando, dopo aver commentato in pubblico la visione del suo “Rosenstrasse” (2003), consegnerà il premio “Epeo 2004” ai vincitori della rassegna. Autrice di raro e ispirato talento, vincitrice della Mostra del Cinema di Venezia del 1981, con “Anni di piombo”, la signora von Trotta appare in gran forma e contraddice l’esclusiva immagine di austera donna impegnata, con una disponibilità sostenuta dal buon umore mattutino.
D. Un “dono” per questa importante manifestazione. Della Basilicata sapevo solo che è stata una regione povera e arcaica, e che Pasolini e Gibson sono stati a Matera per i loro film. Da alcuni giorni sono qui, con i miei amici (la documentarista Monica Maurer e il giornalista di Radio Rai Sandro Casalini, ndr), ho scoperto Tursi, la spiaggia Jonica e il paesaggio vario, incredibile e con poca gente ospitale. In pochi giorni ho conosciuto talmente tanto, che mi ha riempito gli occhi e il cuore. Questo è il vero dono, che voi avete fatto a me. I film brevi sono una pratica davvero importante? Sicuramente si. Tanti giovani che vogliono diventare registi, non hanno la possibilità di fare lungometraggi, notoriamente costosi, mancando la fiducia di un produttore. Come puoi provare che sai fare qualcosa, se non hai mai fatto niente. C’è pure la spinta in più, di un premio vinto in un concorso. Quali i requisiti di un giovane autore? Senza dubbio la grande voglia e la passione forte di fare questo mestiere, con il talento. Goethe diceva che i desideri sono premonizioni di talento o di capacità. E’ differente la ideazione e realizzazione di un progetto di film per il cinema o la tv? Io cerco sempre di non fare differenze estetiche, ma è difficile per le condizioni produttive in televisione, anche se ti possono finanziare delle cose negate dal cinema. Esiste davvero una specificità femminile di fare cinema?- All’inizio era uno slogan di battaglia, perché la differenza sostanziale è se fai o no un buon film. Nonostante tutto, però, esiste una differenza, in profondità, nel proporre figure femminili e nel tratteggiarne la complessa psicologia, come faccio da sempre. Per una donna è ancora difficile arrivare alla regia? Nel passato certamente. Negli ultimi anni, le condizioni e le situazioni sono migliorate. Dopo una carriera così prestigiosa, è più facile avere finanziamenti? Purtroppo è il contrario. In Germania, ad esempio, c’è una tendenza a finanziare qualche giovane, piuttosto che quelli della “vecchia guardia”. Questo il motivo dei tanti anni di gestazione dell’intenso “Rosenstrasse”? Si. Ho iniziato a scriverlo nel 1994 e dall’anno dopo ero pronto a girarlo, ma in Germania preferivano solo commedie. Da tempo ha iniziato un percorso di analisi e lettura della storia del Novecento della Germania, che si allarga sempre più, alternato con film più intimisti. In effetti, ho sempre avuto un ritmo personale di film che guardano fuori e dentro, verso l’esterno e l’interno. Ritornerà? Certamente si, se il direttore Rina mi invita ancora, ma non escludo sorprese in futuro prossimo. Salvatore Verde
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