Nova
Siri - "Il cinema e dei Lucani". Non poteva certo mancare alla rassegna
"CinemadaMare 2004", un appuntamento dedicato proprio al rapporto ormai
pienamente visibile e anche storicizzabile tra il cinema e la Basilicata,
attraverso i suoi maggiori protagonisti, appunto nati nella nostra regione.
All'intuizione del direttore della rassegna Franco Rina, si è unita la
disponibilità degli attori lucani più noti al grande pubblico: Rocco Papaleo,
46 anni, nativo di Lauria, Antonio Petrocelli, 50, di Montalbano Jonico,
e Domenico Fortunato, 41, montalbanese-materano. Dopo aver incontrato i
giovani autori e gli ospiti stranieri, in serata, davanti ad un pubblico
considerevole e divertito, sono stati intervistati contemporaneamente. Per una
utile riflessione sul futuro del nostro cinema, dal punto di vista
organizzativo, autoriale, produttivo e di promozione del territorio, in attesa
di una "commissione regionale per il cinema" che comunque tarda ad arrivare. I
tre sono bravi attori di cinema, televisione e teatro, anche con trascorsi
nella scrittura, che possono proporsi ai giovani come esperienze di riferimento
nello spettacolo, sempre difficile e incerto. Insomma, sapere che qualcuno dei
conterranei ce l'ha fatta, può essere stimolante. "Inoltre, sono maturi i tempi
per una produzione tutta lucana, se qualcuno avesse una bella storia da
proporre, magari allo stesso Rina", hanno affermato, poco prima della "chiamata
in scena".
D-Rocco
Papaleo. Una grande emozione girare in Basilicata "Del perduto amore"? E' vero, ed
avrebbe meritato maggior successo di pubblico. Tuttavia, ha evidenziato le
potenzialità straordinarie di un territorio assai vario in una distanza breve,
che il cinema continuerà ad utilizzare.
L'attore
e il musicista di talento, come si coniugano?- Sono due realtà per me
imprescindibili. In fondo, armonia, ritmo e sonorità, rimandano ad un comune
sentire d'artista.
E' stato
difficoltoso il debutto?- Stavo già da tempo a Roma, all'università, e in
questo ho avuto maggiori possibilità.
Cosa
rappresentano le radici?- Sono sempre me stesso e non temo il dialetto. Che
conta è il talento e, poi, avere la possibilità di dimostrarlo. I Lucani devono
osare di più.
D.-Antonio
Petrocelli. Un confronto atteso ed una valutazione della rassegna. Vorrei che si
riflettesse sul cinema fatto dai lucani, perché mi sembra poca cosa quello dei
Lucani, se vogliamo superare la retorica. Ci sono dei professionisti che
possono sostenere le nostre manifestazioni culturale notevoli, che propongono
un "cinema da amare". Infatti, c'è il concorso dei corto, la presentazione dei
film in anteprima, l'arrivo di ospiti italiani e stranieri, il tutto in due
province meridionali non certo all'avanguardia , cinematograficamente parlando.
E' stato
difficile iniziare, essendo meridionale? Ho cominciato a Firenze ed ho
sempre saputo di dover contare solo sulle mie forze. Ci vuole coraggio,
passione, saper assorbire le delusioni. Certo, se fossi nato a Milano o Roma
sarei stato avvantaggiato, mi sento infatti indietro di dieci anni rispetto
alle nuove generazioni. La "lucanità" non so cosa sia. Credo al
professionismo, se e quando c'è.
Quale
recitazione offre maggiore soddisfazione? Amo molto il cinema, e mi sento a
mio agio in teatro, anche se stanno perdendo potere, perché se ne fa sempre
meno, mentre la televisione è utile per mantenere l'esercizio.
Cosa si
può fare in Basilicata, per alimentare il cinema nelle sue diverse forme? Bisogna nutrire
il territorio di cultura, e questo dipende dalla lungimiranza degli
amministratori locali. Attivare uno strumento istituzionale specifico, sarebbe
di certo un bene, con i professionisti giusti e non al servizio della politica.
D.-Domenico
Fortunato. Un primo bilancio di questa manifestazione. Un evento di
prima grandezza, livello e valore, per l'organizzazione, gli ospiti e
soprattutto per i film in concorso, in particolare quelli olandesi. E' l'unico
evento di questa portata in Italia e non solo.
Quale
tipo di lavoro prediligi? Tutto è importante. Sono linguaggi diversi, ma non è
vero che si fatichi soltanto a teatro.
E' stato
difficile emergere? All'inizio
moltissimo. Ma è fondamentale mantenerlo e non essere dimenticati.
Pensavo solo ai grandi attori, quando sono partito per Roma e anche all'estero.
Bisognava inseguire il cinema. Noto polemicamente che nessuno dei nostri
giovani autori lucani, si è visto ai seminari con personalità di statura
mondiale, e non so spiegarmi il perché. Era una occasione da sfruttare
assolutamente.
Nella
interpretazione, come si traduce l'essere del Sud? Quando ho
difficoltà per una battuta o un personaggio, ripenso in dialetto e recupero
dalla memoria i ricordi, e ciò mi aiuta.Come la verità di De Martino: i
veri provinciali sono coloro che non posseggono un villaggio vivente nella
memoria.
Salvatore
Verde
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