Vittorio Gassman "brigante" in un film di Mario Camerini ambientato anche a Stigliano
Aver
celebrato nei giorni scorsi a Matera il decennale della scomparsa del
grandissimo Vittorio Gassman (Genova
1º settembre 1922 - Roma 29 giugno 2000), attore e regista di cinema, teatro e
televisione, è stata sicuramente un'idea apprezzabile, che ha proiettato ancora
una volta la città dei Sassi nella ribalta mediatica nazionale.
Una iniziativa
meritoria ascrivibile alla neonata associazione "Matera città del cinema".
Tuttavia, proprio una curiosità cinematografica, che collega sia pure a livello
narrativo il magnifico "mattatore" alla
nostra regione, anzi alla provincia materana, non può sfuggire. Una
dimenticanza alla quale proviamo a rimediare. Gassman, infatti, fu
coprotagonista nel film di Mario
Camerini "I Briganti Italiani" (1961, b/n, 108 min.), doverosamente in
costume e di genere, con il punto di vista dalla parte degli sconfitti e anche
qui perdenti.
Com'è noto, la diegesi filmica attiene alla causalità interna del
narrato, allo sviluppo drammaturgico. In tal senso esiste un filmografia
diegetica lucana che, sul piano visivo e sostanziale, si può suddividere
specularmente in due direzioni tendenziali: da una parte, l'attinenza con la regione
è (stata) esibita più spesso con toni comico-ironici, nei piccoli nessi
utilizzati, o con cadenze prevalentemente grottesche, laddove le correlazioni
assurgevano a un maggiore ed ostentato protagonismo; dall'altra, non mancano
coerenti e superlative iperboli drammatiche,
dal tono, stile e fattura piuttosto rispettosi e omaggianti. Dal clamoroso
fenomeno meridionale, non proprio sconosciuto, del brigantaggio lucano
postunitario, deriva il controverso, violento e non compiutamente indagato
periodo del banditismo insurrezionale, come guerra civile, meglio sociale. Camerini
scrisse la sceneggiatura con Luciano Vincenzoni (autore del soggetto,
tratto dal libro di Mario Monti), Ghigo De Chiara, Carlo Romano, Rodolfo
Sonego, Diego Fabbri, Ivo Perilli.
La vicenda è quella del brigante napoletano Sante Carbone (Ernest Borgnine) che,
al confine con la Calabria,
verso il 1860, abbandonato dai lealisti, si costituisce ai piemontesi ma, per evitare che riveli particolari
compromettenti sui contatti avuti, i baroni del luogo lo fanno ammazzare nella
piazza, appena entrato nel paese di Stigliano. Il lavoro di attore, invece,
divise la critica: "Un'opera pulita, dignitosa, com'è nello stile di Camerini,
senza audacie e senza profondità... Quanto a Gassman, dopo I soliti ignoti, egli ha capito benissimo che il genere buffo è
quello che in cinema più gli conviene". (Ugo Casiraghi, L'Unità); "un G. pirotecnico" (Corriere
della Sera); "V. G. ‘napoletano' è invece insopportabile" (Valentino de
Carlo, La Notte); "un racconto che sarebbe decisamente
moscio se qua e là non intervenisse ad agitarlo l'istrionismo compiaciuto di G."
(Morando Morandini, Stasera); "Il
film recupera G., ma nella versione
drammatica che Camerini fu tra i primi a proporre con La figlia del capitano" (Sergio
Grmek Germani). Nel cast anche Rosanna Schiaffino, Katy Jurado, Philippe Leroy,
Micheline Presle, Bernard Blier, Carlo Giuffrè (fotografia: Mario Montuori; scenografie e costumi: Piero Zuffi; montaggio: Giuliana Attenni; musiche:
Angelo Francesco Lavagnino; operatore: Franco Vitrotti). Gli
esterni furono girati tra il Molise e il Parco Nazionale d'Abruzzo, ma il paese lucano è stato parzialmente ricostruito
e restituito visivamente negli studi romani di Cinecittà e in alcuni centri
della Campania, nella Valle del Volturno.
Per Gassman (nel ruolo di "O' caporale",
aiutante di Carbone), "il film era
dignitoso come fattura, ma non era riuscito, e non andò bene".
Salvatore
Verde
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