Tursi - Si sono concluse lunedì 19 giugno le riprese del film a colori di circa 95 minuti, prodotto in forma associata (senza escludere altre auspicabili adesioni) dall’Istituto comprensivo “Pierro” e dal Comune di Tursi, dalla Presidenza del Consiglio e Assessorato alla Cultura della Regione Basilicata, dalla Direzione dell’Ufficio Scolastico Regionale e dal Consorzio per lo sviluppo industriale della Provincia di Matera, oltre che da Salvatore VERDE, autore dell’idea progettuale, con il patrocinio culturale e morale della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Basilicata. Tutto è stato finalizzato alla realizzazione in digitale del lungometraggio per l’infanzia, con coinvolgimenti tecnici di apprezzabile livello professionistico. La fase del montaggio nella sede della società Videouno di Matera si protrarrà per l’estate e il film dovrebbe essere pronto per la visione a metà settembre. Rinviato per motivi oggettivi lo scorso anno, a causa di una non completa copertura dei costi, il progetto complesso è stato riproposto nella sua essenziale integrità di ideazione e realizzazione, dopo la regolare approvazione dello scorso novembre da parte del Collegio dei docenti dell’Istituto “Pierro”, in convocazione unitaria, e con il suo inserimento nel Piano dell’offerta formativa dell’a.s. 2005-06. Ideato e scritto da Salvatore Verde, docente di scuola statale dell’Infanzia da oltre venticinque anni, in servizio presso l’Istituto scolastico tursitano, ed esperto di cinema, ma anche pubblicista iscritto all’Ordine nazionale dei Giornalisti (dal 1998 è collaboratore del quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno e dal 2004 dirige il bimestrale Tursitani), il lungometraggio a soggetto si avvale del protagonismo assoluto dei 23 bambini (sette dei quali sono Albanesi e uno della Romania) dai tre ai sei anni della scuola dell’Infanzia “Carmela Ayr”, ubicata nel centro storico di via Manara. Iniziata il 3 maggio con la stipula del contratto e con le riprese dal successivo 29, l’avventura cinematografica si è protratta per oltre due settimane, lunghe, faticose e pure divertenti. Tranne una nell’ospedale di Policoro, le altre 108 scene (35 in esterni) si sono svolte nel territorio tursitano e nella stessa scuola. Nel film sono state coinvolte gratuitamente (unica eccezione la troupe di Videouno, per le riprese in digitale, suono in presa diretta e montaggio) oltre duecento persone, tra comparse, figuranti e attori, di tutte le età e, comunque, non professionisti. Tra questi l’ il dirigente scolastico Aldo M. ZACCONE, l’attuale sindaco Salvatore CAPUTO e Francesco PERRINI, un ex degli anni Ottanta, l’insegnante Anna Maria OTTOMANO, la poetessa Rosa Maria Fusco e i poeti Antonio POPIA e Rocco CAMPESE, anche studioso del dialetto tursitano, lo storico di Tursi Rocco BRUNO e suo fratello Mario BRUNO, esperto di tradizione e folclore locali, l’artista Vincenzo D’ACUNZO. Brani musicali di Franco BATTIATO, Angelo BRANDUARDI, Silvia DAINESE, Sergio ENDRIGO e Bruno LAUZI, mentre le musiche originali sono del tursitano Antonino BARRESI. L’unicità dell’esperienza nel panorama nazionale e non solo del cinema scolastico, è proprio nella sua atipicità ideativa e realizzativa, forse non appieno compresa inizialmente dai soggetti stimolati. Non un documentario o la riproposizione della tradizionale scenetta recitata, ma un’articolata storia realistica sul mondo dell’infanzia, in un contesto ambientale difficile e sovente deprivato, tipico di in un qualsiasi luogo del Sud del Mondo. Con un tocco lieve e riflessivo, attraverso le vicende ordinarie di una scolaresca infantile, ripercorse da un maestro che ama l’infanzia e il cinema, nel suo ultimo confronto con la morte (argomento tabù, forse per tutti e non solo per i bimbi), si rivivono il senso e i significati dell’insegnare e dell’imparare, dando corpo ai valori dell’etica, del gruppo, della tolleranza, della fatica, alla ricerca delle tracce del pensiero infantile, ma non debole. Un film, dunque, che ha la pretesa di rivalutare il punto di vista dei bambini, ma anche di sperimentare una didattica del cinema possibile dalla tenera età e non soltanto negli ordini scolastici superiori. Smontare il giocattolo cinematografico, con la dimensione del tempo narrativo e del racconto per immagini audiovisive, ripensando il rapporto della realtà con la finzione, sono tutti temi, argomenti e questioni oltremodo complessi e, tuttavia, ritenuti praticabili anche con i bambini della scuola dell’Infanzia. Questo film, pensato dall’autore per oltre un ventennio (ci crede tanto da aver contribuito personalmente a garantire la totale copertura dei costi scoperti, rinunciando pure ad ogni altro compenso per tutto il lavoro, svolto perciò gratuitamente) serve a noi per capire l’infanzia, cos’è diventata oggi, e anche il cinema, come si può realisticamente fare. Per il significato più universale dei contenuti, per il valore etico e civile dell’esperienza e per la caratterizzazione “meridionale” dell’iniziativa, in un contesto anche internazionale di crisi non solo economica e di rapporti tra popolazioni e tra generazioni, una normale fiction audiovisiva, che coltiva non sottaciute aspirazioni, può servire ad una più globale riflessione sull’infanzia, con i bisogni reali e l’attenzione che merita, sulla professione docente, tra pubblico e privato, e sulla necessità di realizzare un’armonizzazione delle componenti interessate al processo educativo e formativo, a Tursi come altrove. Destinato alle proiezioni “speciali” nelle scuole con il normale pubblico, il film sarà candidato alla visione televisiva e fatto circolare negli specifici appuntamenti cinematografici interessati.
Idea e sintesi del film - E’ certo che la scuola dell’infanzia non abbia molte probabilità di sopravvivere a lungo nella memoria dei bambini, tant’è che può essere definita, per questo, la scuola dell’amnesia retrograda. Accade ciò, si ritiene, per l’ordinarietà delle esperienze pre-alfabetiche, tutte ricche e stimolanti per le fondamenta della loro personalità. Ma qualcosa può sopravvivere, anche per tutta la vita. Il film mostra un “qualcosa” che ci vincola come adulti: la capacità di ascolto, il valore della parola e l’esempio diretto, capisaldi di un’intramontabile pedagogia realistica del fare e di amorevole rispetto verso i bambini. Accanto alla Morte, solo il pianto di un bimbo triste può-dovrebbe suscitare altrettanto dolore nelle persone vive. In una scuola dell’infanzia un po’ particolare, nel centro storico di un paese della Basilicata, dove solo l’essenziale non manca, le giornate trascorrono come sempre all’interno, con tante e varie attività. Un giorno, da parte dei bambini curiosi, arriva ai maestri un’impegnativa sollecitazione didattica: vogliono andare al di là del vicino burrone-precipizio e visitare un castello-convento abbandonato, semidistrutto e dalla inquietante nomea. Di fronte alla richiesta, i due insegnanti del plesso monosezionale non sanno, né vogliono opporsi, ma poi dimenticano. In seguito, richiamati al “dovere” della parola data e dopo aver rassicurato le autorità e i genitori, i docenti organizzano l’escursione circolare. I piccoli alunni e la coppia mista di maestri vivono, così, una giornata intensa. Dopo aver fatto l’esperienza, durante la quale conoscono relativamente anche i sacrifici e l’impegno per raggiungere un risultato, ritornano a scuola stanchi, ma visibilmente felici. La giornata termina e l’anno scolastico continua, ma si intuisce che qualcosa è cambiato positivamente, per tutti, almeno così ricorda il Maestro.
Filippo Mele
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