Tursi - Inedita visita, breve ma intensa, del nunzio Apostolico in Italia, nella sede della millenaria Diocesi di Tursi-Lagonegro. Invi(t)ato Policoro per i 50 anni della parrocchia della Chiesa Madre, dove ha poi concelebrato la messa serale con mons. Francescantonio Nolè, mons. Paolo Romeo è arrivato a Tursi accompagnato dall’assistente, un giovane sacerdote. Ad accoglierlo in forma ufficiale il sindaco Salvatore Caputo, con l’addetto stampa Salvatore Verde e il cap. Armando Mazzei, comandante della Polizia municipale. Per l’escursione in Rabatana si sono poi aggiunti Mario Bruno e Rocco Campese, entrambi conoscitori delle vicende storiche locali, e Emilia Felicita Capolongo, vice prefetto di Matera, casualmente in “ritiro spirituale, per ritemprare l’anima”. Originario della splendida Acireale, in Sicilia, l’autorevole presule ha girato con inappagata curiosità indagatrice tra i vicoli dell’antico borgo, dopo l’accurata permanenza nella chiesa di Santa Maria Maggiore, dove l’attendeva il giovane don Gianluca Bellusci, in attesa di officiare messa, facendo poi domande sulle antiche origini, sui Saraceni, i Doria e i Donnaperna, ma anche sull’ipotesi delle due diocesi tra i secoli XII-XIV, sull’incidenza del monachesimo locale e sul destino dell’ex convento di San Francesco, oggi in ristrutturazione. “Ma il Trittico della scuola di Giotto deve essere meglio posizionato e protetto”, ha aggiunto. Proprio nella sottostante cripta, di fronte “alla notevole opera” di Altobello Persio, ha rivelato “la scoperta di un quarto presepe in pietra, fatta a Nusco un quinquennio addietro, più o meno con lo stesso stile, ma con esiti artistici diversi”. Il tempo di una pausa del gruppo presso il Palazzo dei Poeti, “una struttura turistica recuperata che non teme il confronto con posti più rinomati”, per un approfondimento delle questioni socio-economiche, culturali e religiose del territorio. “Luoghi come questi, ma vale un po’ per tutto il Sud”, ha sintetizzato l’illustre ospite, “devono sviluppare un’ottica ‘mediterranea’, poiché i veri problemi sono comuni e attengono allo sviluppo e alla valorizzazione della propria specificità anche storica e ambientale, nel caso vostro di un’ottima produzione agricola”. Poi il ritorno nella Cattedrale dell’Annunziata, gremita di fedeli per la Prima Comunione di molti giovanissimi, con il parroco don Battista Di Santo, e la prosecuzione per la Basilica minore della Madonna di Anglona. Il primo santuario diocesano “di potente ed austera bellezza architettonicamente mista”, è retto dall’argentino don Saverio Zorzi, con l’ausilio del diacono Giuseppe D’Agostino. Dai loro saluti cordiali nella lingua sudamericana, la implicita conferma che mons. Romeo è anche uno straordinario poliglotta, “avendo molto vissuto altrove, per grazia di Dio”. Mons. Paolo Romeo ha una lunga carriera nella diplomazia Vaticana, che lo ha portato quasi in ogni angolo del pianeta. Non ancora trentenne, dal 1967 è stato e per un triennio nelle Filippine e altrettanto in Indonesia, ritornando in Europa per un biennio, in Belgio e Lussemburgo, prima di recarsi in Venezuela, dove è rimasto per tre anni, e in Africa, dove ne ha trascorsi due in Ruanda e Burundi. Rientrato a Roma nel 1976, ci rimane per sette anni, con Paolo VI e Giovanni Paolo II, che lo nomina Nunzio e Vescovo nel 1983. Segue l’incarico ad Haiti, per oltre sei anni, in Colombia, nove, e in Canada, due, prima del ritorno con nomina in Italia, dal 2000.
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