Con gli Evangelisti
dell'artista Vincenzo D'Acunzo
il restauro della Cattedrale è in fase di completamento
Si
svolgerà domenica 28 dicembre nella plurisecolare cattedrale della Ss. Annunziata
la cerimonia ufficiale di presentazione ai fedeli dei quattro grandi quadri ovali
raffiguranti gli evangelisti Marco, Luca, Giovanni e Matteo. Mons. Francescantonio Nolè, vescovo della
diocesi di Tursi-Lagonegro, benedirà le suggestive opere pittoriche, ciascuna
in unico esemplare ma tutte uguali per forma e grandezza (cm 167 per 120 di
diametro).
Realizzate (nel citato
ordine) da Vincenzo D'Acunzo,
talentuoso artista lucano di consolidata fama, le sacre immagini sono di acuta
bellezza ritrattistica e seducente figuratività compositiva e cromatica. Anzi, i
dipinti sembrano quasi doppiamente portatrici della metafora arte e vita
religiosa, attraverso i volti sereni, le posture naturali e i simboli storicamente
stratificati dei principali narratori della "lieta notizia dell'evento e
dell'avvenimento di Gesù", così come accreditati dalla tradizione.
Per una
maggiore fruibilità da parte del pubblico non solo diocesano, in questo periodo
natalizio, saranno posizionate nell'absidale fino al 31 dicembre e poi nell'adiacente
sagrestia, prima di essere definitivamente collocate (dopo il 10 gennaio) nell'alto
delle navate laterali. (Tali originari spazi sono vacanti da decenni anche a causa di un
devastante doppio incendio, scoppiato casualmente nel freddo buio della notte
dell'8 e poi dell'11 novembre 1988, quando solo le mura perimetrali della
chiesa rimasero in piedi).
Dopo
due mesi di studi e documentazione, in aprile dell'anno in corso erano pronti i
bozzetti ("offerti in miniature a matite colorate"), poi discussi, supervisionati
e apprezzati dallo stesso Vescovo Nolè, oltre che dal parroco don Battista Di Santo. L'autore, infatti,
si è confrontato con loro "sui motivi ispiratori e sui significati anche
riattualizzati. Ma le obiezioni non sono mai state sostanziali, anzi ho
registrato una stimolante sintonia. Obiettivo dichiarato e perseguito era quello
di rendere l'armonia dei dipinti con il contesto interno del tempio".
Dunque, con
ammirevole puntualità verso la committenza, D'Acunzo ha consegnato
contemporaneamente i suoi ritratti. San Matteo (autore del primo Vangelo
canonico, è raffigurato con il sovrastante Angelo volutamente reso etereo e
smaterializzato in una nebulosità visceralmente primordiale; netto il rimando al
gabelliere e al prezzo che ciascuno dovrà pagare alla fine). San
Marco (autore del secondo Vangelo canonico, con il simbolo del leone alato,
proiettato nel futuro della Laguna dove la parola di Dio sembra dipartire su
una piccola gondola, con la basilica veneziana sullo sfondo. È l'unico dipinto con
un'apertura scenografica, una finestra sulla mondanità). San Luca (ha scritto il
terzo Vangelo, raffigurato con il bue alato; il quadro è quasi una sintesi
metalinguistica della storia dell'arte sacra - il Santo è non a caso protettore
dei pittori - con il rimando interno
alla raffigurazione della Madonna, ma anche un possibile riuscito ed impegnativo autoritratto interiore,
a ben guardare su uno sfondo iperlavorato). San Giovanni (l'apostolo
del quarto Vangelo, con l'aquila-rapace a
simbolizzare la "cristologia alta" di una spiccata personalità, è l'unico in
piedi, oltre che di aspetto giovanile nella sua senilità, come un sicuro
falconiere che ha il dominio dei mezzi dei quali dispone).
Tutti gli
Evangelisti sono collocati in una dimensione altra, con i piedi dentro la
santità della loro Fede, perciò invisibili ai nostri occhi. Ma qualsiasi
committenza riflette anche il tempo della esecuzione, e questa non fa eccezione
(si osservino i particolari riferiti alla luce a spirale, alle monete in euro,
alla lattina di diluente alla nitro, alla postuma collocazione scenica nella
laguna veneziana).
All'inizio,
quella di San Matteo era l'unica effigie richiestagli, ma mons. Nolè ha poi voluto
con immediatezza che D'Acunzo eseguisse anche gli altri quadri. Tutti destinati
a completare il lungo e complesso restauro artistico-culturale dell'imponente
Cattedrale del XV secolo, all'insegna di una nobile tradizione tursitana che ha
illustri precedenti nei secoli trascorsi. Ispirati alla contemporaneità, anche
umana e locale, i quadri rimandano a un'adesione empatica e cristiana al lieto messaggio,
assolutamente serena e del tutto priva di tensione drammatica. L'ancoraggio dei
singoli protagonisti dei racconti della vita di Gesù ai rispettivi simboli è
naturalmente assai evidente; ciascuno è caratterizzato pure da un riuscito
tentativo di oppositiva sintesi temporale (passato-presente e futuro), con un
elemento apparentemente estraneo e decontestualizzato, quasi a sottolinearne
non solo l'ispirazione divina ma pure la forza tuttora avvertita ad agire verso
il bene che proviene dalla Luce. La quale illumina soprattutto la mano di chi scrive.
La stessa che non possiamo escludere abbia guidato il talento del pittore. Con
tutta probabilità, continuerà ancora la collaborazione di D'Acunzo con la
Curia.
Salvatore Verde
L'artista
Vincenzo D'Acunzo
Nativo
di Padula, in provincia di Salerno, ma con una vita trascorsa proprio a Tursi
con la famiglia, l'eclettico
Vincenzo D'Acunzo, maturo ma ancora
giovanile cinquantottenne, con le ultime produzioni consolida la meritata fama
anche di straordinario pittore figurativo, immaginifico e ingegnoso al contempo.
Capace di appagare anche l'accademismo critico più esigente con il suo
riconoscibile stile ormai sicuro, fine e prezioso. Ma non va dimenticato il
magnifico gruppo con Sant'Andrea Avellino dello scorso
ottobre, con il quale dipinto si condivide la tecnica ispirata della
trasfigurazione di volti "locali" (ma presto ir-riconoscibili).
Per
completezza, pure le sue raccolte di poesie ("Tursi, pane casereccio",
del 1973, e "Sulle rive dello Jonio. Raccolta di poesie", 2004) andrebbero rilette,
riconsiderando l'intero ed evolutivo percorso artistico iniziato da bambino in
collegio (come ama ricordare). Dopo un lungo processo formativo, D'Acunzo ha
insistito in una personalissima e stimata ricerca, sintetizzata dalle sue "mininstallazioni",
opere polimateriche con materiali riciclati, rigenerati e colorati, quindi "sull'uso
dei materiali poveri" (dal 1978), che approda all'arte del riciclaggio (nel
1992) e sfocia nel successivo "momento mitologico". Appare evidente
la direzione intellettuale verso forme astratte, concettuali e metafisiche
delle fondamentali espressioni del suo essere artista e della stessa condizione
umana nell'arte (e, altrove, indagatore dell'universo femminile in particolare).
Cosa che gli impone oggi un certo ripensamento "filosofico" non ancora
completato, perciò foriero di ulteriori sviluppi creativi.
Spirito inquieto e
non facilmente ri(con)ducibile in schematismi di scuole o correnti, seppure
impregnato di vasta cultura artistica, l'autore ha maturato proprio con gli
Evangelisti una originale sintesi d'ispirazione compositiva, nell'utilizzo
coerente della luminanza, con la gradazione della colorazione e l'interno
dinamismo scenico, che agevola la percezione anche subliminale del senso sprigionato
dell'immanente trascendente. E questo può avvenire solo nella perfetta aderenza
al messaggio cristiano, perciò fedele all'iconografia classica, nella piena
consapevolezza della funzione dell'arte in un luogo di culto, senza inutili forzature
o provocatorie ibridazioni devianti ma anche senza ambigui eccessi polisemici.
I quattro ritratti, marcano sostanzialmente uno spartiacque nella sua vasta
produzione pluridecennale ("è quasi mezzo secolo che dipingo, in pratica senza
mai smettere", afferma). Tanto lavoro propedeutico-preparatorio e tanto virtuosismo
tecnico convergono progettualmente in lui per rendere seducente il sincretismo
della bellezza dei volti e dei corpi, dunque della verità anche percettiva.
In
tal modo D'Acunzo si colloca stabilmente e con ampio merito tra i maggiori
rappresentanti contemporanei dell'arte (sacra) non soltanto in Basilicata, oltre
che geniale ritrattista di eccelse qualità. Nelle sue opere riscopriamo il suggestivo
fascino del realismo poetico che suscita stupore, restituendoci "l'hic et nunc artistico
la cui esistenza unica è irripetibile nel luogo in cui si trova", ovvero l'aura dell'unicità autentica contro la
serialità e il valore dell'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità
tecnica, per dirla con l'indimenticato Walter
Benjamin.
s.v.
La Cattedrale
della Ss. Annunziata.
Sorta nel XV secolo,
accanto alla preesistente chiesetta del 1300 oggi adibita a sagrestia, la chiesa principale
di Tursi e della Diocesi di Tursi-Lagonegro (dal 1976 con tale denominazione) è
un mirabile esempio strutturale a croce latina e a tre navate con un forte
impatto visivo di maestosa austerità nella sua essenziale geometria
architettonica. I primi lavori di ampliamento e restauro furono effettuati già
prima del 1546, quando divenne Cattedrale della Diocesi di Anglona e Tursi, per
volere di papa Paolo III che vi
trasferì la Diocesi di Anglona. Pur tra rifacimenti e adeguamenti successivi
(negli anni 1718-28 fu costruito il campanile e sistemato l'organo a canne; nel 1930-40, dopo il crollo del
soffitto ligneo, si apportarono modifiche strutturali all'interno), il tempio
conteneva antichi documenti e libri, dipinti, decorazioni, armadi e arredi sacri
e altri preziosi oggetti, tutti irrimediabilmente perduti. Poi il lento lavoro
di recupero, ristrutturazione e restauro, con i finanziamenti pubblici e della
Chiesa, ma anche attraverso significativi contributi e donazioni di singoli
privati.
La riapertura al culto è avvenuta prima del trasferimento
nell'arcidiocesi di Brindisi e Ostuni del precedente vescovo mons. Rocco Talucci. In seguito, il
vescovo mons. Francescantonio Nolè
e il parroco don Battista Di santo, appena arrivati, hanno tentato di rimediare in
modo efficace ed accorto al depauperamento complessivo. Tra gli altri
interventi, è stata ricostituita la collezione delle immagini dei vescovi
diocesani, sistemati ai muri i marmi e altri lapidei contenenti iscrizioni, acquistato il massiccio portone
bronzeo dello scultore Eduardo Filippo
e i due quadri giganti di Luciano Longo,
mentre nelle due nicchie della centrale facciata esterna sono state collocate
le statue di ant'Andrea Avellino e del Beato Domenico Lentini, scolpite in pietra
di Lecce a grandezza reale da Roberto
Koliotassis. Mons. Francescantonio
Cuccarese, tursitano, arcivescovo emerito di Pescara-Penne oltre che
canonico della Basilica di San Pietro in Roma, ha donato il nuovo organo a
canne (inaugurato il 7 gennaio 2007), mentre diverse famiglie hanno offerto
banchi e panche. Un ulteriore arricchimento primario è costituito proprio dalle
opere d'arte.
s.v.
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